Senna di Vicente Amorim, Julia Rezende, Marcelo Siqueira

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Sono trascorsi già ben 14 anni da documentario omonimo che il regista inglese (d’origine indiana) Asif Kapadia realizzò sul grande e mai dimenticato campione brasiliano di F1 Ayrton Senna. Grazie a quell’opera di montaggio d’immagini d’archivio e di repertorio abbastanza note (soprattutto quelle relative alle corse in sé e alle interviste televisive), ma anche inedite (legate, in particolare, alla dimensione familiare e più intima del pilota), si è data una ricostruzione conforme e convincente di quella che è stata forse l’ultima grande figura leggendaria dell’automobilismo internazionale, il che vuol dire anche del mito estremo della velocità su pista. Del provare a intraprendere, in fondo, con un mezzo meccanico-artificiale la sfida tra le più antiche che si conoscono: quella tra natura e cultura. Per chi ha visto correre Senna (anche se aveva l’età di 8 anni, e magari si trovava, la domenica a pranzo, ospite a casa dei nonni, e che ricorda bene, come fosse appena ieri, lo sguardo incollato alle TV di una volta degli zii) ha avuto il privilegio di rendersi conto, da un certo punto di vista, di quanto sosteneva Immanuel Kant, quando applicando al pensiero la nota “rivoluzione copernicana” andava a proporre una profonda riconfigurazione del senso e del significato della disciplina (a partire dalla nozione di verifica dei limiti e delle possibilità della ragione umana). Infatti, a bene vedere, il rapporto umano-sportivo con la velocità meccanizzata tipica delle auto da corsa può essere di due tipi: “futurista”, nel senso, se si vuole, proprio delle gesta mitologiche di Icaro (che per fortuna non è stata di molti), oppure di costante controllo e riprova, di volta in volta, delle variabili condizioni di possibilità affinché la triade auto-pilota-pista provi a trovare l’equilibrio di tutte le parti alla volta del tentativo di superamento di un limite noto e già attentamente studiato con la teoria dagl’ingegneri. Ecco, Senna forse è stato l’ultimo protagonista e tra i migliori interpreti di questa modalità d’approccio al mondo della velocità su pista, passando dai go-kart fino a giungere alla guida delle monoposto di F1. Tutto ciò emerge dalla visione del film del 2010 e risulta il nucleo centrale di quell’opera.

Gabriel Leone alias Senna

Riguardo invece la miniserie oggi disponibile sulla piattaforma di Netflix in stile biopic, sembra che si sia puntato sullo scegliere di cercare di mostrare più il “personaggio” Senna (anche se in fondo personaggio Senna non lo è stato mai), e dunque meno il pilota. Ciò in sé non è discutibile, sarà stata una scelta legittima da parte degli autori e della produzione che forse hanno immaginato insieme che agli spettatori sarebbe interessata più questa prospettiva. Al di là di piccole imprecisioni biografiche (ad esempio, le origini italiane della madre di Senna non sono solo siciliane, bensì anche toscane e campane) che al volte rendono un po’ troppo artificiosamente “romanzata” la vita del campione e di alcune sequenze forse poco verosimili (si vedano, fra tutte, le scene relative all’incontro-conversazione che Senna e Prost hanno sugli spalti della pista di Imola a circuito chiuso) che rischiano di semplificare un po’ certi passaggi della sua carriera, questa serie TV appassiona e si fa vedere con continuità. Non mancano i momenti che vedono il pilota stare insieme alla sua famiglia, con i suoi genitori e la sorella in particolare (questo è un aspetto suo biografico che ha riscontri anche nella sua vita reale), che si vede sempre a lato e di supporto durante tutti i passaggi critici della sua carriera come anche quelli in cui lo spettatore può rendersi conto del legame fortissimo, speciale, quasi unico nella lunga storia della F1, che lo teneva stretto al suo pubblico, ai suoi tifosi soprattutto in Brasile (ma non solo, si pensi infatti al Giappone dove era amatissimo, dato anche il fatto che Senna ha vinto i suoi 3 campionati mondiali, per il team McLaren, sempre con i motori Honda). Come conferma anche la produzione, la presenza della giornalista Laura Harrison (molto bene interpretata da Kaya Scodelario) è una figura inventata che equilibra con una felice dialettica la quasi assoluta assenza in realtà del genere femminile nei paddock durante quegli anni. Ciò che manca (e questo non è affatto un pregio per l’opera, almeno dal punto di vista di chi scrive) sono i riferimenti ai diversi e molteplici aspetti tecnici di cui quel mondo è fatto e di cui Senna era un attentissimo conoscitore. Non c’è ingegnere, direttore tecnico, meccanico etc. delle molte squadre per cui ha corso (Toleman, Lotus, McLaren e infine Williams) che non confermi a unisono la pura meticolosità, la cura certosina, l’altissima professionalità che metteva a disposizione durante tutto l’anno per cercare con la macchina di percorrere lungo quella linea estrema del limite possibile, date le condizioni e le circostanze che si presentavano ogni volta mutate, rimanendo come incolato ai solchi e tra le rive di tutti i disparati tracciati da battere per la lunga lotta al fine di vincere il campionato mondiale. Senna correva con i suoi “prototipi” da competizione sulle piste come in cielo volano gli uccelli, stando alle “regole assegnate, a questa parte di universo […], voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale” (così cantava Franco Battiato). Sì, proprio così, vederlo correre, seguirlo nei giri veloci come nelle gare era come stare insieme a lui in auto, con la vista ovviamente (va infatti ricordato che a un certo punto la tecnologia dotò le auto da corsa di micro camera car con le quali si poteva seguire “da vicino” la guida dei piloti), lungo le linee tracciate dai pneumatici attraverso cui si esprimeva la sua (e forse anche la nostra, metaforicamente parlando,) vita. Era rigoroso, sempre coerente rispetto agli obbiettivi, preciso fino alla perfezione possibile, il che lo portò a essere il pilota che, a esempio, per molto tempo (anche dopo la sua prematura scomparsa, proprio in pista, durante quel tragico week-end del circuito di Imola che si concluse, con anche la sua morte appunto, domenica 1° maggio 1994) ha conservato il maggior numero di pole position nella storia della F1.

“Io sono una persona che vive di emozione, tanta emozione. Correre per me è un modo di vita. Correre per me è un modo di ridere, di piangere, di esprimere i miei sentimenti”, disse una volta, parlando in italiano, al nostro grande giornalista RAI Ezio Zermiani. Dispiace che a tutto ciò non sia stato dato, pressoché, spazio in questa serie TV, che forse, seppur affrontato, resta relegato a qualche soluzione più retorica che fedele. Infine, una nota di chiusura per dire ancora qualcosa che invece ci ha convinto. Le scene finali sono lasciate a riprese televisive d’archivio, che forse non potevano essere trascurate. Ed è proprio “lì dentro” quelle sequenze dove il mito si fa veramente leggenda contemporanea; sono quelle immagini in movimento (sempre e per sempre, nel e del Novecento, come anche per noi oggi nel e del terzo millennio) che hanno vinto il tempo e che ci ridanno, in modo assoluto, la grande forza umana e sportiva incarnata dall’immenso Ayrton Senna.

Su Neflix dal 29 novembre 2024


SennaIdeatore: Vicente Amorim; Regia: Vicente Amorim, Julia Rezende, Marcelo Siqueira; soggetto: Thais Falcão; sceneggiatura: James Daniel Wilson, Thais Falcão, Álvaro Mamute; fotografia: Azul Serra, Kaue Zilli; montaggio: Lourdes Rodríguez, Federico Brioni, Lucas Gonzaga, Vicente Kubrusly, Guilherme Porto, Diana Vasconcellos; musica: Rogério da Costa Jr., Fabiano Krieger, Lucas Marcier; costumi: Frederico Pinto; interpreti: Gabriel Leone (Ayrton Senna), Kaya Scodelario (Laura Harrison), Alice Wegmann (Lílian de Vasconcellos Souza), Gabriel Louchard (Galvão Bueno), Marco Ricca (Milton Guirado Theodoro da Silva), Camila Márdila (Viviane Senna), Pâmela Tomé (Xuxa Meneghel), Johannes Heinrichs (Niki Lauda), Patrick Kennedy (Ron Dennis), Steven Mackintosh (Frank Williams), Matt Mella (Alain Prost), Joe Hurst (Keith Sutton), Rob Compton (Terry Fullerton), Tom McKay (Alex Hawkridge), Arnaud Viard (Jean-Marie Balestre), Susana Ribeiro (Neide “Zaza” Joanna Senna), Nicolas Cruz (Leonardo Senna), Julia Foti (Adriane Galisteu), Keisuke Hoashi (Soichiro Honda), Felix Mayr (Gerhard Berger), Charlie Hamblett (Martin Brundle), João Maestri (Rubens Barrichello), Lucca Messer (Roland Ratzenberger), Hugo Bonemer (Nelson Piquet), Gastón Frías (Damon Hill), Felipe Prioli (Riccardo Patrese); produzione: Fabiano Gullane, Caio Gullane per Gullane; origine: Brasile, 2024; formato: miniserie TV; durata: 6 puntate di un’ora circa ciascuna; distribuzione: Netflix.

 

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