Talk To Me di Danny e Michael Philippou

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Il piano sequenza iniziale è buono e, anche se dura relativamente poco, è molto interessante per come è girato e per cosa mostra. Un omicidio-suicidio sotto la luce di tanti smartphone avidi di qualcosa da raccontare, da far vedere. Giovani adulti annoiati, alla ricerca di un perenne giocoso stordimento. Nel caso del nostro film, Talk To Me, le cose vanno male e, come dicevamo, è solo l’inizio.

Altrettanto buono è il personaggio protagonista dello sviluppo della nostra storia, la giovane Mia, interpretata, molto bene, da Sophie Wilde: il film si regge su di lei per scelta narrativa e per scelta formale, tanto che a volte si ha la sensazione di assistere a un thriller psicologico in cui quello che vediamo sembra essere tutto il frutto delle allucinazioni di Mia. La giovane e bella protagonista ha subito un trauma, che in realtà faticheremo a comprendere bene, e trova rifugio in una amica Jade (Alexandra Jensen) e nel suo fratello più piccolo. Insieme formano il cerchio magico che tiene fuori il mondo per non soffrire, ma la tentazione di essere accettati dal gruppo è sempre maliziosamente presente nella vita dei ragazzi e anche degli adulti. Per essere accettata e forse per vivere, Mia si ritrova a una festa che si ripete da qualche giorno, ovviamente già documentata dai telefoni degli invitati, in cui, attraverso il calco di una mano, si può entrare in contatto con spiriti spaventosi.

Buona è questa prima parte del film, che appartiene al genere teen horror, non è molto paurosa, ma è efficace nel descrivere le relazioni dei personaggi e le loro motivazioni, che poi sono quelle, secondo il nostro modesto intuito, degli stessi autori, sceneggiatori e registi australiani, i fratelli Danny e Michael Philippou, approdati al cinema da You Tube, con il desiderio di stupire e di confermare il loro talento in una dimensione così grande come il cinema.

La seconda parte del loro film è un delirio caotico. Ma buona. E questo conferma nel bene e nel male l’ispirazione dei due autori che hanno il merito evidente di girare scene non banali se pur a volte un po’ confuse. Mia è vittima o colpevole? Questo dubbio è suo come degli spettatori. E il dubbio genera angoscia, a dispetto di quello che pensava il padre della cultura occidentale, il grande pensatore Socrate, la cui ironia avrebbe forse dovuto investire il suo stesso metodo fondato sul dubbio. Cartesio cercherà di porvi rimedio confidando nella realtà certa e metafisica del pensiero stesso, la cui verità è garantita da Dio.

Un film, quindi, che non impaurisce molto, che non terrorizza, ma riflette e fa riflettere sulla pericolosità della solitudine e su come possa degenerare ingannando la nostra mente. Non ci sono demoni, non ci sono angeli, non c’è Dio, e forse per questo c’è tanta solitudine, ma, come scrivevamo, è questo che rende interessante la visione di Talk To Me. Un film interessante, di intelligenza narrativa non usuale.

In sala dal 28 settembre


Talk To Me Regia sceneggiatura: Danny e Michael Philippou; fotografia: Aaron McLisky; montaggio: Geoff Lamb; effetti speciali: Josh Head; musica: Cornel Wilczek; interpreti: Sophie Wilde, Miranda Otto, Joe Bird, Alexandra Jensen, Otis Dhanji, Marcus Johnson, Alexandria Steffensen, Zoe Terakes, Chris Alosio; produzione: Kristina Ceyton; origine: Australia, 2022; durata: 95’; distribuzione: Plaion Pictures.

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