I figli degli altri danno sempre fastidio: se non provengono dal tuo stesso sangue in un attimo il loro vociare diviene pianto intollerabile, fastidio, insofferenza. Se sei una donna in età di perdita della fertilità, esci da storie poco avvincenti, insegni in un liceo letteratura francese e sei bella come Virginie Efira – la protagonista di Les enfants des autres – i figli degli altri possono essere motivo di invidia, di affezione, di messa in discussione di sé stessi e di chi ci sta vicino.
Rachel è ebrea, ha una sorella minore, Louna, e un padre coi quali partecipa alle cerimonie religiose, si prende a cuore la sorte dei suoi studenti meno avvantaggiati di altri, studia chitarra per piacere. Al corso di strumento incontra un padre separato, Alì (Roschdy Zem) dolcemente si dimostrano attenzioni con la delicatezza con cui toccherebbero le corde della chitarra: diventano presto una coppia. Alì è separato da Alice (Chiara Mastroianni), con cui ha avuto Leila, una bimba di quasi cinque anni: la figlia degli altri, nel caso specifico un altro che è però l’oggetto del desiderio e di amore da parte di Rachel, bella donna senza prole.
“Sono fiera di appartenere alla parte di mondo che non ha figli ma anche, a volte, mi dispiace non conoscere una esperienza mondiale quasi globalmente condivisa” confessa la donna a un suo collega a scuola che la corteggia apertamente.
La figlia piccola di Alì si affeziona all’amica del padre, ricambiata. Tutti e tre insieme vivono con serenità dei weekend fuori in compagnia della piccola, le serate a casa, la ritualità di andare a prenderla a judo il pomeriggio: una quotidianità che somiglia terribilmente a quella familiare ma non lo è. Rachel scopre così di desiderare un figlio suo ma è agli sgoccioli: gli anni volano, a breve arriverà il tempo dell’ infertilirà totale (le dice, ben due volte, il suo ginecologo – interpretato niente di meno che dal leggendario anziano documentarista americano Frederick Weisman).

Rachel stenta a entrare nel ruolo della donna matura, almeno dal punto di vista ormonale: è piacente e tonica, allegra e sempre sorridente, si compra un ottimistico test di gravidanza dopo un unica volta che fa l’amore col suo uomo senza precauzioni. Se poi le cose diventano più difficili, se i nodi vengono al pettine, se l’amore non basta a superare le differenze nessuno può opporsi: non basta la forza di volontà né la capacità di adattamento né il legame forte creato dal nulla con una minorenne che non è sangue del proprio sangue: vince la stabilità emotiva tradizionale, vince la vita effettiva non quella sognata e si rimane soli: si può cambiare casa, buttare il disegno rimasto attaccato al frigorifero (che raffigura la bambina, il padre, la madre e Rachel), ci si può accontentare di fare la zia a titolo gratuito senza togliere niente a nessuno. Buffa la scena di lei nuda rimasta chiusa sul balcone per non farsi trovare dalla piccola che ha avuto un incubo nel letto del padre.
Un film tradizionale, che non vira in direzioni impreviste: in maniera leggera segue le regole di una commedia a tratti drammatica, a tratti coinvolgente, a tratti per niente, come la vita reale.
Les enfants des autres – Regia: Rebecca Zlotowski; sceneggiatura: Rebecca Zlotowski; fotografia: George Lechaptois; montaggio: Géraldine Mangenot; musica: ROB; interpreti: Virginie Efira, Roschdy Zem, Chiara Mastroianni, Callie Ferreira-Goncalves, Yamée Couture, Henri-Noël Tabary, Victor Lefebvre, Sébastien Pouderoux, Michel Zlotowski, Mireille Perrier; produzione: Les Films Velvet (Frédéric Jouve, Marie Lecoq), France 3 Cinéma; origine: Francia, 2022; durata: 104′; distribuzione: Europictures.