Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese

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L’idea di partenza era sicuramente eccellente – costruire un film “multitasking” insieme antropologico, politico-storico ma anche di genere poliziesco investigativo o melodrammatico – la realizzazione concreta sullo schermo, forse, un pochino meno.

Ci spieghiamo meglio: tratto dall’omonimo libro-inchiesta (2017) del giornalista David Grann immediatamente pubblicato anche in Italia dal Corbaccio con il titolo Gli assassini della Terra Rossa: Affari, petrolio, omicidi e la nascita dell’FBI. Una storia di frontiera, si narra una terribile e poco nota storia di truffa/persecuzione contro una minoranza razziale negli Stati Uniti, quella della Nazione dei nativi americani Osage, una delle tribù pellirossa meno note e bellicose. Sballottati nel corso dei secoli dai destini della colonizzazione USA dalla primigenia Valle del fiume Ohio, per il Missouri, l’Arkansas e il Kansas, sino ad approdare nell’Oklahoma, in quest’ultima loro Riserva, gli Osage, al posto della miseria nera come avrebbero voluto i bianchi, erano paradossalmente assurti “al popolo con il reddito pro-capite più alto della Terra” avendo scoperto nelle loro terre l’oro nero. Si è trattato di un bizzarro scherzo della Storia destinato a non durare molto a lungo e che i bianchi avrebbero cercato al più presto di cancellare, facendo valere il loro diritto naturale di spietati predatori (per di più maschilisti) nei confronti delle minoranze più deboli come quella della Nazione Osage.

Il film di Martin Scorsese inizia proprio con l’arrivo in treno di Ernest Burkhart, alias Leonardo DiCaprio, un soldato reduce della Prima guerra mondiale dove aveva combattuto in Francia (ma solo dietro i fornelli della cucina da campo) nella cittadina di Fairfax. Qui in questo luogo in ribollente sviluppo per gli affari e le concessioni del petrolio e quindi meta di ogni sorta di umanità, buona o cattiva che sia, qui gli indiani sono i ricchi padroni della zona, vengono serviti ma fintamente riveriti dai bianchi, grazie al denaro che consente loro auto di lusso e abitazioni sfarzose. Tuttavia, la prolungata frequentazione con i visi pallidi, i matrimoni misti (in gran parte per bieco interesse) li ha sempre più indeboliti rendendoli sempre più alla mercé di intrighi, omicidi e imbrogli vari che ovviamente la legge locale non persegue, anzi aiuta o fomenta.

Il peggiore di tutti, il villain di questa storia vera, è “King” William Hale, ovverosia uno scatenato Robert De Niro, che parla la lingua siouan dei nativi, sembra il loro miglior amico ma in realtà trama subdolamente alle loro spalle per assicurarsi con ogni mezzo possibile, legale ma soprattutto illegale, le varie concessioni petrolifere degli indiani per dirottarle verso la sua famiglia. Il nostro volpone, the King, per realizzare i suoi loschi piani, approfitta del nipote Ernest che come si diceva, era tornato dalla guerra in Europa senza arte né parte ma con tanta voglia di fare la bella vita anche lui. Non che DiCaprio sia un vero furfante no, non lo è, è solo un ragazzo confuso, maldestro, credulone e abbastanza scemotto che facilmente cade nella rete intessuta dal diabolico e spietato Hale. Così grazie agli intrighi dello zio, pur non essendo un adone come in altri film – qui Scorsese ha ingrassato e imbruttito DiCaprio abbastanza a dovere – Ernest riesce a sposare l’indiana Mollie (una deliziosa Lily Gladstone), che insieme alle sorelle e alla vecchia madre malata possiede una delle più ricche concessioni petrolifere di Fairfax. Paradossalmente i due si amano davvero, hanno dei figli ma sono entrambi come ciechi rispetto agli intrighi intorno a loro che li portano o quasi alla catastrofe, tanto che lui quasi avvelena la moglie pensando di curarla dal diabete (ovviamente dietro consiglio del subdolo zio).

Per due buone ore – in questa epica storia familiare che dura la bellezza di 206 minuti – assistiamo dunque al duetto attoriale tra un personaggio mezzo scemo del villaggio e il cattivo di turno, interpretato alla grande da un mefistofelico De Niro a cui nemmeno Martin Scorsese è in grado di mettere le briglie quando, a volte, sarebbero necessarie per non strafare. Poi, però, il decisivo punto di svolta: per ordine del Presidente degli Stati Uniti Coolidge messo in allarme, arriva una squadra di agenti federali guidato da un inflessibile Jesse Plemons, per conto del Bureau of Investigation, da poco sotto la guida da Edgar J. Hoover, che comincia a svelare, uno ad uno, gli intrighi criminali di Hale.

A questo punto – e qui Scorsese dà il meglio di se stesso – Killers of the Flower Moon, da potente epos di una caduta politico-antropologica di un popolo, veleggia verso il dramma shakespeariano che coinvolge la coscienza di Ernest indeciso se appoggiare lo zio oppure rivelare la verità riconoscendo le sue colpe. Sino alla risoluzione e decisione finale del caso.

Non c’è dubbio che l’ultima fatica del grande regista italo-americano sia un’opera per larghi versi fantastica, a partire dall’eccezionale ricostruzione storico-folklorica della Nazione Osage e di un’epoca (a cui gli stessi nativi americani hanno contribuito a rendere credibile in ogni forma possibile), passando per la recitazione d’ensemble, la fotografia di Rodrigo Prieto e arrivando a grandi scene madri che si susseguono nel corso della narrazione. Cinema-cinema americano che svirgola trai generi, ad un grado di perfezione massima anche grazie a grandissima professionalità di musica e montaggio (basta vedere chi li firma) ma certo con una pezzatura da narrativa russa ottocentesca. Non nascondiamo – parere assolutamente personale – che, forse, qualche lungaggine di troppo poteva essere evitata oppure che il film potesse essere spezzato in due parti distinte. Detto ciò, a Killers of the Flower Moon non si possono negare 4 stelle anche se forse non resterà nella personale “top five” dei nostri Scorsese preferiti.

In anteprima mondiale fuori concorso al Festival di Cannes 2023
In sala dal 19 ottobre 2023


Killers of the Flower MoonRegia: Martin Scorsese; sceneggiatura: Eric Roth, Martin Scorsese da “Gli assassini della Terra Rossa: Affari, petrolio, omicidi e la nascita dell’FBI. Una storia di frontiera” (2017) di David Grann; fotografia: Rodrigo Prieto; montaggio: Thelma Schoonmaker; musiche: Robbie Robertson; scenografia: Jack Fisk; costumi: Jacqueline West; interpreti: Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Jesse Plemons, Tantoo Cardinal, Cara Jade Myers, Janae Collins, Jillian Dion, William Belleau, Lily Gladstone, Jason Isbell, Louis Cancelmi, Scott Shepherd, Sturgill Simpson, Gary Basaraba, Michael Abbott Jr., David Born; produzione: Martin Scorsese, Dan Friedkin, Daniel Lupi, Bradley Thomas per Apple Studios, Imperative Entertainment, Sikelia Productions, Appian Way; origine: Usa, 2023; durata: 206 minuti; distribuzione: 01 Distribution.

 

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