Quello che conta è il percorso non l’arrivo, come direbbe T.S.Eliot e come capiamo dalle prime scene di Jadde Khaki (Hit The Road), il film di debutto dell’iraniano Panah Panahi che ha vinto la 65° edizione del London Film Festival (6 – 17 ottobre 2021).
Un SUV parcheggiato in una polverosa landa deserta, una madre apprensiva, un padre mugugnante relegato al sedile posteriore con una gamba ingessata, il figlio minore che gli saltella attorno come un giocattolo a molla e il figlio maggiore che silenzioso osserva la strada, impassibile. Quattro persone in viaggio, una famiglia, le loro dinamiche interne rivelate in una sola inquadratura.
Sin da subito Panahi dimostra di essere un regista da tenere in considerazione, lo dimostra la scena d’apertura che va analizzata meticolosamente: la radio della macchina suona la musica di un pianoforte, il figlio minore (la stella nascente Rayan Sarlak) strimpella a tempo sulla tastiera disegnata con la biro sul gesso della gamba del padre (Hassan Madjooni) che cerca in tutti i modi di liberarsi dell’esuberante secondogenito scacciandolo come una mosca. Un movimento della macchina da presa include la madre (Pantea Panahiha) in questo tenero battibecco, e poi a distanza, fuori dal veicolo, distaccato dagli eventi dell’abitacolo, il figlio maggiore (Amin Simiar) assorto nei suoi pensieri. Cosa si cela in quello sguardo assente?
Il film ha una trama abbastanza paradossale: ci troviamo di fronte ad una tenera e caotica famiglia iraniana in viaggio attraverso un paesaggio aspro: ma verso dove? Sul sedile posteriore, il padre ha una gamba ingessata ma è rotta per davvero? La mamma cerca di ridere quando non trattiene le lacrime. Il figlio continua a dedicarsi al karaoke in macchina. Tutti si danno da fare per il cane malato e si danno sui nervi a vicenda. Solo l’enigmatico fratello maggiore tace.
Il talento del piccolo Rayan Sarlak è lampante, il bimbo di sei anni trascina con dirompente energia tutta la prima metà del film; le sue battute al vetriolo, l’iperattività, il dinamismo con cui si relaziona al padre catturano l’attenzione e vincono la simpatia dello spettatore che non può che condividere, tuttavia, il sentimento di esasperazione dei genitori. Impazienti ma protettivi, madre e padre cercano di distrarre il piccolo da uno dei motivi del viaggio: il loro cane Jessie ha le ore contate.
Un film che parla di sentimenti universali, in cui ci si riesce ad identificare con tutti i componenti della famiglia e allo stesso tempo si rimane interdetti dai silenzi e dal senso di inquietudine che questo viaggio porta con sé. Hit the Road è un fantasioso ed energetico road movie che bilancia umorismo e dramma, detto e non detto, entusiasmo e rassegnazione. Contrasti che si specchiano nell’alternarsi di campi lunghi che abbracciano il territorio arido rendendolo poetico e misterioso, e primi piani all’interno della macchina in movimento, in un modo fresco e con la maestria di un veterano della macchina da presa.
Figlio di Jafar Pahani, Panah non è un novizio dell’arte cinematografica, ha infatti collaborato con il padre nei suoi più recenti progetti come montatore e assistente alla regia e con questa opera di debutto si conferma una voce e un talento, emancipandosi dal prestigio del padre.
Hit the Road è, così, un piccolo trionfo di umanità, inventiva, salti tonali e omaggi al passato con una sottile critica alla società iraniana racchiusa nel suo cuore.
Jadde Khaki – Hit The Road – Regia e sceneggiatura: Panah Panahi; fotografia: Amin Jafari; montaggio: Amir Etminan, Ashkan Mehri; musica: Peyman Yazdanian; interpreti: Hassan Madjooni, Pantea Panahiha, Rayan Sarlak; produzione: Panah Panahi, Jafar Panahi, Mastaneh Mohajer; origine: Iran, 2021; durata: 93’