Nella luce biancastra di un clima tropicale in cui piove spesso si muove il protagonista di Love is a Gun, Sweet Potato, un giovane dai lineamenti delicati, capace di scatti irosi e violenza inattesa. Il ragazzo è uscito dopo tre anni di prigione, affitta ombrelloni sulla spiaggia (dove spesso non c’è il sole per via dello smog), cerca di approcciare la sua ex ragazza che lo maltratta. Nel frattempo nutre le tartarughe nel suo acquario, incontra il candidato al comune della zona e non è sicuro di nutrire simpatia per lui, frequenta nuovamente vecchi amici del giro malfamato di cui ha fatto parte, ma se ne distanzia per interessi e motivazioni. Si ritrova solo, sua madre gli lascia messaggi in segreteria questuante denaro per coprire i debiti dovuti al gioco d’azzardo, le sue giornate si svolgono pigramente cercando di stare lontano dalla corruzione e dalle gang. Una bella e giovane attrice vicina di casa lo allieta e lo tenta: di lei si dice in giro abbia assunto dei killer per far avere ai genitori un mortale incidente stradale. Niente è ciò che sembra, tutto rivela un fondo maligno inaspettato.
Sweet Potato è maldestro, speranzoso, confuso: vorrebbe abbandonare il passato e guardare al futuro con occhi nuovi ma sembra che tutto concorra a portarlo fuori strada. Con delicatezza di sguardo viene tracciato il racconto di un malessere giovanile in una società spietata che lascia poche possibilità di recupero. Attraverso un uso raffinato e sapiente del suono, giocato sul dentro/fuori, sul fuori campo e in campo, sul primo piano e il totale, la regia contribuisce – assieme alla maniacale perfezione di ogni inquadratura – alla vertigine a cui il film tende: se l’amore sta in una pistola o in una nuvola che svanisce o nel fitto della pioggia, allora lo spettatore può perdersi nelle fiamme che bruciano l’organo suonato fino a quel momento, nel baluginare dei fuochi d’artificio in un cielo crepuscolare, nella violenza mai sfacciata (sempre non in scena) dei gaglioffi della gang che minacciano Sweet Potato col lancio di foglietti gialli in aria a simulare denaro, nello smarrimento del protagonista che non argina, dentro e fuori di sé, la paura di non essere un leader (lo potrà essere solo dopo essersi inchinato tre volte davanti al mare che, solo allora, lo dichiarerà suo figlioccio, come gli raccontò la madre da piccolo).
Un lavoro esteticamente impeccabile, dal messaggio duro in una forma levigata di forte matrice orientale: distaccato ma potente.
Ai shi yi ba qiang (Love is a Gun)– Regia: Lee Hong-Chi; sceneggiatura: Lee Hong-Chi, Lin Cheng Hsun; fotografia: Zhu Ying Rong; montaggio: Qin Yanan; musica: Bruce Su; interpreti: Lee Hong-chi, Lin Ying Wei, Zheng Qing Yu, Lin Ke Ren, Lee Yu Yao, Edison Song; produzione: Shan Zuolong (Monologue Films), Liao Che-i (Southie Films), Qi Ai, Li Xiaoyuan, Andy An; origine: Hong Kong/Taiwan, 2023; durata: 81’.