Il peggior lavoro della mia vita di Thomas Gilou

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Milann (Kev Adams) è il classico enfant terrible del ventunesimo secolo: svogliato, indolente, trasandato nello stile di vita così come nel profondo dell’animo, narcisista fino al nichilismo, invincibile paladino dell’autocommiserazione, dissidente mancato e quindi, per compensare, scansafatiche professionista. Già lo amiamo. Milann infatti non vive, ma vivacchia: la sua quotidianità è composta al 50% da divano e playstation, al 30% da sospiri e cibo spazzatura, al 20% dalle paterne reprimende che il coinquilino avvocato (qui un nevrotico Omar Mebrouk) puntualmente gli rivolge. Al contrario del suo amico-angelo custode, tutto carriera e filantropia, Milann non ha alcuna ambizione, né alcun riguardo verso i problemi altrui: orfano di entrambi i genitori, abbandonato dai parenti più prossimi e specialmente da un nonno – strano a dirsi – fin troppo negligente per essere considerato tale, il ragazzo è stato educato a soffocare la propria sofferenza nell’apatia.

La svolta arriva dietro alla cassa di un supermercato presso il quale Milann prosegue la sua brillante carriera di Cinico Ad honorem. Il caso, guarda caso, fa capolino sotto forma di vecchietta: se ci trovassimo in uno dei videogiochi con cui il protagonista trascorre le giornate, potremmo definire l’adorabile signora come un miniboss dell’ipermarket: lenta, sorda, armata di monetine e buoni-spesa scaduti nel pleistocene, l’anziana nemica nasconde inoltre un lato tenebroso e scurrile di cui solo i cosiddetti “giovani d’oggi” possono godere. La proverbiale – e inesistente – pazienza di Milann completa l’opera: il registratore vola addosso allo scaffale delle patatine, una trave di cartongesso crolla sul pavimento appena laccato, travolgendo la malcapitata vecchiarella. Che non muore solo per poter sporgere denuncia. Se ci trovassimo in uno dei videogiochi con cui il protagonista trascorre le giornate, diremmo livello superato. E invece no: nello squallido e scontatissimo mondo reale, il nostro eroe viene catapultato a suon di pedate davanti al giudice.

Il titolo scelto da Thomas Gilou (già autore di commedie leggere quali La vérité si je mens!) non lascia spazio a perplessità e incertezze: Milann, l’alter-ego di ogni prode nullafacente, il sosia di ogni insicuro patentato, il Vate di ogni scettico ipersensibile, riceve la sua condanna e viene rinchiuso per due lunghi mesi in un ridente ospizio-carcere. È decisamente il peggior lavoro della sua vita: circondato da pannoloni, gel igienizzanti, omogeneizzati e improbabili quiz televisivi, il valoroso perdigiorno valuta l’ipotesi della galera. Poi la scarta, e si dà alla fuga. Ma viene raggiunto da alcuni ragazzacci che un tempo gli avevano fatto credito, e allora decide di tornare all’ovile. Così stringiamo amicizia con i fantastici sette della terza età: nell’ordine, la ristoratrice-cabarettista Sylvette (Liliane Rovere), l’insonne guru di Guadalupe Fleurette (Firmine Richard), il malato immaginario Edmond (Jean-Luc Bideau), la madre putativa Simone (Mylène Demongeot), lo svampito ma fascinoso Alfred (Daniel Prévost) e la sua compagna-diva Claudine (Marthe Villalonga).

E siamo, direte, a sei. Manca il capo della famigerata banda – sì, avete capito bene, parliamo dell’immancabile Gérard Depardieu, qui perfettamente a suo agio nei corpulenti e sgarbati panni dell’ex pugile Lino Vartan. Milann ancora non lo sa, ma l’incontro con questi supereroi in camicia di flanella e pantofole cambierà il tedioso corso del suo destino. Senilità e gioventù percorrono la stessa via maestra, quella che porta all’emarginazione, all’isolamento e, infine, all’autodistruzione per mezzo di farmaci-droga, di junk food, di pennichelle pomeridiane e di un ritualismo esistenziale dai tratti perversi. Senza esserne del tutto consapevoli, Milann e i suoi anziani hanno molto in comune: entrambi risultano ormai invisibili agli occhi di un mondo gestito da altri, entrambi vengono regolarmente estromessi dalla rutilante logica del profitto che dovrebbe tutelarli ma sceglie di truffarli. Se ci trovassimo in uno dei videogiochi con cui il protagonista trascorre le giornate, cercheremmo un modo per trasformare la distopia in utopia. Magari fuggendo a gambe levate da quest’Alcatraz in camice azzurro e Crocs. Magari mettendoci alla guida di un pulmino Volkswagen dai sedili pelosi.

Attraverso il linguaggio timido e scanzonato che caratterizza il suo stile, Thomas Gilou diverte e si diverte, riunendo nel medesimo calderone i proverbiali ingredienti della commedia à la française – vale dire: dialoghi serratissimi e talvolta defluenti nel nonsense, citazioni da Molière recitate en passant fra una disavventura e l’altra (Molière sarebbe fiero – e no, non è sarcasmo!), infine una benefica quanto deliziosa assenza dell’insopportabile jingle fuoricampo che solitamente accompagna ogni singola azione all’interno del film.

Non ci troviamo dunque d’accordo con il parere finora negativo dei critici: seppur sciocca, ingenua e spesso prevedibile, la parabola di Milann e della sua gang di fanciulli un po’ troppo cresciuti colpisce nel segno. Il motivo è da ricercare nella naturalezza compiaciuta con cui il protagonista recita un brano del Malade imaginaire durante l’ordinario torneo di briscola (o il suo equivalente d’oltralpe): la farsa molieresca, che sia o meno gioiosa, lieve o engangée, permea l’immaginario cinematografico francese ed emerge con una puntualità e una naturalezza sorprendenti – colonizzando, infine, anche il palcoscenico più insospettabile.

In sala dal 24 marzo


Cast & Credits

Il peggior lavoro della mia vita  –  Regia: Thomas Gilou; sceneggiatura: Kev Adams, Catherine Diament; fotografia: Pierric Gantelmi D’Ille; montaggio: Sandro Lavezzi; interpreti: Kev Adams (Milann), Gérard Depardieu (Lino Vartan), Daniel Prevost (Alfred), Mylène Demongeot (Simone), Jean-Luc Bideau (Edmond), Liliane Rovere (Sylvette), Firmine Richard (Fleurette), Marthe Villalonga (Claudine), Antoine Duléry (Ferrand), Jarry (Alban), Manda Toure (Marion), Oussama Kheddam (Moncef), Omar Mebrouk (Samy); produzione: My Family, The Man, TF1 Films Production, Adams Family Production; origine: Francia 2022; durata: 97’; distribuzione: Notorious Pictures.

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