Rendez-Vous – Nuovo Cinema francese:
Le monde après nous
di Louda Ben Salah-Cazanas

  • Voto
3

Il film parte con un delicato aneddoto di rimorchio. Labidi lascia il suo cellulare sul tavolino di una sconosciuta a cui ha chiesto una sigaretta al bar. In questo modo è lei a inseguire lui per ridargli l’oggetto dimenticato. «Più facile lasciarti il telefono che il mio numero». E così, semplicemente, inizia la grande storia d’amore tra i due protagonisti, Labidi e Elisa, rispettivamente interpretati da Aurélien Gabrielli e Louise Chevillotte

Avere trent’anni a Parigi, in Francia. Avere ambizioni letterarie ma dover pagare l’affitto, la luce, il riscaldamento, Internet. Avere un carattere introverso, taciturno, emotivamente sensibile. Amare come se lei fosse la luce dei tuoi occhi, l’unica cosa al mondo per cui battersi. Avere un’animo romantico. Labidi è figlio di un francese e di una tunisina: si sente un misto, né carne né pesce, un ibrido in un corpo energico e una grande voglia di riuscire. Ha lasciato a Lione i genitori e il piccolo bar di proprietà. Si è trasferito a Parigi dove convive con Alexseij, un coetaneo di grande stazza, in uno studio (così si chiamano in Francia gli appartamenti di un solo vano, dove viverci in più d’uno è come stare nella gabbietta dei criceti): la notte uno dorme sul letto singolo, l’altro apre il materassino da campeggio al lato del letto, ci posa sopra un sacco a pelo e si butta lì. Sono allegri, spiritosi, si vogliono bene.

All’arrivo di Elisa alcuni momenti comici uniscono i tre affratellandoli nell’intimità di uno spazio così piccolo condiviso da un numero di persone decisamente eccessivo. Nel frattempo Labidi dovrebbe scrivere un romanzo per il quale ha preso un anticipo sull’opzione da un editore: ha dalla sua un premio ricevuto per un racconto tempo addietro. Non può chiedere soldi alla famiglia perché non ne ha. Le telefonate con la madre sono stentate, imbarazzate, piene di bugie bianche da entrambe le parti: lui non le dice di essere squattrinato, lei non gli dice che il padre non sta bene. Il giovane fa le consegne a domicilio, ma sono pagate malissimo. Quando il rapporto con Elisa procede bene, Labidi le propone di spostarsi da Lione a Parigi con lui, che prenderà un appartamento come si deve, per loro due. Lei accetta. Lui ha fatto il passo più lungo della gamba. Si vende la macchina fotografica e poi dichiara di esserne stato derubato, per ricavarci il doppio dall’assicurazione. Trova un impiego in un negozio di occhiali da vista ma, una volta, disperato, manomette l’incasso giornaliero. Arriva a simulare un incidente stradale – dopo aver visto dei tutorial su internet – ma fa un buco nell’acqua. Non scrive una riga: non ha la lucidità né le idee. Il suo agente lo guarda e gli dice: «Sei innamorato. Essere innamorati è un mestiere? No, non lo è».

La situazione è critica, ogni giorno lo sportello del bancomat lo insulta. La tensione sale, la coppia sta per scoppiare, Elisa va via dicendo che ha bisogno di tempo per sé. Una sera, in uno scatto di nervi, Labidi si scontra con un coetaneo per la strada e reciprocamente si insultano con l’epiteto: bobo (neologismo composto da bourgeois – borghese – e bohémien – zingaro, artistoide). Forse l’altro ragazzo appartiene davvero alla classe intellettuale radical chic che ha tutto, è piena di interessi variegati, si veste in maniera casuale ma il conto in banca non piange mai; Labidi si interroga sul fatto di volere forse vivere secondo standard che non gli appartengono, che desiderare di fare lo scrittore lo eleva, in maniera inappropriata, a un livello sociale che comprende uscite la sera, spendere in alcol e cene, regali costosi e appartamenti grandi con vista sulla città, che non è in grado di sostenere dal punto di vista economico. Alla morte del padre le cose, soprattutto dentro di lui, cambieranno in modo sostanziale: «Mio padre è morto e io non sono stato il figlio che meritava di avere. Non ricordo di avergli detto quanto lo amavo»; «Sono diventato tutto ciò che detestavo: un buffone della borghesia».

Incertezza, precariato, ricerca di una identità sono i temi che, con grazia e leggerezza di scrittura e recitazione, vengono toccati dalla storia: come un giovane talentuoso viva costantemente in bilico tra disgrazia e successo, fallimento e riconoscimento. Mancano i riferimenti, i punti fermi, le certezze che hanno caratterizzato le vite, ad esempio, dei genitori del protagonista, coraggiosi lavoratori di altra generazione. Oggi è tutto diverso, tutto diventa difficile e a un passo dallo svilimento di sé, dal cadere nella povertà, dal degrado fisico. Durante l’ora e mezza della visione si empatizza volentieri con l’umore riservato del protagonista, giovane uomo dotato di spirito di iniziativa inesauribile e cuore aperto, alla ricerca di un posto nel mondo che vada oltre le mura asfittiche di un monolocale tra le quali, con gioia e voglia di stare bene, si può fare un party danzante strizzandosi in tre. L’amore tra i due è raccontato come una favola – con gli alti e bassi naturali di una relazione giovanile – spiazzato spesso dal confronto duro con la realtà. Il regista Louda Ben Salah-Cazanas regala agli spettatori, nel finale, un sospiro di sollievo e un sorriso. 

In sala il 2 aprile ore 16 Cinema Nuovo Sacher all’interno del Festival Rendez-Vous – Nuovo Cinema francese 

 


Le monde après nousRegia: Louda Ben Salah-Cazanas; sceneggiatura: Louda Ben Salah-Cazanas; fotografia: Amine Berrada; montaggio: Vincent Tricon; musica: Jean-Charles Bastion; interpreti: Aurélien Gabrielli, Louise Chevillotte, Saadia Bentaïeb, Jacques Nolot, Léon Cunha Da Costa, Mikaël Chirinian, Hyacinthe Blanc, Noémie Schmidt, Isabelle Prim, Grégoire Lagrange; produzione: Les idiots., 21 Juin Cinéma; origine: Francia, 2021; durata: 85′

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