Love Lies Bleeding di Rose Glass – Perché sì di Alessandro Mastrandrea. Perché no di Giovanni Spagnoletti

PERCHÉ SÌ di  Alessandro Mastandrea ***(*) stelle 

È oggetto cinematografico non facilmente incasellabile Love Lies Bleeding, opera seconda della regista inglese Rose Glass. Produce A24, divenuta una certezza di qualità nel panorama della Hollywood non mainstream. Come nel precedente Santa Maud (2019), dove la realtà della protagonista viene indagata in chiave horror attraverso il filtro della propria mente disturbata, si tratta di un film che ruota attorno a un universo e a un sentire femminile, che entra, in questo caso specifico, irrimediabilmente in conflitto con quello maschile dei padri e di mariti violenti (uomini che nella pellicola non possiedono nemmeno dei nomi). Centro di questo discorso è il corpo femminile e l’immaginario maschile su cui questo pare dover essere necessariamente modellato.

Nella piccola Crater Gym, dove Lou (Kristen Stuart) lavora come manager, le pareti sono ricoperte da frasi motivazionali come “No Pain, No Gain”, “Solo i perdenti mollano”, “Il dolore è la debolezza che abbandona il corpo”. Nulla di più lontano dalla protagonista, fisico segaligno, distante anni luce dall’immaginario erotico che il mondo del Body Building vuole promuovere. L’esistenza di Lou è connotata da una profonda solitudine, nei vari ambiti in cui ella si trova a vivere: nel lavoro, dove viene spesso chiamata a svolgere i lavori più umili e svilenti, in famiglia, dove è stata abbandonata dalla madre e in cui vive in aperto conflitto con il padre, e nell’amore, essendo lei dichiaratamente omosessuale. Tutto questo, però, pare avere termine quando in palestra fa la sua comparsa Jakie (l’esordiente e piacevole sorpresa Katy O’ Brian), ragazza ai margini, appassionata di body building e animata da grandi ambizioni. Tra le due scoppia una travolgente storia d’amore, che sembra destinata a cambiare in meglio le vite di entrambe, se non fosse che dal passato di Lou riemergono vecchi fantasmi incarnati dalla figura sinistra del padre (un Ed Harris inquietante e grottesco). La vita delle due donne, dovrà allora confrontarsi con un destino che sembra essere più grande di loro e con le rispettive e gravose eredità familiari.

Siamo nell’America di metà anni ’80, quella della reaganomics, dell’affermazione della supremazia USA a livello globale ma anche, forse soprattutto, quella del cinema dell’Hard Body, incarnati dai film di Silvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e della serie Die Hard (1988, in Italia: Trappola di Cristallo). Il padre di Lou, gestore di un poligono di tiro e contrabbandiere d’armi, a un certo punto dirà: “dopo i film di Die Hard, tutti hanno voluto possedere un’arma da fuoco”. E in alcune sequenze del film pare che gli abitanti di questa piccola cittadina sperduta nel New Mexico, non facciano altro che sparare al poligono, fumare sigarette o allenarsi in palestra.
È da questo mondo, da questo immaginario, da cui Glass prende le distanze con tagliente ironia, che le due protagoniste tentano di fuggire, di vendicarsi anche – il riferimento è la pellicola Thelma & Louise di Ridley Scott (1991) – immaginando un mondo diverso, da cui non rimanere schiacciate, di cui non esserne vittime designate.

“Il corpo ottiene quello in cui la mente crede” è forse questa la frase motivazionale, inquadrata in dettaglio, che segna un turning point narrativo e di rappresentazione della vicenda.
Se le sequenze iniziali sono infatti caratterizzate da un realismo quasi desolante – che in chiave evidentemente polemica contrappone la vita ai margini delle due (Lou a inizio pellicola la vediamo impegnata a sturare i WC occlusi, mentre Jackie vive e si allena sotto un ponte) al sogno americano distorto impostosi negli anni ’80, quello dell’edonismo e dello yuppismo – col trascorrere dei minuti la vicenda va assumendo tinte sempre più perturbanti e thriller, quando il contorno ambientale e affettivo della protagonista si va, mano a mano, delineando.

Lou è infatti perseguitata dal passato che tenta di riemergere dalle profondità della terra, e incolpa il padre per la sparizione inspiegabile della madre (si tratta forse di omicidio?). Una sorte simile a quella cui pare destinata anche sua sorella Beth (Jena Malone) succube del violento marito J.J. (Dave Franco), che Lou è intenzionata a fermare con ogni mezzo. Dopo l’ennesimo episodio di violenza domestica ai danni di Beth, quando la vicenda precipita in una spirale eccessiva e incontrollata, verso una resa dei conti familiare di stampo shakespeariano, le modalità di rappresentazione cambiano di nuovo, facendosi anch’esse eccessive, “fuori misura”, opposte al tipo di rappresentazione realistica di inizio film: abbondano infatti contaminazioni ed elementi gore e fantastici. Una tendenza, quella di una rappresentazione eccessiva, senza troppi patemi d’animo o paure da parte della regista, che a chi scrive, fatti i dovuti distinguo, ha ricordato il film Titane di Julia Ducournau (2021), soprattutto per la volontà di raccontare una storia con protagoniste femminili al di fuori dei canoni convenzionali del già visto.

La Glass pare dunque portare lo spettatore in territori in parte inesplorati, lasciandolo solo e senza punti di riferimento, senza una meta precisa verso cui tendere, come capita, a un certo punto della pellicola, alle due protagoniste.

Ed Harris

PERCHÉ NO di  Giovanni Spagnoletti **(*) stelle 

Era in cartellone allo scorso Festival di Berlino nella sezione “Gran Gala”, dopo la prima americana al “Sundance”, questa opera seconda della britannica Rose Glass (classe 1990) che però di gala, di ricevimento elegante o solenne, assai poco consta o parla. Al contrario – piaccia o non piaccia – la chiave di Love Lies Bleeding sta nel “too much”, nell’eccesso spinto all’eccesso, nella ricerca dell’effetto continuo – non a caso la regista viene dall’horror con il suo debutto del 2019 Saint Maud. Insomma, si presenta come un film di grande violenza, quasi punk, e che presuppone un piacere accondiscendente verso un mood radicale e/o giovanilistico.

Siamo nel 1989 quando in Europa sta per cadere il Muro di Berlino, in una cittadina in culo alla balena nel New Mexico. In fuga o quasi dall’Oklahoma, Jackie (Katy O’Brian), una giovane, ambiziosa body builder sta dirigendosi alla volta di Las Vegas per partecipare a una importante gara di quella disciplina. Bisessuale e senzatetto, fa la conoscenza, dopo averla difesa dall’aggressione di un altro culturista, con Lou (Kristen Stewart), un lupo solitario manager e padrona di una palestra, una ragazza silenziosa e schiva, alle prese con una famiglia malavitosa che le crea solo problemi. Le due protagoniste iniziano a frequentarsi nella palestra, quasi subito si innamorano e diventano una coppia. Jackie, senza conoscere i retroscena della famiglia criminale di Lou, aveva preso a lavorare come cameriera nel poligono di tiro del padre, Lou Senior (Ed Harris), grazie all’aiuto del violento cognato della ragazza, JJ (Dave Franco), con cui aveva avuto un occasionale rapporto sessuale. Venuto a conoscenza del fatto, Lou avverte la compagna di non continuare in quel lavoro perché il padre è una persona piuttosto pericolosa. Tra l’altro, l’FBI sta indagando su di lui e aveva cercato senza successo di coinvolgerla nelle indagini. La ragazza aveva quasi interrotto i contatti con l’uomo, mentre la madre si era lasciata con lui da diversi anni e da allora era irrintracciabile. Lou, per di più, aiuta Jackie a migliorare le sue prestazioni fisiche regalandole degli steroidi in preparazione della gara a Las Vegas a cui la ragazza ha intenzione, sopra ogni cosa, di partecipare. Infine veniamo a conoscere un’altra ragazza, Daisy (Anna Baryshnikov) innamorata persa di Lou e la sorella infelice di lei, Beth (Jena Malone).

Abbiamo qui raccontato meno di una mezz’ora o quasi del film… seguiranno a ripetizione, in questa turbolenta storia di sesso, dissidi e violenze familiari, una sfilza di eventi e di colpi di scena drammatici sino all’inevitabile conclusione del finale (liberatorio?).

Come si può ben capire da quanto abbiamo scritto, Love Lies Bleeding è quello che si potrebbe definire un film di grana grossa e probabilmente a ciò si deve la ricezione controversa dell’opera di Rose Glass, a partire dal suo mix, senza dubbio piuttosto originale, che svisa dal romanticismo queer a decise scene di sesso lesbo, da atmosfere western al thriller e l’horror, il tutto sullo sfondo del mondo assai rude e competitivo del body building.

Kirsten Steward (a sinistra) e Katy O’Brian

In ogni caso, però, non può mancare, una lode, un apprezzamento per l’interpretazione della coppia delle due protagoniste: l’una Kristen Stewart la conosciamo bene a partire da Panic Room (2002) passando per la saga di Twilight, sino alla parte di Lady Diana nel biografico Spencer (2021) di Pablo Larrain; l’altra è, invece, Katy O’Brian, altrettanto efficace, che, come il suo personaggio, è stata effettivamente una bodybuilder a livello agonistico prima di intraprendere la carriera di attrice a Los Angeles. E confesso anche che sono stato particolarmente colpito e sorpreso dalla prova di Ed Harris (qualcuno mi potrà dire: ma che novità?) nella parte di un padre malavitoso e diabolico ma anche, a suo modo, mellifluamente contraddittorio nel rapporto con la figlia (a cui si aggiunge, tanto per non far mancar nulla, il sospetto piuttosto evidente che abbia avuto a che fare con la misteriosa scomparsa della moglie).

Detto ciò, in questo selvaggio dramma familiare pulp, arricchito da sesso, omicidi e qualche reminiscenza cinefila, ciò che non ci convince, è, soprattutto a partire dalla seconda parte, l’accumulo e la moltiplicazione degli atti di violenza, i vari, troppo aggrovigliati detour della vicenda. Che, in qualche maniera, vengono ad inficiare l’interessante ricostruzione d’ambiente o le dinamiche psicologiche e d’amore che animano le varie anime dei personaggi. Si ha come l’impressione, dunque, che la talentuosa Rose Glass abbia voluto spingere il pedale dell’acceleratore sul succedere degli eventi tra gelosie letali e cadaveri, trasformando, così, in una troppo variegata ronde stilistica, un’opera dallo spirito e dal gusto “indie” in un mix più commerciale e meno raffinato, adatto ad un pubblico giovanile diciamo così maggiormente generalista. Che forse – è possibile – potrà onerare, magari sull’onda del passaparola, questo Love Lies Bleeding, decretandone un discreto successo al box-office.

In sala dal 12 settembre 2024.


Love Lies Bleeding – Regia: Rose Glass; sceneggiatura: Rose Glass, Weronika Tofilska; fotografia: Ben Fordesman; montaggio: Mark Towns; musica: Clint Mansell; interpreti: Kristen Stewart, Jena Malone, Katy O’Brian, Dave Franco, Ed Harris, Anna Baryshnikov, Keith Jardine, Lily Harris, David DeLao, Jerry G. Angelo, Matthew Blood-Smyth; produzione: Andrea Cornwell, Oliver Kassman per A24, Escape Plan Productions, Film4, Lobo Films; origine: Gb/USA, 2024; durata:104 minuti; Distribuzione: Lucky Red.

 

 

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