Il sapore della felicità di Slony Sow

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Quando al cinema ci sono di mezzo gli chef stellati, è difficile che le cose procedano in modo tranquillo (pensiamo, giusto per fare un esempio recente, a The Menu).  Di fatto i film sui grandi chef rappresentano una variante del film d’artista: genio e sregolatezza, creatività e follia, competenze straordinarie da un lato e autismo dall’altro. Non fa eccezione al riguardo il film del regista franco-giapponese Slony Sow, giunto con Il sapore della felicità, distribuito in Italia da Wanted, al suo secondo lungometraggio, il primo, che non ho visto, risaliva al 2015 e, a quanto leggo, anch’esso è sospeso fra la Francia e il Giappone, in linea con la doppia identità nazionale del regista stesso.

Il film si apre con Gabriel Carvin (Gerard Depardieu, su cui torneremo) che riceve la terza stella come miglior chef di Francia, si tratta dunque del massimo riconoscimento possibile. Peccato che questa attestazione coincida con il peggior momento possibile nella sua vita: condizione fisica pessima (dopo pochissimi minuti del film avrà un infarto e verrà ripreso per la punta dei capelli), i rapporti con i collaboratori lasciano a desiderare, la famiglia: due figli da donne diverse (il più grande dei quali che cerca di ripercorrere le orme paterne e si sa che queste cose non vanno mai bene), l’attuale compagna (una rivedibile Sandrine Bonnaire) che lo tradisce, guarda caso, con un critico gastronomico. Crisi su tutta la linea, dunque. Come uscirne? Possibile uscirne? Ma ecco che viene in soccorso il Giappone, luogo utopico dove andare in cerca dell’umami (al contempo il titolo giapponese/originale del film), che, per chi non lo sapesse, è una specie di quinto sapore che ricomprende tutti gli altri: dolce, salato, aspro, amaro. Al Giappone si collega altresì uno scorno patito in gioventù da Carvin, allorché pur giocando in casa ossia a Parigi arrivò solo secondo a un contest, battuto appunto da un collega giapponese.


Da questo momento in avanti (niente spoiler: tutto quanto raccontato avviene subito) il film – con uno script già in partenza un po’ tirato per i capelli – diventa decisamente farraginoso con una continua alternanza di sequenze fra il povero Carvin che si ritrova in un Giappone innevato (zona Sapporo) senza spiccicare una parola di nessuna lingua che non sia il francese, i famigliari che si chiedono che fine abbia fatto, una trama parallela che vede protagonista la figlia depressa di una cameriera proprio del ristorante di cui è in cerca Carvin, il figlio di Carvin che parte, novello Telemaco, alla ricerca del padre, l’incontro fra i due chef – e via andare fino alla conclusione finale che non rivelerò ma che, mi sia consentito, è di una stucchevole banalità. A tutto ciò si aggiunga – alla faccia del body shaming – l’esplicito utilizzo della ingombrante corporeità di Depardieu allo scopo di conferire un touch a un tempo grottesco e drammatico ai vari snodi della trama – una corporeità che conferisce anche alla dizione dell’attore francese un affanno continuo.

Il fatto che il ristorante di Carvin  si chiami Monsieur Qualq’un, ovvero Signor Qualcuno, mi ha fatto pensare che nelle intenzioni del regista vi potesse essere l’allusione alla parabola di Everyman o di Jedermann, l’individuo che viene posto da Dio di fronte alla propria finitezza e all’inanità delle glorie terrene e deve così riconsiderare la propria vita. Valutata accuratamente quest’ipotesi, confesso che alla fine l’ho scartata perché non credo proprio che Slony Sow, conosca questi due morality plays. Pur ricco di riferimenti intertestuali (a film dello stesso Depardieu, a musica francese degli anni ’70 etc.) il film nell’insieme convince molto poco – e, detto con franchezza, visto che anche in Francia ha ricevuto critiche molto negative, viene da chiedersi come mai sia stato distribuito in Italia.

In sala dal 31 agosto 2023


Il sapore della felicità (Umami) – Regia, sceneggiatura, montaggio, scenografia: Slony Sow; fotografia: Denis Louis; intepreti: Gérard Depardieu (Gabriel Carvin), Sandrine Bonnaire (Louise), Rod Paradot (Nino), Bastien Bouillon (Jean), You (Noriko), Kyōzō Nagatsuka (Morita); produzione: Slony Pictures, Sunnyside Up; origine: Francia/Giappone, 2022; durata: 106′ minuti; distribuzione: Wanted Cinema.

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