In anteprima alla Festa del cinema di Roma ed ora in sala, Misericordia, lungometraggio diretto da Emma Dante è tratto come il precedente, Le sorelle Macaluso (2020), da una sua pièce teatrale (che prosegue la sua fortuna in giro per il mondo).
Tra questo e quel film, però, c’è stato lo stupro di Palermo del luglio 2023, che ha prodotto una reazione ferocissima della regista palermitana, affidata al suo profilo social: “Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. A che serve quel coso moscio, quel pezzetto di carne che pesa meno di un etto, quella protuberanza fastidiosa che a volte si mette a destra e a volte a sinistra, quel naso brutto senza narici, quella piccola sporgenza imbarazzante, quell’illusione di centro del bacino, centro del maschio, centro del mondo, quel palloncino che si gonfia con la pompetta della libido e diventa arma tagliente, pugnale penetrante, esaltazione dell’io, pene immondo che insozza la poesia di corpi sublimi fatti di vallate e promontori. Perché non asportarlo subito quel pungiglione velenoso?”.
Si capisce allora la vis polemica irriducibile che anima questa sua nuova opera massmediale, che nel programma della Festa di Roma è stata così presentata: “un pietoso e indignato atto di fede nella forza e nell’umanità delle donne, materne lottatrici in un mondo di maschi disgustosi”.
Con tali premesse l’incipit non stupisce: è un femminicidio che fa male, mette a disagio. Una scena di violenza tossica, patriarcale, maschilista; mentre si sgretola sintomaticamente la montagna sopra la Contrada Tuono, tra Erice e San Vito Lo Capo, a due passi dal paradisiaco Golfo di Macari (assurto a recente fama televisiva). Qui non è il paradiso però, siamo semmai dalle parti dell’inferno, e il diavolo di turno si chiama Polifemo, perché ha un occhio solo (come il Giacinto di Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola).

Lucia, la prostituta incinta, precipita in mare, ferita a morte da una violenza ottusa e cieca. Poi nasce Arturo, un evento lieto che non redime alcuna colpa, mentre una pecora lo osserva attonita: c’è solo la natura indifferente ad assistere all’eterno miracolo della procreazione. Intorno esiste e resiste un mondo rupestre, arcaico e pastorale; in cui gli esseri umani sono ridotti a uno stato ferino, tra lamiere arrugginite di bidonville e muri scrostati (vedi il succitato film di Scola; ma vedi anche il cinema di Pasolini, di cui s’ode sin qui la tragica poesia del mondo derelitto).
Perché lo sguardo dell’autrice è qui severo e provocatorio, mai riconciliato, non indifferente. Crudele come il mondo che desidera criticare, mosso da un intransigente femminismo militante. Schietto, diretto, privo di mediazioni censorie o morali. Gli esseri umani sono mostrati nelle loro oscene nudità e il mondo sciorinato nella sua orrenda sgradevolezza, che non è quella dei corpi nudi e obesi ma della violenza endemica e impunita.
Dal cast de Le sorelle Macaluso ritorna la sua interprete più memorabile, l’intensa Simona Malato, che abbiamo poi rivisto ancora In Stranizza d’amuri, Una femmina, Spaccaossa, e Solo per passione – Letizia Battaglia. È una delle tre prostitute che si prende cura dell’orfano protagonista. Sul banco degli imputati ci sono gli uomini adulti (non tutti per la verità), tra cui spicca per perfidia e abiezione il solito Fabrizio Ferracane, attore dotato e gentile che continua a regalarci una galleria di nuovi mostri (a partire dal “cassiere di Cosa nostra” Pippo Calò de Il traditore di Marco Bellocchio), cui qui aggiunge ulteriori elementi di laidezza criminale. Fa il magnaccia ma lo chiamano porco.

Poi però ci sono le ascendenze teatrali, da cui proviene la regista e anche il soggetto del film – come già segnalato – qui rappresentate dalle sequenze più policrome e sognanti, in cui la tragedia trasvola in favola, e la ferocia si stempera in tenerezza. In questo quadro fosco, apparentemente irredimibile, la regista decide di far trapelare una luce di speranza, sulle note di Avrai di Claudio Baglioni, in stridente contrasto antifrastico; usata poeticamente alla stessa stregua di come veniva usata Meravigliosa creatura di Gianna Nannini ne Le sorelle Macaluso.
Emma Dante dedica il film al figlio adottivo figlio Dimitri, da cui tutto ebbe inizio. Dalla sua danza da derviscio disabile, che costituisce la prima remota scaturigine del dramma, nutrito dei dolori del mondo, dei suoi crimini perpetui e dei riscatti insperati.
Presentato in anteprima alla Festa di Roma (sezione Special Screenings)
In sala dal 16 novembre 2023
Misericordia – Regia: Emma Dante; soggetto: tratto dalla pièce omonima; sceneggiatura: Emma Dante, Elena Stancanelli, Giorgio Vasta; fotografia: Clarissa Cappellani; montaggio: Benni Atria; musica: Gianluca Porcu; interpreti: Simone Zambelli, Simona Malato, Tiziana Cuticchio, Milena Catalano, Fabrizio Ferracane, Carmine Maringola, Sandro Maria Campagna, Marika Pugliatti, Georgia Lorusso, Rosaria Pandolfo; produzione: Rosamont con Rai Cinema; origine: Italia, 2023; durata: 95 minuti; distribuzione: Teodora Film.
Foto di Marie Gioanni