
L’opera prima di Julia de Paz, tenera e dolorosa al tempo stesso racconta la maternità filtrata attraverso lo sguardo di una donna quasi ai margini della società, Pepa (Tamara Casellas), che si arrangia a stento e cerca di vivacchiare un giorno dopo l’altro.
La naturale difficoltà di essere madre è resa qui ancor più complicata dalla miseria in cui lei e la sua simpatica figlia Leila vivono e dalla mancanza quasi assoluta di una rete di sostegno capace di supportarle e sostenerle in momenti difficili.
Costretta a tirar tardi la sera per tirare su qualche soldo, Pepa, viene cacciata di casa dalla coinquilina che non sopporta più il suo stile di vita anarchico, trasandato, sciatto e senza una regola.
Pepa a stento riesce a badare a sé stessa e si ritrova di punto in bianco a vagare per strada, da sola, con la figlia che spesso piange per capricci, si lamenta ed esprime i naturali bisogni di una bambina della sua età. La strada e la necessità le costringono a ricostruire i fili di una relazione fino a questo punto assente. Da sole e senza aiuto esterno, sono costrette a rapportarsi, a dialogare, a ricercare una naturale forma di convivenza e di condivisione. L’ex compagno della donna infatti non è disposto a occuparsi della bambina, la coinquilina la “abbandona al suo destino” e Pepa, per la prima volta costretta a occuparsi di sua figlia, si ritrova a riallacciare con difficoltà i fili del suo passato che sembra confuso e oscuro e le cui ombre ancora sembrano pesare sul presente.
Trasandata e poco cresciuta, pigra, senza vere esperienze, senza un lavoro fisso e con una figlia a carico Pepa è costretta ad adeguarsi ad uno stile di vita ancora più misero di quello in cui già arranca.

Lo sguardo della protagonista Tamara Casellas è duro, cinico, provato, ma mai eccessivamente enfatico o esageratamente pieno di pathos. La sua interpretazione è piena, appassionata e realistica al tempo stesso, lucida, rabbiosa e senza fronzoli.
È lo sguardo di una persona che sa che è arrivato il momento della resa dei conti, intesa soprattutto in senso spirituale: Pepa, non ha più appigli esterni, non ha più la possibilità di rimandare, di delegare, di non riflettere con lucidità e senso pratico sul suo presente.
La legge della strada non ammette sbagli e la donna deve prendere adesso la sua vita in mano senza se e senza ma.
Lo farà, dopo non poche esitazioni, ritornando nella sua casa d’origine e riallacciando il rapporto proprio con sua madre che per orgoglio, tristezza e trasandatezza aveva lasciato lì, in una dimensione di sospensione in cui tutto era rimasto esattamente fermo e immobile.
La sua evoluzione di donna e madre ricomincerà cercando di smuovere e di rianimare proprio quel rapporto madre-figlia rimasto fisso e stagnante in una dimensione spazio temporale indefinita. Faticano ancora a capirsi e a dialogare tra di loro… troveranno il modo per farlo , proprio come lei e Leila.
Un bel film al femminile che tratta in maniera universale il complicato rapporto tra mamma e figlia che nel tempo può evolvere, cambiare pelle, ritornare, magari in un’altra veste e con un significato rinnovato ma il cui filo indissolubile e resistente non potrà mai essere reciso.
Ama– regia: Julia de Paz; sceneggiatura: Nuria Dunjó, Júlia De Paz Solvas ; fotografia:Sandra Roca ; musica: Martín Sorozabal; interpreti: Tamara Casellas, Leire Marín, Estefanía de los Santos; produzione: La Dalia Films ; origine: Spagna, 2021; durata: 90’.