Quel giorno tu sarai di Kornél Mundruczó

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Gli eventi storici sparigliano le carte e le disperdono sul tavolo. Non solo normali carte, ma pure i certificati di nascita: il mondo ti vuole classificare e a una certa anche a te viene il dubbio che essere classificati sia un buon modo per sopravvivere. Sotto il dubbio rimane però sempre una verità: ogni identità deve render conto solo alla persona. Quel giorno tu sarai, per la regia di Kornél Mundruczó, passato fuori concorso a Cannes 2021, sfiora l’Olocausto e ne osserva le conseguenze che come olio versato si allungano per la tovaglia dell’intero Novecento, lungo tre generazioni. Ne esce un film delicato e mutevole, capace di abbracciare il surreale per spiegare il mondo degli occhi (troppo) aperti.

Il film rincorre occasioni di vita di una famiglia, gli appartenenti della quale si scambiano il testimone da un episodio al successivo. Éva (Lili Monori) è la protagonista inconsapevole del primo, inconsapevole perché la sua unica azione è quella di gridare a squarciagola nelle fogne di una camera a gas dove tra ammassi di capelli la Croce Rossa Polacca sta cercando di grattare via con spugne e spazzoloni ciò che eliminare non è facile.

Il secondo episodio vede la stessa Éva, ormai anziana, in dialogo con Léna (Annamária Láng): la figlia cerca un certificato di nascita della nonna che possa provare la loro origine semita e darle possibilità di accedere ai fondi statali, superando nuovi vincoli burocratici imposti dal governo («Eravamo ebrei quando non potevamo esserlo e ora che possiamo esserlo non siamo ebrei»).

L’ultimo episodio ha per protagonista il figlio di Léna, Jonas (Goya Rego). Adolescente, amante di rotten person e dalla cameretta atipica (maschere di scimmia e manichini soffusi di luce blu e viola), subisce l’ennesimo episodio di bullismo quando la lanterna portata a scuola per la festa cristiana di San Martino viene bruciata perché riconosciuta come quella dell’Hanukkah. Le fiamme toccano l’intero edificio e la notizia non può che arrivare alle orecchie della madre che decide di sentire la scuola nonostante Jonas lo sconsigli, pauroso di ripercussioni. Ma ormai siamo alla fine, rimane una corsa lontana da tutto e due persone a correrla, Jonas e Yamis (Padmé Hamdemir), ragazza dalle origini turche.

Il regista Kornél Mundruczó, coadiuvato dalla sceneggiatura di Kata Wéber e da un produttore esecutivo d’eccezione come Martin Scorsese, firma una messinscena basata su tre piani sequenza, uno per episodio, di rara funzionalità, e quindi bellezza. Movimenti smarriti, tipici del piano sequenza, quelli della mdp che trovano giustificazione nelle modalità scenografiche caratterizzanti episodi: horror surreale (ma realisticamente giustificato dalla storia) il primo, dramma da camera il secondo (con splendido allagamento finale), la Berlino dai pallidi colori il terzo. Alla cura delle maestranze si aggiunge la scelta di un cast di estremo livello: Monori è straordinaria nel ruolo di Éva e insieme a Láng dà vita a un piano sequenza effettivo di 36 minuti ininterrotti. Il terzo attore protagonista, il giovane Rego, è magnetico nel suo ruolo e capace di ridare quel senso di leggerezza identitario desiderato.

Sono però i dialoghi ‘l’uomo in più’ del lungometraggio. Ottimi nel gestire il ritmo indicano pure chiaramente la via alle ferite identitarie dei protagonisti: «Ho avuto a che fare con l’Olocausto e non riesco a provare di essere ebrea» dice Léna mentre la madre soppesa un certificato di nascita e sospira nell’osservare che è «tanto autentico, quanto falso» perché redatto dalle SS.

Il messaggio sotteso del film è quindi una vibrante ricerca del sé indipendente dal flusso della Storia: né cristiani, né ebrei, né nazisti, né palestinesi, né israeliti, né islamici, soltanto esseri che a tale tassonomia devono aggrapparsi se in questo mondo vogliono pur provare a vivere. Qualcuno ne può fuggire? No, perché anche i pesci arrivano a essere classificati: «Le carpe erano pesci ebrei. Come poteva una carpa essere ebrea?».

Quel giorno tu sarai è un film consapevole eppure indifferente del peso storico e della retorica conseguente. Non ha tempo per la pietra che infrange la superficie, è invece interessato alle onde, piccole o grandi, che urtano la terra: è lì che il singolo ha i piedi in ammollo e si trova d’improvviso bagnato senza averlo voluto e senza sapere, appieno, come comportarsi. La soluzione può essere chiederlo a chi ti ha generato (Jonas alla madre: «Non sono ebreo / e cosa sei? / Dimmelo tu cosa sono»), cercare da soli la risposta («Suo marito mi ha urlato ‘sporca ebrea’ per strada / e tu? / Ho attraversato la strada») o non cercare affatto responso e nella mancanza, comunque, vivere. E baciare.

In Anteprima il 26 gennaio ore 20 al Palazzo delle Esposizioni di Roma

Dal 27 gennaio al cinema


Quel giorno tu sarai /Evolution – regia: Kornél Mundruczó; sceneggiatura: Kata Wéber; fotografia: Yorick Le Saux; montaggio: Dávid Jancsó; musica: Dascha Dauenhauer; suono: Noemi Hampel; scenografia: Judit Varga “Csuti”, Albrecht Konrad; costumi: Sophie Klenk-Wulff, Melinda Domán; trucco: Astrid Lehmann, Zsombor Ágoston; interpreti: Lili Monori, Annamária Láng, Goya Rego, Padmé Hamdemir, Jule Böwe; produzione: Match Factory Productions, Proton Cinema KFT; produttore esecutivo: Martin Scorsese; origine: Germania-Ungheria 2021; durata: 97’; distribuzione: Teodora Film.

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