
Già in The Weather Inside (Das Wetter in geschlossenen Räumen, 2015) la protagonista Dorotea, partita per un paese minacciato dalla guerra civile allo scopo di organizzare una campagna umanitaria, si tuffava ardentemente in una bizzarra avventura sentimentale con Alec, un ragazzo più giovane di 24 anni. Imprigionata e divorata dalla sua passione, la donna rischiava di perdere il controllo e di rovinare il progetto umanitario e la sua vita.
In Grand Jeté, a parte la differenza di età, il presupposto è diverso e il film si spinge molto oltre: Stever infatti si focalizza sul rapporto madre -figlio, analizzando pericolosamente un legame dapprima inesistente, poi ossessivo e infine carnale ed erotico.
Lo fa con uno sguardo delicato e gioca, almeno inizialmente, sui contrasti chiaro-scurali; poi, progressivamente il “gioco” diventa sempre più assillante fino a diventare morboso e quasi estenuante. E allora anche le scene osano di più, lasciando poco spazio all’immaginazione e alla fantasia.
Nel dettaglio: Nadja (Sarah Nevada Grether) è una ballerina votata alla carriera e, per essere più focalizzata sui suoi obiettivi, ha lasciato il figlio Mario con sua madre, in modo che lo crescesse lei.
La sua occupazione principale è fare l’insegnante – severa e austera – in una scuola di danza: per il resto le sue giornate trascorrono solitarie e monotone.
Un bel giorno decide di voler ricostruire un legame con il ragazzo, ormai già adolescente e il rapporto tra i due finisce per oltrepassare ogni barriera e ogni tabù.
E’ un viaggio e un insolito percorso che ovviamente lascerà le tracce in entrambi: Nadja, dapprima rigida e austera comincia a conoscere meglio il suo corpo e ad accoglierlo, scoprendo una nuova morbidezza e a modo suo un modo insolito di vivere la maternità. Mario la ama con tutti i contrasti e i drammi interiori di un adolescente schivo e introverso.
Pur ricostruendo efficacemente le tappe di questo rapporto e la sua evoluzione, dapprima affettuosa, progressivamente sensuale e conturbante, pur volendo essere distaccati da un qualunque giudizio morale sull’intreccio, alcune immagini di Grand Jeté potrebbero risultare eccessive fino a quasi infastidire, in alcuni momenti, la sensibilità dello spettatore (i due amanti che giocano sul letto in modo sempre più spinto, sono sempre madre e figlio).
La Stever gioca molto sulla crescita, anche interiore dei due personaggi e lo sa fare molto bene, stimolando la curiosità e il desiderio di saperne di più di tutti e due.
Nadija e il suo mondo di sofferenza vengono ben evidenziati, così come il maggiore distacco e la voglia di esplorare del figlio Mario, un “Edipo” moderno, coinvolto in questo strano rapporto, ma con uno spirito d’indipendenza già ben sviluppato.
L’epilogo – alquanto inusuale – finirà per liberare i due amanti dalla loro bizzarra unione e chiuderà finalmente un ciclo evolutivo per aprirne un altro.
Un film ben strutturato e molto curato per l’approfondimento psicologico dei protagonisti.
Da guardare, però, senza farsi trascinare da un forse “naturale” giudizio morale. E non è semplice.
PS: al progetto inizialmente sono stati negati i fondi cinematografici pubblici e per questo motivo, a quanto pare, alla regista è sembrato ancora più interessante raccontare una storia del genere.
Cast & Credits
Grand Jeté regia: Isabelle Stever; sceneggiatura: Anna Melikova ; fotografia: Constantin Campean; interpreti principali: Sarah Grether, Emil von Schönfels, Anna Presting, Stefan Rudolf, Maya Kornev, Susanne Bredehöft, Ellen Müller; ; produzione: Brave New Work Film Production; origine: Germania; durata: 105′; distribuzione internazionale: Little Dream Entertainment GmbH.