Biografilm XX° Edizione (Bologna, 7-17 giugno): Intervista a Jack Perlmutter e Manon Ouimet, autori di Two Strangers Trying Not to Kill Each Other (Art & Music)

Un incidente sconvolge la vita in Toscana del leggendario fotografo Joel Meyerowitz e di sua moglie Maggie Barrett, una donna eclettica dalla personalità complessa ed affascinante, costringendoli a confrontarsi con i limiti della loro anzianità. Joel accetta serenamente l’idea di una fine non troppo lontana nel tempo, mentre Maggie rifiuta e si oppone con forza al passare del tempo, rivelando una grande vitalità e forza di carattere.

La loro relazione è illustrata attraverso momenti privati, pubblici, e svariate conversazioni. Le loro personalità si muovono in maniera contrastante, Joel si porta appresso l’ingombro della sua popolarità, e Maggie talvolta si sente privata di un suo spazio vitale. Jack Perlmutter e Manon Ouimet ce lo raccontano in questa loro opera primaTwo Strangers Trying Not to Kill Each Other.

Domanda:  Ho visto il vostro film ieri e mi è piaciuto molto. La mia prima domanda riguarda ciò che ha preceduto l’inizio delle riprese. Dato che siete riusciti a tratteggiare un ritratto veramente molto intimo della coppia, è evidente che avete costruito una relazione profonda con Joel e Maggie, e che questo vi ha permesso di guadagnare  la loro fiducia. Quanto è durato questo processo?

Jacob Perlmutter: Bene, comincio con il darti un po’ di contesto: prima che il progetto venisse alla luce, entrambi siamo stati fotografi. Io sono stato un fan del lavoro di Joel per tutta la vita. Un giorno, mentre ero a Londra, l’ho visto per strada, e non ero sicuro al 100% che fosse lui. Così l’ho seguito per un po’, A un certo punto ho capito che era proprio Joel Meyerowitz. Ma non sapevo cosa dire. Dopo averlo seguito per un po’, l’ho perso, qualche settimana dopo, l’ho visto di nuovo, questa volta con Maggie, e mi sono avvicinato a loro. Volevo solo parlargli e dirgli cosa significava per me. Poi lui mi ha presentato Maggie e sono stato così affascinato dal loro potere come coppia. Era incredibile.

Durante la pandemia, mi sono imbattuto nel blog di Maggie e le ho scritto. Questo accadde qualche anno dopo averli incontrati. Le ho scritto dicendo che non ero riuscito a dimenticare l’impressione che mi avevano fatto come coppia. Così abbiamo fatto una Zoom call, e immediatamente abbiamo costruito una sorta di fiducia reciproca. Poi Manon si è unita al progetto, e noi quattro abbiamo creato una dinamica puramente online all’inizio perché eravamo ancora durante la pandemia. C’era una sorta di identità parallela: una coppia di artisti più giovani e una coppia di artisti più anziani che trovavano somiglianze tra loro. Condividiamo molte somiglianze.

Poi sono venuti a cena da noi, abbiamo parlato e ci siamo capiti subito. Tutto questo è successo molto velocemente perché dal momento in cui abbiamo contattato loro a quando abbiamo iniziato a girare sono passati solo pochi mesi. Presto siamo andati in Toscana e abbiamo iniziato a vivere con loro.

Per l’anno delle riprese, sia in Toscana che a New York, abbiamo sempre vissuto con loro. Si era creato quel tipo di fiducia e intimità che ci serviva. Non c’erano giornate regolari, poiché stavamo sempre con loro, era una relazione di 24 ore, che accelerava il tempo di connessione.

Joel sembra più pronto ad accettare la sua morte, mentre Maggie è più arrabbiata perché sente di avere poco tempo rimasto, penso che questo sia il motivo per cui funzionano bene come coppia. Inoltre, questo documentario, a mio avviso, dimostra anche quanto sia davvero difficile conoscere profondamente l’altra persona, anche se è presente una profonda connessione. Siamo tutti fondamentalmente soli dentro noi stessi.

Jacob: Assolutamente, ed è anche per questa ragione che trovo perfetto il titolo che abbiamo scelto.

Questo è il vostro primo lungometraggio, ma avete entrambi esperienza e lavorato molto con immagini e suoni.  Jacob, tu  ti sei occupato anche della fotografia in questo documentario, ed hai lavorato come direttore della fotografia a diverse opere, ed anche Manon ha molta esperienza nel campo della fotografia (ha vinto i British Photography Award and Feature Shoot Emerging Photography Awards 2021), Come vi ha aiutato la vostra abilità tecnica e la conoscenza di tutti gli aspetti del film nella realizzazione di questo?

Jacob: Prima di tutto penso sia importante dire che, sì, in questo film io ero il direttore della fotografia e sì, Manon ha fatto il suono, ma questi ruoli erano poco più che nominali: eravamo una squadra di due persone e eravamo così intrecciati che è più corretto dire che abbiamo fatto tutto insieme. Io ho studiato e lavorato come fotografo di strada per molto tempo e, durante quel periodo, sono anche andato alla scuola di cinema e ho studiato regia. Lì ho affinato la mia comprensione della regia e del processo di montaggio, più di ogni altra cosa. Ossia del modo in cui le scene si tagliano e si uniscono per la creazione di un film, che deve avere momenti intensi e poi momenti di respiro. Quindi penso che questo tipo di formazione mi abbia fornito un vocabolario che ha permesso di creare uno stile narrativo documentaristico, qualcosa che sembra naturalistico e allo stesso tempo respira come un film.

Manon Ouimet: Sì. E anche una parte importante della nostra dichiarazione di intenti quando stavamo sviluppando il linguaggio del film era di essere influenzati da Joel e Maggie e dalla loro creatività e dalla loro estetica di visioni sonore ed esperienze. Quindi, sai, l’inquadratura era molto con Joel in mente, e la color grading era ovviamente con Joel in mente, essendo lui un maestro della fotografia a colori.

A volte, correggimi se sbaglio, ma a volte gli davate effettivamente la fotocamera. Alcune scene sono state girate da lui, o no?

Manon: Ci sono state due scene girate da lui, ma era perché noi non eravamo lì e lui pensava fossero momenti importanti da catturare. E lui è sempre con una fotocamera, sempre con il suo telefono, documentando la sua vita tutto il tempo.

Jacob: Ci sono anche alcune scene girate da Maggie, quando era in ospedale. Si scambiavano video messaggi. Sì. Quindi abbiamo deciso di includere alcuni filmati che stavano semplicemente girando con il loro telefono perché noi non eravamo sempre lì. C’erano cose che ci siamo persi e che loro hanno filmato.

La scena dove i due coniugi si trovano ad un vernissage e parlano con gli ospiti, dandosi le spalle a vicenda, è straordinaria, come siete riusciti a catturarla?

Da sinistra: Joel Meyerowitz, Maggie Barrett, Signe Byrge Sørensen (produttrice),Manon Ouimet, Jacob Perlmutter

Manon: Questo è stato un piccolo dono dai Signori del Cinema. Io stavo facendo il suono. Jacob stava girando. Era la festa di chiusura di Joel in questa galleria, io ero in un’altra stanza a catturare il suono, e Jacob ha trovato questa inquadratura, ma non poteva sentire cosa stessero dicendo. Così gli ho detto, oh, stanno avendo la stessa conversazione! Incredibile! E sono andata da Jacob dopo un po’. Gli ho detto, li hai ripresi? E lui ha detto, sì, era un’inquadratura straordinaria.

Brillante anche l’idea di alternare il volume delle due conversazioni.

Jacob: Era una di quelle idee che non abbiamo realizzato fino a quando siamo arrivati al montaggio e abbiamo pensato, oh, cosa succede se le isoliamo così? Sì, per noi è la scena migliore del film o una delle migliori, perché è stato un dono. Ed è una lezione interessante per ciò che riguarda lavorare con limitazioni: La vera ragione per cui non vedi altre persone nell’inquadratura era che ero un po’ nervoso nell’includere i volti degli altri membri del pubblico generale. Quindi era per una ragione pratica. E ho trovato che l’inquadratura avesse una certa tensione. Era artistica ma c’era una grande tensione perché erano schiena contro schiena. E mi piaceva l’impressione delle altre persone che parlavano. A volte vedi una mano o un bicchiere o qualcosa del genere. Ed è stato un dono. Sì. È stato un vero dono.

Per prepararvi alla realizzazione di questo lavoro avete utilizzato qualche riferimento visivo o filmico?

Jacob: Innanzitutto, abbiamo guardato al lavoro di Joel. Sì. Questo ha avuto una grande influenza. Sai, una delle gioie della fotografia di strada è evitare di posizionare il pezzo centrale del contenuto, o il soggetto principale, al centro dell’inquadratura. Si gioca con l’inquadratura, tutto ciò che accade anche ai bordi dell’inquadratura ha un impatto. E in questo tipo di composizione in stile rinascimentale si trovano i significati più profondi.

Qualcosa che Joel, nella sua fotografia di strada, incorpora e che volevamo onorare visivamente in questo film era includere elementi supplementari nell’inquadratura, perché è un documentario e non sai mai cosa accadrà. Ma se percepisci il tema di ciò di cui le persone stanno parlando o di cosa sta succedendo, all’improvviso ci sono cose che accadono, specialmente in quella casa incredibile.

Ci sono cose che puoi includere che parlano al tema della scena. E poi, parlando di riferimenti filmici, The Truffle Hunters (Michael Dweck, Gregory Kershaw) è stata una grande influenza. Sai, è un film fantastico ed è un po’ languido e cinematografico. E poi La Vie Moderne di Raymond Depardon. Che altro? Abbiamo guardato molto Noah Baumbach, per l’idea di una famiglia di artisti. The Meyerowitz Stories è stato un grande riferimento per noi. E quando lo abbiamo detto a Joel, lui ci ha detto che Noah Baumbach ha scritto quella sceneggiatura seduto sotto una delle sue stampe. Così, per lui, ha completato un bellissimo cerchio.

Grazie, ragazzi. Una domanda finale. Come sta andando il vostro film? Proseguirete il tour nei festival? Avete già una distribuzione?

Manon: Il documentario è stato presentato in anteprima al CPH:DOX di Copenaghen, dove abbiamo ricevuto una menzione speciale, e verrà proiettato in diversi altri festival. Stiamo lavorando con Cinetic Media negli Stati Uniti per le vendite globali e il Nord America. Stiamo cercando un agente di vendita internazionale per l’Europa. L’idea è di avere una distribuzione cinematografica e di proiettarlo in altri festival.

Foto: Ivo Pisanti


Two Strangers Trying Not to Kill Each Other (t.l.: Due sconosciuti che cercano di non uccidersi a vicenda) – Regia: Jacob Perlmutter, Manon Ouimet; fotografia: Jacob Perlmutter; montaggio: Estephan Wagner, Josh Mallalieu; musica: Diogo Strausz; suono: Manon Ouimet; interpreti: Maggie Barrett e Joel Meyerowitz; produzione: Signe Byrge Sørensen per Final Cut For Real, Undeniable, Louverture Film; origine: Danimarca/ Usa/ GB, 2024; durata: 100 minuti.

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