Suzume di Makoto Shinkai

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Il fulcro di partenza del film d’animazione Suzume è una catastrofe naturale rimasta nell’immaginario collettivo giapponese, il terremoto dell’11 marzo 2011. Il cataclisma, seguito da uno tsunami, ha causato, oltre l’ingente numero di vittime, seri problemi alla centrale nucleare di Fukushima, che hanno costretto ad evacuare una zona di migliaia di abitanti. È stato uno dei peggiori terremoti nella storia dell’isola-nazione. Quindi non stupisce che il regista Makoto Shinkai lo prenda come motivo principale per il suo nuovo anime.

Il titolo del film altro non è che il nome della protagonista. La giovane orfana Suzume si ritrova, dopo uno strano sogno e uno strano incontro con uno sconosciuto avvenuto sulla strada per la scuola, catapultata in una corsa contro il tempo, alla ricerca di villaggi abbandonati e in rovina, per evitare che delle potenti forze, di cui lei ha involontariamente innescato il meccanismo spostando una pietra-sigillo, possano attraversare le porte, dal sottosuolo verso il nostro mondo, e quindi provocare terremoti in varie località giapponesi.

La ragazza si avventura in un viaggio attraverso il Giappone, alle costole di un gattino bianco, che la sfida a farsi prendere comparendo attraverso i canali dei social media. È infatti grazie a questi che Suzume riesce a localizzarlo ogni qualvolta una porta sia stata aperta. Mentre è grazie ai consigli di una seggiolina gialla, che la ragazza si porta continuamente appresso, che si evita il formarsi di nuove catastrofi. Perché è proprio il gatto, chiamato Daijin, la causa dell’apertura delle porte, il generatore di caos, permanentemente irraggiungibile. Mentre lo sconosciuto si rivela essere Sōta, il guardiano delle porte, il quale viene subito reso inattivo da Daijin. Il gatto, infatti, lo ‘imprigiona’ nella seggiolina rotta tanto cara alla ragazza, unico ricordo rimasto della madre, e che nasconde altri segreti di cui sapremo solo a fine film, quando Suzume dovrà scegliere se uccidere lo smisurato verme – figura che incarna lo spirito malvagio del terremoto -, o salvare l’amato Sōta.

Suzume si muove contemporaneamente fra due generi. È un road movie, un viaggio alla scoperta di città e di luoghi, abbandonati proprio a causa di altri terremoti, che avvenuti in un Giappone già lontano nel passato, ritornano ad essere presenze vive grazie alle porte che vi si aprono. Il percorso è segnato anche da una serie di incontri con vari personaggi, i quali, in un modo o nell’altro, si ingegnano per aiutare la ragazza a raggiungere i suoi obbiettivi. È senza dubbio un coming of age come quasi tutti gli anime giapponesi che si possono collocare in questo genere di film. Nel corso della storia, e del viaggio, Suzume si arricchisce di esperienze ed acquista una maturità, anche in seguito alle scelte fatte, che la rendono indipendente dal suo legame con la zia che l’ha accudita fin da bambina. Allo stesso tempo la sua storia con Sōta cresce e diventa qualcosa di più di una semplice amicizia.

Il film pecca di un certo manierismo neanche tanto nascosto. Anche se un po’ di manierismo non guasta se si vuole fare un film per il vasto pubblico, che sia d’intrattenimento, e raggiunga, nonostante il tema non troppo facile, sia giovani che meno giovani, come il regista ha ammesso di aver voluto realizzare. Sicuramente Shinkai è uno che in questo ci sa fare. Durante la conferenza stampa alla Berlinale di quest’anno, dove il film è stato presentato in Concorso, egli stesso ha fatto notare alcune citazioni volutamente palesi. Saltano subito agli occhi la ripresa di elementi che ricordano esplicitamente i film dello Studio Ghibli. Citazioni da Kiki – consegne a domicilio (Majo no takkyūbin, 1989, Hayao Miyazaki), in particolare nel logo del gatto nero sul furgone per le consegne, oppure è facile riconoscere il gatto che viaggia in treno come una dedica a Sospiri del mio cuore (Mimi wo sumaseba, 1995) di Yoshifuri Kondō, prodotto anche questo dallo Studio Ghibli. Per quanto riguarda l’estetica delle immagini, Shinkai riproduce la stessa formula colore-luce dei suoi precedenti film, Your Name (Kimo no na wa, 2016) e Weathering with You (Tenki no ko, 2019), che in quest’ultima opera entra ben in simbiosi con la romantica visione dei molti luoghi abbandonati e ormai in rovina, ricoperti da edere e acqua.

Di certo il grandioso finale ci ricorda quello di La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi, 2000, Hayao Miyazaki), ma anche le lotte contro i boss del videogioco ormai diventato un cult, La leggenda di Zelda, tanto per rievocare il non meno importante immaginario ludico giapponese, altrettanto popolare quanto quello filmico. Anche qui, nei momenti in cui la protagonista accende il cellulare e ritrova il gatto Daijin in luoghi identificabili, non possiamo evitare di tornare con la memoria al videogioco Pokémon Go, che permette di geolocalizzare figure di Pokémon in una realtà aumentata. Che questo gusto per una ‘certa maniera’ sia oltremodo arricchito da una ‘mania’ dei dettagli va da sé, ed il film vive di entrambi: la precisa riproduzione grafica di minuziosi particolari, quali ad esempio gli schermi dei cellulari, con i suoi gadget tanto amati dalle giovani generazioni permette una maggiore identificazione del pubblico.

Un film, comunque, sicuramente da vedere, fosse anche solo per l’immagine della seggiolina gialla a tre zampe che viaggia sui treni o corre in giro per le strade dell’isola giapponese, una figurina che più di altre – ma anche il gattino bianco non scherza! – rimane ben impressa nella memoria dello spettatore.

In sala dal 27 aprile 2023


Suzume  (Suzume no tojimari )   Regia e sceneggiatura: Makoto Shinkai; musiche: Kazuma Jinnouchi, Radwimps; produzione: Aniplex, East Japan Marketing & Communicatons Inc., Kadokawa, Lawson Entertainment, Toho Company, Voque Ting; origine: Giappone, 2022; durata: 122′; distribuzione: Sony Pictures Entertainment Italia.

 

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