Ci sono storie di uomini che intrecciano il loro vissuto, inevitabilmente, con pagine di storia lasciando una traccia di memoria indelebile in chi resta.
E ricordare, anzi imprimere con forza nella memoria, è proprio l’obiettivo dello spettacolo Bucefalo il pugilatore, focalizzato sulla figura di Lazzaro Anticoli, pugile antifascista romano di origine ebraica, vittima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine soprannominato Bucefalo come il cavallo di Alessandro Magno proprio per via della sua prorompenza fisica.

Il potente monologo di settanta minuti, diretto e interpretato da Alessio De Caprio, nato quattordici anni fa, è profondamente drammatico e coinvolgente nel ripercorrere l’amara sorte di un uomo comune coinvolto, suo malgrado, in una pagina nera della storia. «Ma è anche il racconto della Roma ebraica degli anni ‘40, della prorompente vitalità di chi difendeva la propria vita con ogni mezzo contro l’odio e l’intolleranza di quegli anni».
De Caprio, che “sul ring” mostra le sfaccettature emotive del protagonista legate inevitabilmente con la nostra storia, ha impiegato circa un anno per raccogliere la documentazione che ha portato alla stesura del testo e, prima di vestire i panni del “pugilatore” ha intrapreso un vero e proprio viaggio conoscitivo entrando in contatto anche con i diretti discendenti degli Anticoli, i Di Veroli, che hanno contribuito a rendere noto un patrimonio di informazioni, utili a ripercorrere non solo la vita di Lazzaro, ma anche la fotografia di quel preciso momento storico.
L’interprete, che si muove all’interno di una sorta di ring, ripercorre quindi la vita del protagonista, partendo proprio dalla sua infanzia, dall’adolescenza e dalla passione per il pugilato, fino al matrimonio con Emma e alla descrizione dettagliata del fatale destino che lo attende.

Il monologo interpretato nell’immediato romanesco giudaico che allora si parlava fra i vicoli di Roma, si sofferma sui personaggi, sui luoghi e sulle vicende di quel preciso momento storico, ed è accompagnato dal suono della fisarmonica (Fabio Raspa), capace di trasmettere l’atmosfera popolare di cui vive lo spettacolo, dalla prima all’ultima scena.
Nato nel 1917 in una famiglia modesta di origine ebraica, “Bucefalo” comincia a fare il pugile per racimolare qualche soldo. Data la sua forza, la costanza e la sua tenacia, riesce a farsi strada tra i non professionisti.
D’altra parte, in quel momento per essere un pugile non era necessario un ring. Il sogno di fare il grande salto e il desiderio di confrontarsi con i più grandi, viene purtroppo infranto dalle leggi razziali, che gli vietano di salire sul ring e, come noto, non solo quello.
Per lui, ragazzo di origini ebraiche e con una famiglia alle spalle, è sempre più difficile campare dignitosamente, soprattutto dopo il matrimonio con il suo amore Emma che gli regala due splendidi bambini..
Bucefalo riesce, comunque, a sopravvivere cercando di tirare avanti con onestà e comincia a collaborare con le organizzazioni clandestine antifasciste.
Il 23 marzo 1944, Celeste di Porto, detta la Pantera Nera, che lui ha conosciuto da bambino perché sua vicina di casa, nel frattempo diventata una spia ebrea al servizio del nemico, dopo averlo riconosciuto assieme ad alcuni amici, lo segnala ad un gruppo di camicie nere.

Lei, Celeste, una ragazza bella, sfacciata e provocante, è all’epoca poco più che diciottenne e le voci sulla sua amicizia con gli squadristi dapprima sono percepiti, anche da Lazzaro, come semplici pettegolezzi, poi diventano, purtroppo, amara realtà. Bucefalo viene inseguito, invita i suoi amici a scappare e con rabbia e impulsività mette al tappeto il nemico.
Sfortunatamente una storta alla caviglia gli impedisce la fuga e viene arrestato e poi inserito, sembra sempre per volere della delatrice Celeste Di porto, nella lista dei destinati alla fucilazione, una tra le 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Toccante e drammatico il momento, punto chiave nel monologo, in cui Lazzaro e Celeste Di Porto si ritrovano: “hai detto che non volevi essere mio amico”. E poi, il pugilatore andrà incontro al suo destino, chiudendo gli occhi poco prima di morire, e togliendosi la giacca per coprire un suo vicino, immobilizzato dal freddo e dal terrore.
“Se non arivedo la mia famiglia è colpa di quella venduta di Celeste di Porto, rivendicatemi” scrive Anticoli sul muro della cella di Regina Coeli
Una storia di tenacia e coraggio che merita di essere conosciuta e diffusa e che fa parte di un microcosmo di vicende drammatiche che si intrecciano con una delle pagine più buie della nostra storia. Da vedere.
Andato in scena al Sacrario delle Fosse Ardeatine il 30 maggio 2023
Bucefalo il Pugilatore – Scritto, diretto e interpretato da Alessio De Caprio; musica: Fabio Raspa alla Fisarmonica