Nella figura di Andrea Riseborough sta la chiave di Please Baby Please, ci pare infatti, che l’attrice inglese si sacrifichi completamente alla visione della regista, Amanda Kramer. La sua recitazione in questo film che ha aperto il Festival di Rotterdam del 2023, è così caricaturale, esteriorizzata, accentuata, a tratti insostenibile, così differente da quelle di tutti gli altri interpreti tanto da non poter racchiudere, necessariamente, al suo interno una intenzione registica.
Il film, suggestivamente colorato e fotografato da Patrick Meade Jones si presenta come creatura ibrida, con dialogo e scenografia dalla forte connotazione teatrale, riferimenti e citazioni ad Almodovar, John Waters, Walter Hill, Jim Sharman, un trattamento sonoro che rende la musica elemento dalla marcata presenza, sia tramite canzoni, sia, soprattutto, come sostituto del rumore. In Please baby please, infatti, l’effetto sonoro viene tramutato in musica, rulli, ottoni e sintetizzatori fanno il loro ingresso a mo’ di commento diegetico ed extradiegetico, suggestivo e curatissimo.
I due protagonisti dovrebbero personificare una coppia borghese in una New York anni ’50 dalle tendenze sfaccettate e trattenute, che però, dopo essersi imbattuti in una gang, ne rimangono affascinati, lei dall’aggressività del gruppo, e lui da un ragazzo in particolare. Questo farà sì che i due comincino ad esplorare aspetti nuovi della loro identità e della loro sessualità, mettendo in discussione ruoli e atteggiamenti.
Il testo dice troppo e, di conseguenza, castra tutti i personaggi, relegandoli alle stesse descrizioni che fanno di loro stessi, della loro sessualità, dei loro istinti. In altre parole, non ci si fida abbastanza dell’immagine, non solo, non si lascia neppure che lo spettatore possa dedurre le sfumature necessarie al discorso, no, esse vengono chiarite il più possibile nel verboso tentativo di definirsi. L’identità di genere, a questo punto, invece di tendere verso una fluidità che si libera dalla connotazione, cerca disperatamente di aggrapparsi ad essa. in questo senso il film rappresenta (involontariamente) molto bene la contraddizione odierna della tematica, il senso di appartenenza che esige un’etichetta, opposto al senso di libertà che vorrebbe liberarsi da essa.
Qui, Please Baby Please perde molto mordente, nonostante rimanga ben girato e costruito, nonostante l’impalcatura regga bene – il testo (scritto dalla stessa Kramer, assieme a Noel David Taylor) è privo di sensualità, carisma, e mistero, l’erotismo è completamente spento, l’ambiguità disinnescata. I neon e i colori fluo fanno tornare alla mente Querelle de Brest di Rainer Werner Fassbinder, ma mentre in quello storico film l’espressionismo è vivo, sovversivo, sensuale, qui è raffreddato, estetizzato, quasi cadaverico.
Tornando alle interpretazioni, e lasciando da parte il mistero irrisolto di Andrea Riseborough, che si muove come una marionetta mostruosa, tutta smorfie e gesti plateali, abbiamo l’altro protagonista, Harry Melling, visto di recente nei panni di Edgar Allan Poe in The Pale Blue Eye, anche qui, bravo e convincente, così come l’oggetto del suo desiderio, Teddy, interpretato da Karl Glusman, già visto in Love di Gaspar Noè, e in The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, (quello sì, un film sublime nella sua tagliente ed anestetica freddezza). Menzione speciale per la meravigliosa Demi Moore, dotata di una sensualità irresistibile e magnetica, dai movimenti lenti e misurati, ogni volta che compare il film riacquista improvvisamente vitalità.
Su Mubi da venerdì 31 marzo
Please Baby Please – Regia: Amanda Kramer; sceneggiatura: Amanda Kramer, Noel David Taylor; fotografia: Patrick Meade Jones; montaggio: Benjamin Shearn; musica: Giulio Carmassi, Bryan Scary; interpreti: Andrea Riseborough, Harry Melling, Karl Glusman, Demi Moore, Ryan Simpkins, Jake Choi, Karim Saleh, Matt D’Elia, Jake Sidney Cohen, Cole Escola, Jaz Sinclair, Alisa Torres, Yedoye Travis, Marquis Rodriguez, Dana Ashbrook, Mary Lynn Rajskub; produzione: Rivulet Media, Paris Film Inc.; origine: USA, 2022; durata: 95 minuti; distribuzione: Mubi.