Su Prime Video è uscito Lamborghini: the Man Behind the Legend, una biopic tratta dal libro Ferruccio Lamborghini, la storia ufficiale ad opera del figlio Tonino, in cui si narrano le vicende di Ferruccio Lamborghini e del marchio di automobili a cui il suo nome è storicamente legato.
Il film è diviso in tre parti, legate da una sequenza che riprende una gara immaginaria tra Ferruccio (Frank Grillo), all’interno di una Lamborghini Countach, ed Enzo Ferrari (Gabriel Byrne), al volante di una Ferrari Spider 250 GT. Le due auto si affiancano e si sorpassano ripetutamente, nessuna delle due prevarrà sull’altra, ad illustrare l’eterna rivalità tra i due marchi e le due personalità.
Si parte dalle origini, in cui, il giovane Ferruccio (Romano Reggiani), dopo aver accumulato esperienza in meccanica durante la seconda guerra mondiale, si confronta con il padre viticoltore e gli confida il suo sogno, e la sua intenzione di rinunciare all’agricoltura per dedicarsi ai trattori. Comincia dunque a lavorare ai suoi progetti assieme all’amico Matteo (Matteo Leoni); pacche sulle spalle, spensieratezza, serate in locali completamente improbabili per l’Italia dell’epoca, uomini vestiti da gangster italo-americani, amori e drammi illustrati sbrigativamente e con dosi di pathos allarmanti.
Il secondo, più corposo, capitolo, intitolato “gli anni d’oro” si apre con una sequenza all’interno di una pasticceria, siamo a Cento, anche se l’atmosfera swing e i passanti paiono convinti di trovarsi, ancora una volta, altrove. Ferruccio (nella sua versione adulta) ora è ricco e regala barche ai suoi figli, dispensa loro consigli da grande saggio, si scontra con meccanici che non condividono la sua visione, discute con la moglie Annita (Mira Sorvino, che vorremmo vedere più spesso, e soprattutto in ruoli più interessanti) che lo rimprovera, però soffre anche, ed è sempre sul punto di piangere.
L’ultimo capitolo, chiamato ovviamente “La Fine”, e qui la sbrighiamo in fretta: lo sciopero, i sindacati, la vendita della compagnia. Un ultimo imbarazzante momento a cena con il figlio, e finalmente tutto finisce.
Il primo consiglio, per chi volesse approfondire la storia di Ferruccio Lamborghini, è di evitare questo film.
Ma che è successo a Robert Moresco? Il co-autore alla sceneggiatura di Crash: contatto fisico (l’ottimo film del 2004 con Matt Dillon), qui in duplice veste di regista e sceneggiatore, pare completamente irriconoscibile. Il sospetto è che, nel caso di Crash, sia stata la mano di Paul Haggis (regista e co-sceneggiatore, autore di altre ottime sceneggiature, tra cui Million Dollar Baby e Lettere da Iwo Jima) a dare il giusto tocco ai dialoghi, ed è a lui che probabilmente va attribuita gran parte del merito. Considerando inoltre che le altre opere a cui ha lavorato Moresco siano molto meno rilevanti, il sospetto si fa quasi certezza.
È come se a scrivere la sceneggiatura si ragionasse già con in mente una serie di concetti errati nella loro premessa, assieme alla certezza che tali elementi siano ingredienti necessari per drammatizzare una biografia che possa piacere ad un pubblico americano: frasi altisonanti, scene madri inverosimilmente patetiche, riflessioni da life coach commentate da stucchevoli archi e voci tenorili, dialoghi di una pochezza disarmante, deliri di onnipotenza banalizzati all’estremo (“così rovini la tua vita ma quale modo migliore di farlo se non cercando la grandezza?” “inseguiamo il sogno” “siete tutti pazzi”) l’involgarimento di una rivalità (quella con Enzo Ferrari) che avremmo preferito più sottile e meno plateale; le vicende legate al marchio (con vari errori storici) accennate sbrigativamente, a favore di un melodrammatico approfondimento della vita relazionale e sentimentale di Ferruccio.
L’operazione che viene messa in atto è più grave di quel che si pensi. L’estrema banalizzazione delle situazioni, la sfornata di cliché sulla cultura italiana, che si rifanno ad un’estetica fuori luogo, con maldestri riferimenti a film come Il Padrino e C’era una volta in America, presuppongono una linea guida valida per illustrare praticamente qualsiasi vicenda che ha come protagonisti degli italiani. Mentre, ad esempio, in un film come House of Gucci di Ridley Scott, ci si serve del trash e del kitsch come elementi schermanti per poter prendere le distanze dal reale e giustificare l’invenzione dei toni e degli atteggiamenti, qui non ci sono scuse, perché l’intento dichiarato è di offrire un racconto verosimile, seppur romanzato. Ma un conto è romanzare, un altro è impoverire e, di conseguenza, svilire.
Ad ogni modo, un film è e rimane un lavoro d’equipe, e non si può non menzionare l’elegante fotografia di Blasco Giurato e Gian Filippo Corticelli, forse troppo patinata e nostalgica nella prima parte, ma che riteniamo tranquillamente l’elemento migliore di tutta l’operazione. A Lamborghini: The man behind the legend rimane il merito di farci vedere bellissime automobili, su tutte la leggendaria Lamborghini Miura, che ricordiamo protagonista dell’indimenticabile sequenza di apertura di The Italian Job (2003) di Peter Collinson, con Michael Caine tra i protagonisti.
Insomma, a Lamborghini è andata male, ora vediamo quale sarà la sorte di Enzo Ferrari, nel film di Michael Mann, con Adam Driver, annunciato per quest’anno. Ci auguriamo, e gli auguriamo, una sorte migliore.
Su Amazon Prime
Lamborghini: the Man Behind the Legend – Regia: Bobby Moresco; sceneggiatura: Bobby Moresco (tratto dal libro Lamborghini, la vera storia di Tonino Lamborghini); fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Kayla M. Emter; musica: Tuomas Kantelinen; cast:Frank Grillo, Gabriel Byrne, Mira Sorvino, Romano Reggiani, Matteo Leoni,Hannah van der Westhuysen ,Francesca Tizzano, Francesca De Martini,Giulio Mezza, Giovanni Scotti, Fortunato Cerlino, Giorgio Cantarini, Gian Franco Tordi, Giovanni Antonacci; produzione: Zian Films, Grindstone Entertainment Group, Iervolino & Lady Bacardi Entertainment; origine: Stati Uniti; durata:97′; distribuzione: Amazon Prime.