Cominciamo col dire che Babylon non è un titolo particolarmente originale, se riferito agli anni ’20 e agli anni ’30 e se riferito al mondo del cinema, e più specificamente a Hollywood. Basti per tutti lo straordinario libro di Kenneth Anger, intitolato appunto Hollywood Babylon che pur scritto in inglese uscì dapprima in francese nel 1959, solo nel 1965 vide la luce l’edizione americana che viene subito dopo censurata (il libro tornerà in commercio nel 1975). Il libro racconta in uno stupendo linguaggio rutilante e sagace tutti gli scandali (soprattutto sesso e droga) di Hollywood a cavallo fra gli anni ’20 e gli anni ’30.
Damien Chazelle, appena trentasettenne e al suo quinto film – con un pedigree decisamente eccezionale alle spalle, con diversi premi per Whiplash (2014) e soprattutto per La La Land (2016) – mostra a più riprese di conoscere il libro a menadito, molti episodi e molte figure a quel libro sembrano richiamarsi: gli abusi e gli eccessi, la stampa scandalistica e la rapidità con la quale Hollywood creava e distruggeva carriere. Quel che in Babylon manca è invece tutto il contesto sociale e politico ben presente nel libro di Anger e qui completamente assente, visto che tutto ruota intorno a Hollywood e ai personaggi che chiedono a quel mondo il riscatto da una vita altrimenti priva di significato (e la Storia, giusto per fare un esempio: il 1929 con il crollo di Wall Street, scorre accanto come se oltre al cinema non ci fosse altro).
L’ansia di riscatto è ciò che accomuna, al netto di una pletora di moltissimi altri personaggi che popolano i 188 minuti del film, i tre personaggi principali intorno a cui ruota la vicenda. Che sono in ordine di apparizione: A) il messicano Manuel detto Manny (interpretato da Diego Calva, un attore trentenne messicano che con questo film approda al grande cinema americano, la sua carriera è dunque come una sorta di mise en abyme), un giovanotto tutto sommato ingenuo e di belle speranze che vorrebbe tanto uscire dall’anonimato e approdare alla Mecca del cinema. Per far questo, come un eroe fiabesco, è disposto a tutto, a farsi cagare addosso da un elefante (una delle tante scene memorabili del film, questa la troviamo all’inizio), a rischiare la vita per procurarsi una cinepresa quando ancora è solo un best boy, salvo poi ascendere, nell’epoca del sonoro, a direttore di produzione e quasi a regista.
B) l’attore di successo dell’epoca del muto Jack Conrad, interpretato da un super-gigione Brad Pitt che esordisce parlando italiano ossia mettendo a frutto ciò che fingeva in Inglorious Bastards e il suo ruolo di testimonial per la De Longhi. Divo amatissimo soprattutto dalle donne (che non esitano a definirlo senza mezzi termini come il più “fuckable” di tutti), Conrad è un Don Lockwood (il protagonista di Singing in the Rain, 1952, interpretato da Gene Kelly) che non sa cantare e non sa ballare e dunque, di fatto, non riesce a traghettare se stesso e la sua fama dal muto al sonoro .
C) l’aspirante attrice Nellie LaRoy (interpretata da una strepitosa Margot Robbie), la cui entrata in scena, pochi minuti dopo l’inizio, dice già tutto: talento a dismisura, follia a dismisura, it-girl che pur di sfondare non lascia nulla d’intentato, tanto il mondo dal quale proviene è talmente squallido che le cose possono solo andare a migliorare. Quando, in un filmetto western del muto, le verrà data una chance e dimostrerà tutto il suo talento attoriale, passando in brevissimo tempo dall’esaltazione erotica di una pin-up alla tristezza più assoluta di una ragazza dallo squallido passato, la regista le domanderà come fa con tanta nonchalance a piangere a comando, lei risponderà: “I just think of home”, basta che mi metta a pensare a casa. Ma la troppo rapida ascesa, si sa, lascia comunque tracce, soprattutto per chi, come Nellie, è di fatto una persona fortemente danneggiata. Non spoileriamo che cosa ne sarà di lei, ma diciamo soltanto che potrebbe essere comodamente un capitolo del libro di Anger.
Ciò detto, il film non si limita a raccontare queste tre vicende paradigmatiche, tutte in qualche misura condizionate dal passaggio epocale dal cinema muto a quello sonoro (Jack Conrad alias Brad Pitt, attore acculturato che ascolta Caruso, parla o finge di parlare molte lingue, paragona il passaggio al sonoro alla scoperta della prospettiva nell’arte rinascimentale), ma ambisce, per restare in un campo metaforico storico-artistico, all’affresco, ovvero ad affiancare alle vicende – qua e là, diciamolo pure, ripetitive – dei tre protagonisti una serie di tableaux che spiegano in modo didascalico e per così dire antonomastico la ragione del titolo, ovvero eccesso, eccesso, eccesso.
Nulla da dire: Chazelle è un ottimo regista, sa usare alla perfezione la macchina da presa, dirige ottimamente gli attori, si è dotato di un soundtrack spettacolare (Justin Hurwitz, come al solito), ma ha qualche deficit, almeno in questo film, soprattutto su due piani: la sceneggiatura è clamorosamente ridondante e il montaggio funziona benissimo nel microlivello, ma non così bene nel macrolivello, nelle macrosequenze, talora davvero troppo lunghe.
Non abbiamo ancora visto il terzo film dedicato al mondo del cinema, che è Empire of Light di Sam Mendes, ma confrontando, per quel che può valere, Babylon a The Fabelmans, va detto che il film di Spielberg è, nell’insieme, più riuscito e più compatto. Anche il finale, autentico hommage volutamente anacronistico e a tratti quasi subliminale all’intera storia del cinema, che ricorda un po’ il finale di Nuovo Cinema Paradiso, sembra soltanto un’esibizione di virtuosismi tecnici d’avanguardia, pur sostanzialmente coerenti con l’impianto in fondo barocco del film.
Si veda anche l’approfondimento di Giammario Di Risio
In sala dal 19 gennaio 2023
Babylon; regia, sceneggiatura: Damien Chazelle; fotografia: Linus Sandgren; montaggio: Tom Cross; musica: Justin Hurwitz; interpreti: Margot Robbie (Nellie LaRoy), Diego Calva (Manuel Torres), Brad Pitt (Jack Conrad), Jovan Adepo (Sidney Palmer), Li Yun Li (Fay Zhu), Jovan Adepo, Olivia Wilde, Samara Weaving, Jean Smart, Tobey Maguire, Max Minghella, Katherine Waterston, Eric Roberts, Phoebe Tonkin, Flea, Jennifer Grant, Jeff Garlin, Lukas Haas, Spike Jonze, P.J. Byrne, Rory Scovel; produzione: Material Pictures, Paramount Pictures; origine: USA 2022; durata: 188′; distribuzione: Eagle Pictures.