Il senso di Hitler di Petra Epperlein, Michael Tucker

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Cominciamo dalla fine e dall’inizio delle premesse di questo interessante documentario, Il senso di Hitler (2020), che esce opportunamente per la Giornata della memoria 2022 insieme ad altri film di argomento limitrofo come il bellissimo Quel giorno tu sarai di Kornél Mundruczó (https://close-up.info/quel-giorno-tu-sarai-di/) oppure su Netflix il più debole Monaco – sull’orlo della guerra di Christian Schwochow (https://close-up.info/monaco-sullorlo-della-guerra-di/).

A conclusione del film della coppia di cineasti tedesco-americani Michael Tucker e Petra Epperlein, il 94enne storico israeliano Yehuda Bauer afferma: “Il problema che abbiamo non è che i nazisti erano disumani ma erano umani. Questo è il problema fondamentale che abbiamo con noi stessi, non con i nazisti […] ma le idee naziste sono state messe in pratica da persone assolutamente normali”.

Purtroppo, ciò spiega il fatto – ed è quello che ci vuole raccontare Il senso di Hitlerche il nazismo non è mai “passato di moda” per così dire mentre risorge sotto varie forme anche quelle che apparentemente lo hanno respinto come (è uno degli esempi portati in discussione dal documentario) l’ideologia che guida Donald Trump o alcuni movimenti attuali ultranazionalisti in Europa.

Già negli anni Settanta la scrittrice e saggista Susan Sontag, in un suo celebre saggio contro il revival soprattutto negli Stati Uniti dell’opera di Leni Riefenstahl, scriveva in Fascino fascista (1975, ripubblicato in Sotto il segno di Saturno, Einaudi 1982 e Mondadori, 2002): “Secondo una convinzione molto diffusa il nazional-socialismo significa solo brutalità e terrore. Questo non è vero. Il nazional-socialismo – più in generale, il fascismo – significa un ideale, o piuttosto degli ideali che resistono ancora oggi sotto bandiere diverse; l’ideale della vita come arte, il culto della bellezza, il feticismo del coraggio, l’annullamento dell’alienazione in estatici sentimenti di comunanza; il rifiuto dell’intelletto; la famiglia dell’uomo (con i capi nel ruolo di genitori)”.

Partendo dai sette capitoli di un vecchio bestseller del 1978 (mai pubblicato in Italia), The Meaning of Hitler, del giornalista e scrittore tedesco fuggito a Londra nel 1938 Raimund Pretzel, meglio notto sotto lo pseudonimo di Sebastian Haffner, il documentario dallo stesso titolo ricostruisce dunque in sette tappe la vita, l’opera e le ripercussioni oggi della figura di Adolf Hitler di cui tratta appunto gli aspetti diversi della personalità più tristemente nota del secolo scorso.

Girato in nove paesi (ma non toccando l’Italia che pure qualcosa, tristemente, con Hitler ha avuto a che fare), presentato in una anteprima mondiale on online al festival DOC NYC nel novembre 2020 e ora in uscita anche nel nostro paese grazie a Wanted Cinema, Il senso di Hitler è, dunque, un interessante tentativo d’analisi in veste audiovisiva del fenomeno nazista, a tratti forse contraddittorio ma in definitiva fertile e utile.

Dopo un inizio a nostro giudizio un tantino banale e didattico si viene, così, ad approfondita la figura e soprattutto le conseguenze dell’operato del Führer e del fascismo. Si alternano, dunque, informazioni molto note ad altre – almeno per qui scrive – piuttosto inedite e sorprendenti, grazie alla collaborazione sotto forma di interviste a personalità di spessore come la scrittrice Deborah Lipstadt, dello storico britannico Sir Richard J. Evans, dell’autore di romanzi sull’Olocausto Martin Amis, degli storici israeliani Saul Friedlander e Yehuda Bauer, dei “cacciatori nazisti” Beate e Serge Klarsfeld o dell’intellettuale e sociologo tedesco Klaus Theweleit, l’autore di Männerphantasien (1977) un altro grande libro pionieristico sul preistoria sessuale, psicanalitica e socio politica dell’ideologia nazista durante la Repubblica di Weimar. Oppure seguiamo l’agghiacciante testimonianza dell’archeologo Wojciec Mazurek che dal 2007 ha scavato i resti per ritrovare il campo di morte di Sobibór in cui sistematicamente veniva uccise sino a cinquecento vittime al giorno (su questo terribile luogo si può vedere ad esempio Sobibor – la grande fuga di Konstantin Khabenskiy che verrà ritrasmesso da Rete 4 il 26 gennaio 2022 alle ore 0,54).

Dunque, si parte idealmente dalle ricerche degli anni Settanta e tramite materiale di montaggio si ricostruisce la sopravvivenza del mito di Hitler ancor oggi, pedinando anche, ad esempio, il famigerato storico e saggista negazionista inglese David Irving con le sue affermazioni insensate che proprio Deborah Lipstadt aveva denunziato e a cui segui un processo per diffamazione. In esso venne riconosciuto che Irving era un “attivo negatore dell’Olocausto” e che “per le sue ragioni ideologiche continuativamente e deliberatamente [aveva] manipolato e alterato l’evidenza storica”.

Forse non sarà come ha scritto Owen Gleiberman su “Variety” “una meditazione in forma libera sull’era nazista, realizzata nello spirito esplorativo del road-movie dei recenti documentari di Werner Herzog” (https://variety.com/2020/film/reviews/the-meaning-of-hitler-review-adolf-hitler-1234835757/) ma sicuramente si tratta nel caso de Il senso di Hitler di un’opera da vedere e su cui riflettere. A lungo, molto a lungo.

In programmazione dal 27 gennaio 2022, qui l’elenco delle sale: http://wantedcinema.eu/movies/il-senso-di-hitler/

PROIEZIONI SPECIALI CON TALK: mercoledì 2 febbraio al CINEMA VITTORIA di NAPOLI, giovedì 3 febbraio all’ANTEO PALAZZO DEL CINEMA di MILANO 


The Meaning of Hitler/Il senso di Hitler Documentario – Regia: Petra Epperlein, Michael Tucker; sceneggiatura, fotografia, montaggio: Michael Tucker; musica: Alex Kliment; interpreti: Martin Amis, Saul Friedlander, Sir Richard J. Evans, Klaus Theweleit, David Irving, Beate e Serge Klarsfeld, Deborah Lipstadt, Francine Prose, Yehuda Bauer; produzione: Play/Action Pictures, Uwaga Films; origine: Usa, 2020; durata: 92’; distribuzione: Wanted Cinema.

 

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