Le buone stelle – Broker di Kore’eda Hirokazu

  • Voto
3.5

In Corea piove sempre. Non è vero, però dalla filmografia coreana pare che se sempre non piova, comunque la vita giri intorno alle gocce d’acqua e alle iridescenze che la luce crea nell’attraversarle e poi depositarsi sul mondo. È tutto bagnato, è tutto annacquato, colori freddi ad avvolgere i caldi. Comprese lacrime di madre che cadono nel wc.

Ogni tanto sogno la pioggia che porta via ciò che sono stata fino a ieri. Ma poi mi accorgo che sono pioggia.

 Kore’eda Hirokazu firma il suo secondo film in terra e in lingua straniera, Le buone stelle – Broker. Dopo la produzione franco-nipponica Le verità che nel 2019 apriva le danze del Concorso di Venezia 76′, questa volta il regista giapponese si sposta di relativamente poco (almeno a paragone di chilometraggio) e finisce in Corea del Sud, o meglio, lungo la Corea del Sud. La pellicola è infatti un on the road, e come il più classico degli on the road chi sulla strada si trova è un gruppo che più disparato non può essere perché, come s’intitolava il suo film vincitore della Palma 2018, è Un affare di famiglia a quattro ruote quello che vediamo, laddove è il concetto stesso di famiglia a essere messo in gioco. Tra piogge, autolavaggi e lacrime si cerca una soluzione per un bambino che sia anche propria, e per resistere al diluvio interiore ed esteriore forse

Ti serve un ombrello bello grande.

Ombrello metaforico o reale che sia.

Una donna avanza nell’oscurità piovosa fino a una baby-box. Il neonato non viene però inserito nella speciale culla, viene lasciato fuori, tocca a qualcun altro farlo per lei, una detective che insieme alla collega stava sorvegliando quella baby box e un presunto traffico illecito di bambini. Il giorno dopo la neomamma, So-young (Ji-Eun Lee), torna per riprendersi il piccolo Woo-sung, ma non lo trova. Dove è finito? È finito nelle mani pseudo-amorevoli di Sang-hyeon (Song Kang-ho) e Dung-Soon (Gang Dong-won), mediatori per lavoro tra neo-genitori che vogliono liberarsi dei loro neonati e genitori futuri che un bambino lo vorrebbero. Insomma, speculatori, Broker, per benevolenza, certo, per ricompensa, pure: 10 milioni di Won il valore di un bambino. A salire. La ragazza accetta così di fare parte della banda, tanto per il denaro, tanto per trovare al piccolo dei validi genitori, tanto per fuggire da qualcosa di cui soltanto lei è a conoscenza e che ha il sapore di una condanna.

Inizia così un viaggio per la Corea alla ricerca di una famiglia tradizionale per Woo-sung, mentre questa famiglia allargata è in fuga da chi il bambino lo vorrebbe a tutti i costi. E chi invece vorrebbe a tutti costi loro, i nostri due speculatori, per metterli dietro le sbarre, e nel farlo si chiede:

Ma sono due broker professionisti o improvvisati?

Kore’eda ci porta un bel esperimento. Ormai abituati da un cinema coreano che negli ultimi anni ci dona titoli di buon livello, da parte di cineasti che pigliano dal cinema americano ed europeo e mescolano con tematiche essenzialmente loro, in primis la disuguaglianza sociale, il regista giapponese porta invece la sua visione nipponica su un suolo prossimo. Insomma, un orientale che s’innesta nell’Oriente stesso. Due culture diverse, comunque provenienti dallo stesso ceppo, e con uno sviluppo filmico differente perché un nipponico vedrà in Corea cose che un coreano non vede. Detto ciò, anche Kore-eda parte dalla pressione che la società imprime sul singolo, in questo caso sulle giovani madri, e sull’idea di famiglia che domina la nostra società, in scoperta sfida con la possibilità di una famiglia che tale può essere nel suo essere il meno tradizionale possibile.

Tuttavia, il regista giapponese porta in Corea il suo stile e la sua visione, e la direzione che assume la pellicola è indicativa: un on the road leggero che esce dalla rete costrittiva tipica della filmografia coreana. La leggerezza la dona il tono generale e viene portata anzitutto da loro due, i due broker mezzo professionisti e mezzo improvvisati con uno splendido (di nuovo) Song Kang-ho (Snowpiercer, Parasite), vincitore del premio del miglior attore a Cannes.

I due sono però i primi indicatori di una leggerezza che certo sussiste, ma è bagnata, piovuta e acquarellata come lo sono i colori forti dell’intera pellicola: ognuno dei personaggi è leggero perché leggera è la modalità con cui cerca di sostenere la pesantezza del problema che sostiene, sino a quando quella leggerezza non soffre il reale peso e anch’essa si deforma. Insomma, si sfalda. Ognuno ha un debito o un credito (svelato o nascosto da principio) nei confronti della paternità/maternità e l’abbandono e ciascuno cerca di scenderne a patti, chi più chi meno, con ciò che le dà corpo: Woo-sung, novella valigetta luminosa (Pulp fiction, Fargo, Non è un paese per vecchi, e ultimamente proprio Nido di Vipere) fatta bambino, però dalla valenza purificatrice e non diabolica.  La ricerca dei personaggi, allora, e prima di tutto della giovane madre, è tanto di un momento di respiro, quanto di qualcosa di più grande, un’espiazione che se non sia completa, almeno sia lenitiva:

Grazie per essere venuto al mondo, Sang-hyeon

Grazie per essere venuto al mondo, Dung-Soon

Grazie per essere venuto al mondo, Woo-sung

Ma soprattutto

Grazie per essere venuta al mondo, So-young

Le buone stelle – Broker è un film gentile, forse a tratti troppo, a peccare di ingenuità. La realtà è che Kore’eda preferisce il momento indagatore e rivelatore dell’intimità psicologica alla fluidità della narrazione e quindi si ha l’impressione di non essere portati dalla corrente quanto di andare di propria sponte e forza da una boa a quella successiva. L’effetto non è dei più facili né magari dei più riusciti, certo le tematiche subiscono d’altra parte un’indagine da più lati quanti sono i personaggi in gioco, e regala alcune scene che saranno iconiche per il cinema del futuro, quali quella della preghiera e della ruota panoramica. Scene in cui per proteggersi, oltre all’ombrello, si mostra come sia importante anche dare una mano, non tanto in qualità metaforica di aiuto, quanto per saper chiudere gli occhi, i propri, e saper chiudere gli occhi, altrui. Per non vedere cosa si sta per fare, per non vedere cosa si è fatti a se stessi. Per perdonarsi e per rendersi conto, da madre, che questo bambino

non è stato abbandonato, è stato protetto.

In modo diverso, in modo altrettanto efficace. E più di così non potevi fare.

 

Dal 13 ottobre al cinema.


Le buone stelle – Broker – regia e sceneggiatura:  Hirokazu Kore’eda; fotografia: Hong Kyung-pyo; montaggio: Hirokazu Kore’eda; musiche: Jung Jae-il; scenografia: Lee Mok-won; costumi: Choi Se-yeon; trucco: Kim Seo-young; interpreti: Song Kang-ho, Doona Bae, Gang Dong-won, Ji-Eun Lee; produzione: Zip Cinema; origine: Corea del Sud, 2022; durata: 129’; distribuzione: Lucky Red, Koch Media.

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