Fa una certa impressione vedere (o rivedere) ai giorni d’oggi, nell’estate 2023, un film di solo cinque anni fa, diretto da Thomas Vinterberg, il co-fondatore nel lontano 1995 del movimento di “Dogma” che con il suo secondo lungometraggio Festen – Festa in famiglia aveva vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes nel 1998. Poi abbondonata l’avanguardia, aveva iniziato una carriera piuttosto variegata che, tra alti e bassi, si è temporaneamente arrestata al 2020 quando aveva di nuovo ottenuto il plauso di critica e pubblico con l’ottimo Un altro giro, premio Oscar al miglior film internazionale.
Adattamento cinematografico del libro del giornalista Robert Moore A Time to Die: The Untold Story of the Kursk Tragedy (2002), Kursk, invece, è un film ancora precedente: presentato in anteprima mondiale al “Toronto Film Festival” nel settembre 2018 e poi alla “Festa di Roma” dello stesso anno sarebbe dovuto uscire subito dopo nelle sale italiane, cosa che poi non è avvenuta. Compare invece adesso grazie alla benemerita “Movie Inspired” dopo la pandemia e in un momento storico diverso e particolarmente delicato a seguito della guerra in corso tra l’Ucraina e la Russia che ne potrebbe influenzare la lettura.
Abbiamo usato il condizionale anche perché il progetto a suo tempo non aveva certo suscitato l’entusiasmo della parte russa, dato che si è trattato di un’opera ispirata ad un angosciante tragedia realmente accaduta. Parliamo cioè del caso del “K-141 Kursk”, il sottomarino russo a propulsione nucleare affondato nel Mare di Barents il 12 agosto del 2000 durante la prima esercitazione navale compiuta dalla Flotta Settentrionale della Marina russa da dieci anni, in pratica dai tempi della fine dell’Unione Sovietica. A seguito di un letale incidente – l’esplosione accidentale di un siluro a bordo seguito poi da una seconda esplosione – delle 118 persone componenti l’equipaggio della “perla” della flotta russa, erano rimasti in vita, sul fondo, 23 marinai comandati dal tenente-capitano Mikhail Averin (Matthias Schoenaerts) che hanno lottato disperatamente per la sopravvivenza, mentre le loro famiglie combattevano altrettanto disperatamente contro gli ostacoli burocratici, la disinformazione delle autorità e le difficoltà di salvarli da una bara vivente in fondo al mare. Sino al tragico epilogo con la morte di tutto l’equipaggio.
Nei nove giorni successivi all’esplosione, il caso era, poi, diventato immediatamente di portata mondiale, coinvolgendo anche l’intervento occidentale mal gradito dalla dirigenza russa che temeva lo spionaggio esterno sul proprio sottomarino e l’accusa di inefficienza dei soccorsi che non arrivavano. Insomma, un terribile incidente di mare che si era trasformato in una spinosa questione internazionale di politica e prestigio, anche se poi il film definitivo aveva espunto – soprattutto per l’intervento della produzione francese EuropaCorp (e del suo capo Luc Besson) – una parte, prevista nella sceneggiatura iniziale, nella quale compariva anche la figura di Vladimir Putin andato al potere appena tre mesi prima dell’incidente. Secondo la ricostruzione di “Hollywood Reporter” il leader sarebbe stato ritratto nello script – “ironia della sorte” – anche con simpatia per il motivo che suo padre era stato un sommergibilista e che quindi aveva preso a cuore la faccenda.
Comunque sia, pur non dimenticando il coté politico dell’evento – ma tralasciando l’ipotesi alternativa “complottista” secondo cui l’incidente sarebbe dovuto ad uno scontro con un sottomarino americano – il film di Thomas Vinterberg ricostruisce con precisione la drammatica vicenda del Kursk, grazie alla sceneggiatura di Robert Rodat (lo stesso di Salvate il Soldato Ryan, 1998, di Steven Spielberg), e oltre alla consulenza del Commodoro inglese David Russell che partecipò realmente alle manovre di salvataggio internazionali (nel film è interpretato da Colin Firth), e quella dell’esperto di sommergibili Ramsey Martin. Tuttavia, il suo cuore di regista va come sempre all’aspetto intimo e familiare della vicenda, alla solidarietà femminile o ai momenti di speranza nel futuro – la sequenza più toccante di tutto il film (che non vogliamo rivelare) è quella nel finale tra il figlio di otto anni di Mikhail Averin e l’ammiraglio Vitaly Petrenko capo della Marina russa (il grande Max von Sydow alla sua ultima interpretazione prima della morte).
Recitato in modo molto notevole da tutto il cast tra cui è d’obbligo ricordare Léa Seydoux nella parte della moglie di Averin, Kursk è, dunque, un mix tra uno spettacolare “disaster movie” e un film intimista sull’angoscia e il dolore delle famiglie delle vittime. Alla guida di una produzione europea ad alto budget e dovendo fare un film per il grande pubblico recitato tutto in inglese, Vinterberg non ha saputo (o forse potuto) decidersi per una strada univoca e ciò ha di certo portato a degli evidenti squilibri narrativi nel prodotto finale. Il che si è ripercosso sulla ricezione della critica che l’ha giudicato in molto diverso.
Personalmente – e qui concludiamo – non è di sicuro un capolavoro nel sottogenere del film di sommergibili, dove gli preferiamo ampiamente soprattutto U-Boot 96 (1981, di Wolfgang Petersen) oppure Caccia a Ottobre rosso (1990, di John McTiernan) o ancora K-19 (2002) diretto da Kathryn Bigelow, altro film ispirato a fatti e disastri realmente accaduti ad un sottomarino nucleare russo. Detto ciò, Kursk ha altri meriti che non vanno sottovalutati e che, a nostro avviso, ne consigliano la visione. Inoltre la prossima Mostra di Venezia 2023, come si sa, apre i battenti con una grande produzione, Comandante di Edoardo De Angelis, starring Pierfrancesco Favino, un altro film di eroismo e sommergibili. A chi piace questo sottogenere di film, come al sottoscritto, potrà fare i dovuti paragoni.
In sala dal 27 luglio 2023
Kurks (The Command)– Regia: Thomas Vinterberg; sceneggiatura: Robert Rodat; fotografia: Anthony Dod Mantle; montaggio: Valdís Óskarsdóttir; musiche: Alexandre Desplat; scenografia: Thierry Flamand; interpreti: Matthias Schoenaerts, Léa Seydoux, Colin Firth, Max von Sydow, Michael Nyqvist, Steven Waddington, Matthias Schweighofer, Gustaf Hammarsten, Joel Basman, Bjarne Henriksen; produzione: EuropaCorp, Belga Productions, VIA EST; origine: Francia/Belgio /Lussemburgo, 2018; durata: 117 minuti; distribuzione: Movies Inspired.