La notte del 12 di Dominik Moll

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Il piano umano, il piano morale, il piano sociale, il piano giudiziario, tutto si mescola nel commissariato di soli uomini (per due terzi del film) che si confrontano, si affezionano (tra di loro e con la vittima), si disputano, si mettono in gioco. Il neo ispettore Yohan (Bastien Bouillon) arriva a capitanare la squadra operativa di Grenoble e il suo primo caso è un femminicidio: la luminosa Clara (Lula Cotton-Frapier) torna a casa di notte dopo una serata con le amiche, nel buio viene chiamata per nome, lei si volta, qualcuno dal viso coperto le lancia addosso il contenuto liquido di un bicchiere e, con un accendino giallo, le appicca il fuoco, lasciandola morire bruciata sulla terra nuda accanto a un parco giochi. Il cartello iniziale del film, passato in Concorso allo scorso Festival di Cannes,  letto da una voce fuori campo, dichiara che il venti per cento dei casi di omicidio in Francia non viene risolto: questo caso è uno di quelli.

Lo spettatore è così azzerato: inutile empatizzare, inutile provare speranza, nessuno verrà incolpato, tutti possono essere i colpevoli. In un clima emotivo di scombussolamento delle regole, con rigore assoluto in ogni inquadratura, ogni battuta, ogni sequenza montata a pennello, si snocciola l’indagine. La grande griglia del caso di omicidio di Clara contiene, come secondo livello, la sotto-trama fitta dei rapporti tra poliziotti, le solitudini e le frustrazioni di alcuni, le ingenuità di chi ha appena preso servizio, il senso di sconfitta che anima chi ha dovuto ingoiare troppo dolore, visto e subito negli anni di servizio.

L’atmosfera montanara, tra vette e colline, accompagna i viaggi dei poliziotti verso le deposizioni degli indagati, verso possibili verità o crudeltà: la bella Clara si è accompagnata, nella leggerezza dei suoi ventun anni, con una serie di uomini sgradevoli e violenti, nei modi o nelle parole (uno dei suoi ex è un rapper di colore che ha scritto un testo in cui dichiarava di volerla bruciare).

Le aperture di paesaggio fanno da contraltare all’oppressione interiore dei protagonisti, primo tra tutti il detective in carica, solitario e silenzioso, meticoloso e ordinato, preciso e puntuto (“fai centro con la piscia nel gabinetto, altrimenti vai via, se hai dubbi piscia seduto”). Il caso Clara diventerà la sua ossessione: più passa il tempo e più si abbassano le speranze di trovare l’assassino, è sempre così, ne è consapevole e questo lo divora da dentro. La giudice (Anouk Grinberg) che, tre anni dopo il fatto, farà riaprire il caso (in quel momento si sarà aggiunta una donna alla squadra, Nadia, interpretata da Mouna Soualem, dal viso indimenticabile), dice: “lo so bene che c’è qualcosa che non va tra uomini e donne, sennò non ci troveremmo qui a parlarne”.

Clara è stata uccisa da tutti gli uomini che l’hanno giudicata, che l’hanno usata, le hanno fatto un processo sommario che consente a ogni pervertito di spogliarsi sulla sua tomba e cantare “you are my dark Angel”, tu sei il mio angelo delle tenebre. Johann per sfogarsi gira, “come un criceto”, nel velodromo: corre, corre intorno al fulcro della violenza, attorno al suo ruolo, gira e gira come chi non sa trovare pace senza lo stordimento dei sensi e dell’intelletto.

Una piccola bomba, un oggetto da trattare con delicatezza, altamente infiammabile, un film che di tensione si nutre, di pause e di pensiero: resta dentro per ore, per giorni. Doloroso. Bruciante. Vero.

In sala dal 29 settembre


 La notte del 12 – Regia: Dominik Moll; sceneggiatura: ; Gilles Marchand, Domink Moll; fotografia: Patrick Ghiringhelli; montaggio: Laurent Rouan; musica: Olivier Marguerit; interpreti: Bastien Bouillon, Bouli Lanners, Théo Cholbi, Johann Dionnet, Thibault Evrard, Julien Frison, Paul Jeanson, Mouna Soualem, Pauline Serieys, Lula Cotton-Frapier, Christine Paul; produzione: Haut et Court; ; origine: Francia, Belgio; durata: 115’; distribuzione: Teodora Film.

 

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