La quattordicesima domenica del tempo ordinario di Pupi Avati

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Come ha fatto lo stesso Pupi Avanti nella conferenza stampa di presentazione, è necessario spiegare subito il titolo della sua ultima opera, per altro il quarantatreesimo lungometraggio per il cinema, se abbiamo contato bene, di una ricchissima e molto variegata carriera. “Il Tempo ordinario – si legge in Wikipedia – è quel periodo dell’anno liturgico della Chiesa cattolica e di altre Chiese cristiane che copre la parte dell’anno nella quale non ci sono tempi forti: nel rito romano esso va dal lunedì dopo la domenica del Battesimo del Signore all’inizio del tempo di Quaresima (che inizia con il Mercoledì delle ceneri), e riprende dopo la solennità di Pentecoste, per arrivare alle soglie del tempo di Avvento.” E proprio in una quattordicesima domenica di tempo ordinario nel lontano 1964, per la precisione il 24 giugno, Avati sposò la moglie, Amelia Turri che diventerà la donna della sua vita.

Già da questo primo accenno si comprende come il mood, il basso continuo del nuovo film del regista bolognese si indirizzi nettamente verso l’aspetto autobiografico, un tratto che ha, più e più volte, contraddistinto la sua filmografia, anche se qui sembrerebbe, a sentire lo stesso Avati, che lo abbia calcato nella figura del protagonista in modo più esplicito di altre occasioni – vai a sapere se è così veramente?

Dopo il bel Dante (2022) che aveva aperto un capitolo abbastanza inedito anche all’interno di una filmografia decisamente ecclettica come la sua, che ha attraversato quasi tutti i generi cinematografici possibili (western solo escluso), qui si torna alla giovinezza della Bologna degli anni Sessanta dove due adolescenti Marzio Barreca (Lodo Guenzi) e Samuele Nascetti (Nick Russo) ad un celebre chiosco di gelati, quello di Romoli in via Saragozza, decidono di essere amici per la vita. Entrambi appassionati di musica, formano un duo, “I Leggenda”, che comincia dopo degli inizi difficili ad avere un discreto successo. Nel contempo, però, Marzio ha un colpo di fulmine per una coetanea bellissima ma dal carattere scostante di nome Sandra (Camilla Ciraolo), che vuole fortemente diventare una modella per una casa di moda e di cui si innamora perdutamente sino a riuscire nella quasi impossibile impresa di conquistarla e sposarla. Ma poi la vita prenderà tutt’altre e ostili strade portando la coppia a scelte e situazioni molto ardue, a differenza dell’amico Samuele, il quale in banca più che nella musica o nella moda troverà un futuro felice.

Camilla Ciraolo e Lodo Guenzi

Raccontato in flash-back intrecciati, trai ruggenti anni Sessanta (a vivaci colori) e i giorni d’oggi (in pastello più scuro), La quattordicesima domenica del tempo ordinario sembra ricalcare, dunque, alla lontana, se la memoria non ci inganna, la trama di un film del 2005, Ma quando arrivano le ragazze?, anch’essa la storia di un fallimento di un giovane musicista, lo stesso Avati aspirante jazzista nel suo rapporto con l’altrettanto giovane ma molto più talentuoso Lucio Dalla. Non abbiamo – lo confessiamo – nessun ricordo di quel film né della sua resa, questo nuovo, comunque, si contraddistingue per la sincerità, quasi ingenua ma a volte senile, con cui si narrano le illusioni perdute e gli effetti delle nevrosi narcisistiche in una malinconica vicenda di tracollo artistico e personale. Quella appunto dei due protagonisti principali Marzio e Sandra interpretati con bravura nella loro versione adulta da Gabriela Lavia e Edwige Fenech mentre la figura più laterale del terzetto iniziale, quella di Samuele, è affidata a Massimo Lopez. In particolare, Edwige Fenech, assente da diversi anni dagli schermi, torna davanti alla macchina da presa, consegnandoci un come back di grande charme.

                                      Edwige Fenech

A coloro che amano la variante maggioritaria del cinema avatiano, quella intimista e crepuscolare, questo nuovo film dovrebbe piacere: in esso rivediamo tanti aspetti già in precedenza esplorati come gli abbagli dell’amore, le  chimere del talento musicale, le delusioni dell’amicizia e tanti altri problemi compresa la questione del successo (o dell’insuccesso matrimoniale), per non aggiungere quelli adolescenziali ed edipici. Il tutto viene narrato in La quattordicesima domenica del tempo ordinario con un sentito tono nostalgico e volutamente commosso per rielaborare un grave lutto passato – sempre il Nostro ha affermato in conferenza stampa, in una botta di pessimismo, che “tutti siamo dei falliti solo che voi ancora non lo sapete”, mah… speriamo proprio di no. E comunque della pellicola si può, anzi si deve apprezzare la ricostruzione degli anni Sessanta con la citazione de La vita agra (1964) di Carlo Lizzani oppure la qualità dell’impianto visivo grazie alla differenziata e bella fotografia di Cesare Bastelli. Ma alla fine di questo film “antico” si esce con la sensazione di aver assistito ad un déjà-vu altre volte orchestrato meglio. O almeno questa è stata, detto a malincuore, la nostra personale sensazione.

Qui il backstage

In sala dal 4 maggio


 La quattordicesima domenica del tempo ordinario – Regia e sceneggiatura: Pupi Avati; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Ivan Zuccon; musiche: Sergio Cammariere, Lucio Gregoretti; interpreti: Camilla Ciraolo, Lodo Guenzi, Edwige Fenech, Gabriele Lavia, Cesare Bocci, Massimo Lopez, Cesare Cremonini, Jacopo Rampini, Fabrizio Buompastore, Sydne Rome, Anna Safroncik, Patrizia Pellegrino, Pilar Abella, Vincenzo Failla;  produzione: Duea Film, Minerva Pictures con Vision Distribution in collaborazione con Sky; origine: Italia, 2023; durata: 98 minuti; distribuzione: Vision Distribution.

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