A proposito di Licorice Pizza , o l’altra Hollywood di Paul Thomas Anderson

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Nella perenne estate della Los Angeles anni ’70, l’adolescente Gary Valentine incontra la donna della sua vita – una certa Alana Kane. E potremmo chiudere qui. Si, perché su Licorice Pizza (cfr https://close-up.info/licorice-pizza-di-paul-thomas-anderson/ ), il film di cui si parla da settimane, non c’è altro da dire. E meno male.

Lui (Cooper Hoffman) è la classica baby star americana, il sottoprodotto del sottoprodotto dello scarto degli avanzi della vecchia Hollywood. Ci troviamo nel famigerato 1973, cerchiamo di non dimenticarcene. L’età dell’oro è finita da un pezzo e, fra i suoi fiacchi strascichi, riusciamo soltanto a distinguerne le ombre: Marilyn Monroe, James Dean, Humphrey Bogart, Ingrid Bergman hanno fatto il loro tempo senza tempo e se ne stanno appesi da qualche parte sotto forma di poster. Gli Stati Uniti di Paul Thomas Anderson sono gracili, sfioriti e giallognoli come i sogni di Alana Kane.

Lei (Alana Haim) è una venticinquenne prematuramente invecchiata, un’anziana fanciulla costretta a sopravvivere nella giungla post-sessantottina della capitalizzazione, della libertà sessuale, dei prodigiosi letti ad acqua. Manca totalmente di humor. Manca totalmente di sagacia. E di ambizioni – o forse ne ha talmente tante da non riuscire più a distinguerle fra loro. Alana arriva sempre seconda. Di professione fa l’aiutante, la comprimaria, la comparsa, e questa è forse la sua più sincera vocazione. Il che la rende opportunista, inafferrabile, camaleontica: non senza una certa fastidiosa ammirazione, difatti, la vediamo trasformarsi in un’assistente fotografa, in un’assistente venditrice, in un’assistente star, in un’assistente senatrice.

Loro, dunque, Alana e Gary, s’incrociano per caso e per destino nella palestra di un liceo. La cinepresa li pedina come se non esistesse nulla di più importante al mondo. Lei si dimostra riluttante, lui insistente. Lei ostenta cinismo, lui una passione gioiosa e insieme malinconica. Ci piacerebbe scoprire che in realtà non è affatto così, che i ruoli sono invertiti, ma no: nessuno ha intenzione di tradire le nostre aspettative, questa è una storia d’amore lieve e dal retrogusto piacevolmente stantio. Come una buona sorsata di coca-cola: un paragone preconfezionato per un film che dal preconfezionato ha saputo trarre l’imprevedibile (cosa che, ad esempio, il favoleggiante La la-Land di Damien Chazelle non ha saputo fare).

Ah, e se cercate una trama o chissà quale sottotesto cine-artistico-letterario, beh, cambiate strada: Licorice Pizza non è un saggio accademico, bensì un pulp edulcorato zeppo di déjà-vu musicali, una bizzarra compilation d’indimenticabili hits, d’intramontabili evergreen, di sfavillanti successi discografici. Nina Simone per il primo non-appuntamento. I Doors per i primi progetti di coppia – rigorosamente monetizzati, tradotti in termini aziendali e infine co-gestiti dalla madre di lui, un’insopportabile inserzionista da televendita. David Bowie per la prima apocalisse – ovvero, la crisi del petrolio che estingue per sempre il vinile, la liquirizia di un’epoca passata in cui le cui visioni emettevano miasmi tossici ma irresistibilmente zuccherini. Di vinile sono fatti i materassi ad acqua che i due innamorati, insieme ad un’improbabile banda di ragazzini, tentano di smerciare nei quartieri alti, di vinile sono fatti i dischi su cui è inscritta la colonna sonora del loro amore, di vinile è l’universo in cui Anderson pone i suoi personaggi-figurina.

Siamo lontani anni luce dal Filo nascosto  (https://www.closeup-archivio.it/il-filo-nascosto), ma vicinissimi all’altra Hollywood di Boogie Nights: è come se Licorice Pizza racchiudesse e, anzi, condensasse in pochi fotogrammi quella patina artificiale, luminescente e caramellosa di cui, nel lontano 1997, si circondò l’appena diciassettenne e già aspirante pornoattore Eddie Adams (Mark Wahlberg). Abbiamo l’impressione di osservare la medesima pellicola, ma da due lati diversi: da una parte, l’entusiastico e saturato idillio su cui non cala mai il sole. Dall’altra, una serie di angosciate relazioni a senso unico. Da una parte, il lucido set dell’America perennemente diurna, dall’altra parte il lucido set dell’America perennemente notturna. Da una parte, l’infatuazione preadolescenziale nella sua platonica purezza, nel suo dolce torpore, nelle sue sfuggenti incertezze. Dall’altra parte, l’erotismo grottesco e cinicamente smargiasso a cui il sentimento non ha mai accesso. La California soleggiata, conformista e segretamente sanguinosa di Anderson vaga in un limbo sospeso fra queste due dimensioni: c’è un po’ di Boogie Nights in Licorice Pizza e un po’ di Licorice Pizza in Boogie Nights.

Così, il delizioso e cristallino teen-movie di Gary e Alana contiene tracce d’insospettabile sporcizia, visibili soprattutto nel modo in cui entrambi i protagonisti vengono allegramente mercificati, anestetizzati, deumanizzati e infine svenduti al primo acquirente: Davanti al grande William… pardon, Jack Holden (qui interpretato da un avvizzito e caricaturale Sean Penn), Alana si dimostra arrendevole e disinibita come la Rollergirl di Eddie Adams. Ah, e a proposito di Eddie Adams: Gary sembra condividere con quest’ultimo quel narcisismo ingenuo e commovente che – nell’era di Ziggy Stardust come al giorno d’oggi – l’american dream e i suoi fantasmi di plastica (o meglio, di vinile) lasciano in eredità ai posteri.

Licorice Pizza ci piace tanto perché non va oltre la superficie, pur invitandoci di continuo a voltare la carta e dirigere lo sguardo verso l’altra Los Angeles. Bukowski direbbe che questa bella fiaba targata Anderson è un Ham on rye, una fetta di prosciutto su pane di segale: “Capisci, tu dai un morso, io sono il prosciutto”.


Cast & Credits

Licorice Pizza – Regia, sceneggiatura: Paul Thomas Anderson; fotografia: Paul Thomas Anderson, Michael Bauman; montaggio: Andy Jurgensen; musica: Johnny Greenwood; interpreti: Alana Haim (Alana), Cooper Hoffman (Gary), Sean Penn (Jack Holden), Tom Waits (Rex Blau), Bradley Cooper (Jon Peters), Benny Safdie (Joel Wachs), Maya Rudolph (Gale); produzione: Bron Studios, Ghoulardi Film Company; origine: Usa 2021; durata: 133′; distribuzione: Eagle Pictures.

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