In occasione dell’uscita di Una notte a New York in Italia, a Roma, abbiamo incontrato l’autrice Christy Hall per approfondire alcuni aspetti della sua opera prima. Il film, pensato come una pièce teatrale, è un’alternanza di dialoghi in taxi trai due attori protagonisti: una formidabile Dakota Johnson e Sean Penn.
Domanda: La fotografia segue lo scambio dei dialoghi tra i due attori. Come avete costruito questa situazione?
Christy Hall: Io vivo a New York da dieci anni e sono dunque diventa ufficialmente una newyorchese e so quanto dovessi essere precisa nel raccontare la città. È un tragitto, quello dall’aeroporto al centro, che i cittadini di New York conoscono benissimo e non potevo assolutamente sbagliare nella ricostruzione. Mi sono chiesta in che maniera farlo. Inizialmente abbiamo pensato di seguire loro, la macchina, i personaggi all’interno del taxi con le macchine da presa esterne. Però, sapendo che sarebbero state tutte riprese notturne, ero consapevole delle difficoltà sia per il meteo che per il traffico. Ho preso in considerazione il fatto di utilizzare il bluescreen e il greenscreen, ma sapevo che questo avrebbe fatto schizzare il budget del film in maniera incredibile. Ricostruire tutto in Post-produzione sarebbe stato particolarmente costoso. Mi sono informata allora su come usare i pannelli a LED. Abbiamo ripreso l’intero tragitto, dopodiché le immagini venivano proiettate su questi pannelli mentre giravamo le scene all’interno del taxi. Con un sistema di filtri, diventavano parte integrante di quello che riprendevamo all’interno. Davamo, così, l’impressione di essere nella realtà. Conoscevo esattamente i momenti della sceneggiatura: quando c’era l’incidente, quando il discorso cambiava, quando ad esempio la protagonista scambiava i messaggi al cellulare, oppure quando attraversavano i tunnel. Questo sistema mi ha permesso di ricreare New York.
Quali sono gli aspetti che ti premeva raccontare all’interno di questa storia del viaggio dei due protagonisti e di questo rapporto ambiguo tra i due?
Per noi donne è sicuramente difficile sentirci completamente al sicuro. Dobbiamo sempre guardarci intorno per sapere se ci possiamo sentire sicure. E sicuramente credo che le donne guarderanno il mio film in maniera un po’ diversa rispetto agli uomini. Io credo che lei non si senta subito a suo agio all’interno del taxi. La protagonista inizialmente gioca, flirta, proprio per prendere le misure. Gioca con il tassista, gli consente di entrare in confidenza, ma lo osserva sempre molto attentamente. A tratti, è lei che cerca di sviare il discorso. Ci tengo a fare una premessa: gli attori ripetono esattamente le battute della sceneggiatura che io ho scelto con precisione. C’è questo gioco costante. Nelle conversazioni, ci sono poi delle sfumature che le donne colgono diversamente. Lei si sente libera di dire delle cose forse per la prima volta e non più.
Volevo, infatti, che si creasse una conversazione tra adulti sulle proprie idee, sempre caratterizzata dallo scontro tra i sessi: degli stereotipi affrontati in maniera aperta e libera, proprio perché sono due sconosciuti. Mi piaceva l’idea che il pubblico decidesse cosa ne potesse venir fuori. All’inizio, avevo scritto una scena finale in cui l’uomo scende dalla macchina, si poggia ad essa e chiede: “ma tu vivi da sola?”. E lei risponde: “non avrai nessuna caramella stasera”. Avevo immaginato questa scena perché pensavo che a lui sarebbe potuto piacere. E forse anche a lei sarebbe piaciuto la stessa cosa. Sean mi ha fatto riflettere, sostenendo invece: “Ma veramente pensi che lui, dopo una notte trascorsa in maniera così profonda, voglia ancora provarci con lei? È quasi diventato un padre per la donna”. Non avrebbe avuto molto senso. Ho detto che avrei deciso in fase di montaggio. Ho capito che non la sentivo mia. L’idea di fondo è che tra un uomo e una donna ci può essere grande rispetto, stima, amicizia.
Possiamo dire che New York e la modernità siano due aspetti cruciali e strettamente collegati?
Ho voluto raccontare la modernità: siamo circondati da rumori. Esistono tuttavia dei posti tranquilli. Quando sollevo lo sguardo verso un palazzo penso a chi ha acceso a quella luce, chi ci abita, perché l’ha fatto. Forse è proprio questa curiosità che mi porta a raccontare storie.
Il film riflette anche sull’utilizzo del cellulare e sull’importanza delle relazioni interpersonali. Cosa speri che arrivi al pubblico?
Non è intenzione mia quella di accusare la tecnologia della causa di tutti i mali. Sarebbe ingenuo dire che prima si stava meglio. Sappiamo bene che oggi la maggior parte delle conversazioni avvengono attraverso i cellulari e computer. È un dato di fatto da cui non si può tornare indietro. E poi, come si dice sempre, non è la tecnologia in sé ad essere sbagliata ma l’uso che ne facciamo. Questo film sicuramente ha all’interno l’intenzione di celebrare le connessioni tra esseri umani. L’importante è che ancora ci parliamo: o di persona come nel caso del dialogo tra la ragazza e il taxista oppure attraverso un cellulare.
In sala dal 19 dicembre 2024.
Una notte a New York (Daddio) – regia, sceneggiatura: Christy Hall; fotografia: Phedon Papamichael; montaggio: Lisa Zeno Churgin; interpreti: Dakota Johnson (la ragazza), Sean Penn (Clark); produzione: Hercules Film Dund, Tea Time Picutres, Raindrop Valley, Projected Picture Works, Rhea Films; origine: USA 2023; durata: 101 minuti; distribuzione: Lucky Red, Leone Film Group