Dopo il successo del suo quarto lungometraggio dal titolo Félicité, che si era aggiudicato il Gran Premio della Giuria alla Berlinale 2017, il regista franco-senegalese Alain Gomis riparte e si ripresenta nella sezione “Forum” del Festival di quest’anno con Rewind & Play, un inedito ritratto di Thelonious Monk, musicista jazz originale, bizzarro e sicuramente impossibile da liquidare con giudizi affrettati e aggettivi preconfezionati.
Monk nacque nel 1917 in North Carolina e si trasferì ben presto a New York, la città in cui, a partire dalla fine degli anni Quaranta, rivoluzionò il jazz, assieme ad altri musicisti afroamericani.
Conosciuto per il suo carattere schivo e lontano dai riflettori per scelta, molto meno “divo” di altri jazzisti contemporanei, Monk diventò pianista fisso in alcuni locali di Harlem, dove conobbe alcuni dei musicisti emergenti dell’epoca con i quali, “tra un’improvvisazione musicale e un’altra” creò lo stile” Be bop”.
È stato un artista originale e unico nel suo genere proprio perché amante del suono primordiale, lontano anni luce dall’eleganza di alcuni musicisti suoi contemporanei, istintivo e selvaggio, e più di ogni cosa amante delle pause musicali, considerate come parti integranti delle sue – di sicuro -personalissime esecuzioni.
Proprio a causa del suo carattere riservato e ai margini del divismo celebrativo, Thelonious Monk è diventato molto noto solo alla fine degli anni Sessanta e nel 1964 finì sulla copertina della rivista Time, (unico jazzista insieme a Louis Armstrong, Dave Brubeck, Duke Ellington).
Con Rewind & Play Alain Gomis ci restituisce in maniera frammentata e a tratti caotica – da qui il titolo del documentario – un ritratto del grande pianista jazz, attraverso la sua partecipazione a un programma televisivo francese nel 1969 dato che Monk era a Parigi in occasione di un suo concerto.
Con il suo immancabile cappello da “santone”, con la sua aria misteriosa e poco incline al dialogo, si colgono, nel corso di questa strana intervista/programma, dettagli interessanti della sua vita personale, inframezzati da improvvisazioni/esecuzioni musicali che mostrano il suo genio e la creatività, molto più vicina all’impeto e alla “scintilla” che al virtuosismo dell’eccellente esecutore.
Mai davvero ricco, Monk ha sempre vissuto a New York in un solo appartamento per tutta la vita (sulla sessantatreesima strada), con un pianoforte in cucina che si allungava nella stanza di fronte, pieno di cartacce e con diverso materiale sul coperchio (la cucina era la stanza più grande dell’appartamento).
Durante questa strana intervista, il musicista suda, soffre, si interrompe, fa tante pause per poi riprendere a suonare con prepotenza e innegabile energia.
A tratti sembra davvero inavvicinabile ma si mostra umanissimo quando tocca “magicamente” il pianoforte e si dimentica di tutto il resto.
Rewind & Play sembra quindi voler restituire al pubblico un’immagine dell’artista libera e lontana da preconcetti che lo volevano “Folle”, “santone” e un tantino “bizzarro”(come lo ha spesso definito la critica).
E per chi ancora non lo conoscesse, viene sicuramente voglia di saperne di più della sua musica e della sua personalità.
“Suonerebbe qualcuno dei suoi strani accordi per la classe”? “Cosa intende con strani? Sono accordi perfettamente logici”!
Cast & Credits
Rewind & Play – Regia: Alain Gomis ; montaggio: Alain Gomis suono: Matthieu Deniau; interpreti: Thelonious Monk ; produzione: Andolfi and Sphere Films; origine: Francia, Germania; durata: 65′