Giorni d’estate di Jessica Swale

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La si potrebbe definire un heritage film LGBT la pellicola di esordio della drammaturga quarantenne Jessica Swale, intitolata Giorni d’estate che esce in Italia a due anni esatti di distanza dalla presentazione nel Regno Unito con l’assai più significativo titolo Summerland.

Swale viene dal teatro dove nel 2015 ottenne il prestigioso Oliver Award per il play Neil Gwynn, incentrato sull’attrice omonima (una delle prime donne a calcare le scene nel XVII secolo), amante del re Carlo II. Si trattò di un testo che riscosse un successo notevolissimo, riuscendo ad approdare anche nei palcoscenici statunitensi. Le due attrici protagoniste di Summerland, ovvero Gugu Mbatha-Raw e Gemma Arterton sono state, rispettivamente, la prima e la seconda interprete del play e Jessica Swale se le è portate dietro nel film.

Perché è possibile definire Summerland uno heritage film? Perché è ambientato nel passato, segnatamente durante la guerra, momento altamente identitario nel Regno Unito, quando c’era da tenere duro contro l’attacco tedesco e i bambini che vivevano nel luogo più a rischio ovvero a Londra, dovevano essere messi al riparo e dunque assegnati temporaneamente a persone che vivevano in provincia, in campagna. Perché il film si regge su una recitazione impeccabile, di marcata impostazione teatrale. Perché il film esibisce tutta la bellezza, l’unicità, i colori del paesaggio inglese (il Kent, le bianche scogliere di Dover etc.). Perché il film, di fatto, è la metalessi di un testo letterario, di un testo autobiografico, di un modello di letteratura borghese capace di intercettare i gusti di un pubblico medio, borghese appunto. E sempre a proposito di letteratura il film rappresenta l’ennesima riattualizzazione di un topos (letterario e non solo) forse abusato ovvero quello della “mad woman in the attic”, ché Alice, la protagonista interpretata da Gemma Arterton, vive in un cottage, distante da tutti e da tutti considerata una strega, perché sgarbata, perché asociale e – forse soprattutto – perché donna colta che osa occuparsi di cose strane studiando miti e folklore.

È proprio quest’ultima cosa, diciamolo subito, che in questo film fa un po’ acqua, ovvero tutto il complesso mitico-folclorico incentrato su quel “summerland” di cui al titolo dove, mi pare, la regista e sceneggiatrice ha decisamente fatto casino, poiché quella terra sarebbe da un lato una sorta di paradiso pagano e dall’altro un interregno in cui morti non ancora giunti a una pacificazione si tratterebbero lanciando segnali ai sopravvissuti e a loro palesandosi come fossero miraggi, in una confusione che in più di un’occasione convince poco.

Due parole di trama: sfollato da Londra Frank, ragazzino di una decina d’anni, viene assegnato nel Kent appunto ad Alice che tutto vorrebbe tranne che occuparsi di lui, ma poi – lo si capisce dopo due minuti – si rivelerà una madre sostituiva deliziosa che lo fa appassionare alle sue ricerche etnologico-folklorico-antropologiche. Il padre di Frank è nella RAF, la madre è rimasta nella capitale e lavora al ministero. Alice, dal canto suo, ci viene presentata così inacidita perché reduce da un duplice lutto: la morte del padre, prima, e – soprattutto – l’abbandono da parte della donna amata Vera, che decide di lasciarla per diventare madre. Al più tardi a metà film si capisce che Frank non è il figlio di una donna qualunque e la selezione di Alice non è casuale. Succedono un po’ di cose che non diremo ma che sono in larga parte prevedibili: che cosa potrà succedere al padre nella RAF? Vabbè, lasciamo perdere. Fino a una conclusione decisamente un po’ stucchevole (il soundtrack ci mette del suo!) e buonista e che attualizza il modello heritage film in chiave LGBT, come si diceva all’inizio.

In mezzo a questi ottimi attori, soprattutto ottime attrici, vi è un personaggio minore, il preside della scuola dove i ragazzini sfollati vengono accolti, il signor Sullivan. Lo interpreta – che meraviglia!-  l’ultraottantenne Tom Courtenay. Lo ricordate, vero? Era il 1962, il personaggio si chiamava Colin Smith, il film s’intitolava The Loneliness of the Long Distance Runner, in italiano Gioventù, amore e rabbia. Regista: Tony Richardson, film tratto da un testo letterario, autore: Alan Sillitoe che in quegli anni, insieme ad altri scrittori, fiancheggiò mirabilmente il Free cinema.  Il cinema inglese era all’epoca di un altro livello, non c’è dubbio.

In sala dal 25 agosto 2022


Cast & Credits

Summerland . Regia, sceneggiatura: Jessica Swale; fotografia: Laurie Rose; montaggio: Tania Reddin; interpreti: Gemma Arterton (Alice), Gugu Mbatha-Raw (Vera), Lucas Bond (Frank), Tom Courtenay (Mr. Sullivan); produzione: Shoebox Films, Iota Films;  origine: Gran Bretagna 2020; durata: 99′; distribuzione: Movies Inspired.

 

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