La chiave favolistica in un cinema eminentemente realistico come quello italiano e che per esempio Céline Sciamma aveva così ben reso in Petite Maman, non è, in generale, moneta corrente nella cinematografia del nostro paese né cosa semplice da praticare.
Già qualche anno fa, però, Roberto De Paolis ci aveva provato nella sua riuscita opera prima Cuori puri, film che aveva incontrato parecchio favore alla “Quinzaine des Réalisateurs” di Cannes del 2017. Per raccontare, nella periferia romana di Tor Sapienza l’amore contrastato tra due giovani ragazzi, Agnese e Stefano, in un mix altamente drammatico in cui si fondevano religione, vita rom, povertà e disoccupazione, sul filo del rasoio di una forte morbosità.
Anche ora, al suo secondo film, il regista romano segue una chiave di forti contrasti trai personaggi ma in un tono apparentemente più leggero e metaforico almeno nella prima parte di questa Princess che aveva aperto la sezione degli “Orizzonti” veneziani e che ora affronta le sale.

La “principessa” di cui si parla appunto nel titolo (interpretata da Glory Kevin) è ancora una volta una semi-adolescente, ma qui è una diciannovenne nigeriana, una delle tante emigrate clandestine che in una pineta tra Roma e Ostia vende il proprio corpo per procacciarsi da vivere. La ragazza sembra forte, quasi un’amazzone a caccia della preda, che fiuta l’odore dei soldi, muovendosi in un bosco quasi incantato e irreale, dove appartarsi e guadagnarsi il pane quotidiano. Per riuscire a sopravvivere in un mondo crudele e spietato, la protagonista deve calarsi una maschera di ferro di rudezza e forza ma anche saper accalappiare in modo suadente i clienti, fuggire da chi si prende gioco di lei, schivare i pericoli naturali in tale situazione. E soprattutto non far nascere dei sentimenti che in una ragazza fondamentalmente ingenua come lei in fondo è, sono quasi spontanei malgrado l’estrema durezza della sopravvivenza che la professione di prostituta impone. E così un cliente si sussegue all’altro, senza soluzione di continuità, quello povero e persino uno ricco che cerca con lei una stramba esperienza.
In questo trantran quotidiano un giorno, però, viene a contrasto con una sua collega più indurita e cinica che non a caso si chiama Success (Sandra Osagie) e allo stesso tempo incontra Corrado (un ottimo Lino Musella), un strambo ragazzo che ama più gli animali che gli uomini, e che sembra volerla aiutare. E lo farebbe anche ma – questa è la morale che il film ci suggerisce – soltanto Princess da sola potrà salvarsi. E chissà se ci riuscirà mentre nell’ultima inquadratura nel pieno della notte cerca disperatamente un passaggio per andare via.
Rispetto alla bruciante freschezza e grande immediatezza drammatica di Cuori puri, questo Princess ci sembra funzionare meno bene del film di debutto, pur conservandone, innegabilmente, una parte dei pregi. Particolarmente riuscita ci è sembrata, ad esempio, l’interpretazione complessiva del cast – basata in gran parte sull’improvvisazione della protagonista e delle sue colleghe nigeriane, a parte quella più esperta degli altri attori italiani.
Ma è la favola che De Paolis ci vuole raccontare con la sua morale e le sue simbologie – per esempio quella della volpe che all’inizio viene mangiata e che poi alla fine ricompare – a non riuscire a convincerci fino in fondo, lasciandoci un senso acuto e non del tutto positivo di incompiutezza. Ma si sa, l’opera seconda, dopo un’opera prima riuscita, rappresenta spesso, nella carriera di un regista promettente, l’ostacolo più difficile da superare.
In sala dal 17 novembre
Princess – Regia e sceneggiatura: Roberto De Paolis; fotografia: Claudio Cofrancesco; montaggio: Paola Freddi; scenografia: Paola Peraro; costumi: Loredana Buscemi; musica: Emanuele De Raymondi, Andrea De Sica (Musica Techno); interpreti: Glory Kevin (Princess), Lino Musella (Corrado), Salvatore Striano (Cliente Tassista), Maurizio Lombardi (Cliente Ricco), Sandra Osagie (Success); produzione: Young Films, Indigo Film e Rai Cinema; origine: Italia, 2022; durata: 110’; distribuzione: Lucky Red.