Vi ricordate di Parasite (https://www.closeup-archivio.it/cannes-2019-parasite)? Bene, ora dimenticatevelo. Gli spettri evocati dal regista Alessandro Capitani, giunto qui al suo secondo lungometraggio, sono tutt’altro che infestanti. I nostri fantasmi mette in scena un’Italia domestica dai contorni precari, ma tristemente tangibili: Valerio (Michele Riondino) e suo figlio Carlo (un Orlando Forte alquanto cereo) vivacchiano sul solaio della loro ex-casa, giocando a guardia e ladri con gli inquilini del piano di sotto. L’esistenza di queste anime in pena è segnata da un’eterna fanciullezza di cui entrambi si armano per combattere una quotidianità che al sogno e all’empatia lascia ben poco spazio. Il recente sfratto e la disoccupazione paterna vengono così mascherate da una sorta di partita ad acchiappino: nelle notti buie e tempestose, la strana coppia si diverte a spaventare chiunque abbia la malsana idea d’introdursi fra le stanze e i corridoi della loro vecchia normalità.
L’inganno è presto svelato, l’inquietudine dissolta in un caotico susseguirsi di eventi spregevolmente ordinari: ad irrompere nella tragicomica fantasmagoria di Valerio, infatti, è la giovane Myriam (Hadas Yaron), madre lavoratrice e vittima di un dramma inedito. Il suo personale film dell’orrore somiglia a quello dei due protagonisti, eppure c’è qualcosa che ci impedisce di esorcizzarne i mostri, quasi come se le note suonate finora dal piccolo Carlo venissero all’improvviso convertite in chiave minore. La nube di mistero attorno alla donna si dirada nell’arco di pochi minuti, svanendo in un inspiegabile vuoto davanti all’apparizione del compagno Cristian (Paolo Pierobon). Quest’ultimo sembra possedere un’aura ombratile destinata a divenire sempre più torva e – ahimè – concreta: da semplice nome visibile sullo schermo di uno smartphone, l’uomo si trasforma ben presto in volto, sbalzando la planchette di questa enorme tavola Ouija cinematografica e rovesciando il tavolo attorno a cui siedono i personaggi.
L’intenzione degli sceneggiatori è certamente quella di costruire un complicato giro di vite, concatenando affetti e dipendenze all’interno di una cornice originale: Cristian perseguita Myriam, che a sua volta (e a suo modo) perseguita Valerio e Carlo, vessatori di professione e per necessità. Sopra all’intero cast troneggia il demone malevolo della miseria, della violenza e della solitudine: lo Stato e le sue istituzioni s’innalzano all’orizzonte come spauracchi, manifestandosi allo spettatore soltanto tramite i noti medium della polizia, dei servizi sociali, di un vicino benpensante e rompiscatole. La cinepresa traccia un quadro desolante, lasciando gli spettri liberi di vagare per una città dalla fisionomia anonima, attraversando dimore prive di storia, percorrendo strade che non portano a nessuna meta. L’obiettivo scherza con i generi sfoggiando la stessa curiosa gioia di un ragazzino intento a mescolare fra loro i mattoncini colorati: così, valichiamo gli androni scricchiolanti dell’horror, le disturbanti visioni del thriller, i rassicuranti idilli della commedia a sfondo familiare.
Nell’insieme, abbiamo come la sensazione di trovarci su un treno ad alta velocità. Fuori dal finestrino, il paesaggio si disfa come neve al sole, le immagini scorrono à bout de souffle, gli scenari si confondono fra loro, l’occhio non riesce a stare al passo. La narrazione procede ad un ritmo serrato lasciandosi alle spalle numerose lacune come uno scolaro nasconde i compiti più noiosi al grido di un tediato “lo faccio dopo”. L’effetto è quello di riascoltare una lunga registrazione spaventosamente accelerata: una buona metà delle parole svanisce sotto una coltre di fastidiosi bisbigli, mentre gli aneddoti si disperdono in un chiassoso cinguettio. Un vero peccato, considerata la bravura degli interpreti (in particolare, Michele Riondino e l’etereo Orlando Forte), nonché l’originalità dell’idea – ovvero, l’allestimento di un panorama casalingo à la Bong Joon-ho che con Bong Joon-ho non ha niente da condividere. Alessandro Capitani e la sua troupe tradiscono le nostre aspettative, trastullandosi con gli assiomi del cinema e intessendo un racconto fantastico dalle sfumature inconsuete. Ma il tono è quello di un adolescente tutto preso dalla rievocazione della sua gita scolastica: l’entusiasmo supera l’accuratezza. E, in fondo, va bene così.
In sala dal 30 settembre – sullo stesso film vedi anche la recensione di Alessandro Izzi da Venezia (https://close-up.info/i-nostri-fantasmi/)
Cast & Credits
I nostri fantasmi – Regia: Alessandro Capitani; sceneggiatura: Alessandro Capitani, Francesca Scialanca, Giuditta Avossa; fotografia: Daniele Ciprì; montaggio: Adriano Patruno; interpreti: Michele Riondino (Valerio), Hadas Yaron (Myriam), Paolo Pierobon (Cristian), Orlando Forte (Carlo); produzione: Fenix Entertainment con Rai Cinema; origine: Italia 2021; durata: 90’; distribuzione: Fenix Entertainment – Europictures.