Uomo e galantuomo per la regia di Armando Pugliese

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Lallalarallì, lallalarallà!

È un mondo di pazzi, o presunti tali. È un mondo di attori, o presunti tali. Perché alla fine sono tutti pazzi e tutti attori a questo mondo, è poi saperci vivere il problema. Armando Pugliese riporta Uomo e galantuomo sul palcoscenico e lo fa senza sorprese: scenografia classica, soundtrack leggero e un cast d’eccezione (e non solo nelle star) che rende giustizia all’opera di De Filippo. Se la scrittura c’è, insomma, devi solo trovare loro: chi lo sappia mettere in palco e ne sappia essere al contempo co-protagonista e protagonista primo. L’arte di sapersi prendere la scena.

La compagnia L’eclettica finisce a Bagnoli, località balneare, e ci finisce a spese del ricco Alberto De Stefano (Lorenzo Gleijeses). La compagnia fa però fiasco

Il pubblico è rimasto deluso.

No, non deluso. Direi freddino, ecco.

E deve rimediare. Il capocomico Gennaro De Sia (Geppy Gleijeses) punta allora su il dramma Malanova di Libero Bovio, le prove si rivelano però a loro volta un “dramma comico” con gli incapaci attorucoli che fanno a pezzi l’opera suscitando l’ilarità di Alberto stesso. Il ricco proprietario dell’albergo deve però stare attento a ridersela.

L’amante Bice, misteriosa donna, gli comunica di trovarsi incinta e lui vorrebbe prendersene carico, tuttavia non sa né dove la donna abita né che in effetti un marito la donna già ce lo ha, e non uno qualsiasi: il conte Tolentano (Ernesto Mahieux). Non rimane che tornare al nostro Don Gennario, occupato con la sua “buatta con molta acqua” per fare i bucatini. Ma neppure lui può fare sogni tranquilli. Ha messo incinta la primadonna della compagnia, e il fratello vuole riparazione. Ci sono tutti gli ingredienti per far saltare il banco, e se non il banco almeno la pentola piena d’acqua bollente che sui piedi di Don Gennario finisce

Sant’Antuono, protettore del fuoco! Aiutatemi!

E deve ammettere:

L’artista è sempre distrutto…

Uomo e galantuomo è l’opera prima di Eduardo De Filippo. Scritta nel 1922, mantiene al suo interno alcuni temi già cari all’autore: pazzia, osmosi tra vita e palcoscenico, scarto sociale e vizi dell’altra borghesia. Ma soprattutto si caratterizza per essere un meccanismo comico straordinario. I meccanismi girano e le rotelle s’incastrano al momento giusto con l’aiuto del napoletano che è già di per sé lingua che la vita sul serio non la prende mai, e comunque serie cose le dice. Soprattutto se a dirle è un capocomico, nella storia come sul palcoscenico.

Il gioco è così portato avanti da lui, Geppy Gleijeses, allievo di Eduardo e con alle spalle sette interpretazione delle opere del Maestro, accompagnato da Lorenzo Gleijeses, allievo prediletto di Eugenio Barba, e dal David di Donatello Ernesto Mahieux per L’imbalsamatore. I tre fanno girare bene la scena e sono accompagnati da un buon cast, con un note di lode per Gino Curcione nell’irresistibile parte del suggeritore. È infatti una commedia che ha come testa d’ariete una scena in particolare: le prove della Malanova di Libero Bovio sono un momento talmente esilarante da sospendere il tempo. Dal momento in cui Don Gennario mima l’apertura della porta all’arrivo di Alberto, si è nella comicità più travolgente e ci si fa travolgere con piacere.

Uomo e galantuomo di Armando Pugliese rimane fedele a De Filippo. Lì rimaniamo, e non si fanno molti passi in avanti. La scenografia è classica, il soundtrack pure, e a fronte di un cast ottimo il ritmo è buono solo nella prima parte e cala sul finale. Alcuni passaggi, da una scena alla successiva, risultano un po’ meccanici e perdono di fluidità. Insomma, si preferisce la conservazione all’evoluzione.

Non che sia un errore ovviamente, eppure dà spazio per la sempiterna domanda: un passo in più, per avvicinare a orecchie più giovani il teatro di una volta, rischia di mettere fuori gioco a prescindere l’opera o potrebbe essere occasione di rilancio per la stessa? Si andrebbe nel campo dell’esperimento, è vero, e quindi con potenziali fallimenti alle porte, ma non sarebbe scusato? Dopotutto, a un certo punto, è necessario scegliere: sopravvivenza per pochi o vivere per molti. I registi di Shakespeare questa domanda se la pongono da cinque secoli e il Bardo è ancora sulla scene, e non è l’unico, si pensi al teatro greco e romano, tragedia o commedia che sia. È forse ora che ce le poniamo pure noi per autori che di secoli ne hanno molti meno? In ogni caso, male che vada, la via di fuga De Filippo ce la suggerisce anche, ed è passo di danza, canticchiando un

 Lallalarallì, lallalarallà!

In scena fino al 5 marzo al Teatro Quirino, Roma.


Uomo e galantuomo di Eduardo De Filipporegia: Armando Pugliese; interpreti: Geppy Gleijeses, Lorenzo Gleijeses, Ernesto mahieux, Antonella Cioli, Ciro Capano, Gino Curcione, Roberta Lucca, Irene Grasso, Gregorio Maria De Paola, Salvatore Felaco, Brunella De Feudis; scene: Andrea Taddei; costumi: Silvia Polidori; musiche: Paolo Coletta; luci: Gaetano La Mela; aiuto regia: Norma Martelli; produzione: Gitiesse Artisti Riuniti, Teatro Nazionale della Toscana.

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