Espande e stratifica il suo universo la serie di “Sf da ufficio” Scissione (Severance), giunta al giro di boa di questa seconda stagione. E dopo il sesto episodio proviamo a fare qualche considerazione su quello che abbiamo visto sinora.
Dopo l’Overtime Contingency Protocol (OTC), i nostri Innie — Mark (Adam Scott), Helly (Britt Lower), Irving (John Turturro) e Dylan (Zach Cherry)— sanno molte più cose sulle loro controparti esterne (Outie) e sono fermamente decisi a fare qualcosa. Dopo un primo momento in cui Mark si trova con tre nuove partner, gli viene concessa la possibilità di riunirsi con i vecchi compagni. Una volta riuniti, i tre si raccontano le rispettive esperienze: uno di loro mente, un altro ha intuito la verità, e questa tensione si protrarrà per vari episodi. E tra le vicende che si intrecciano, diciamo solo che la principale sarà la decisione di Mark sottoporsi alla procedura di reintegrazione, che gli permetterà di recuperare i ricordi relativi al mondo esterno.
La linearità marziale e quel magnifico senso di claustrofobia soffocante della prima stagione sembrano venir meno – ed era inevitabile – il problema è come e con cosa sostituirli. A questo punto la serie gioca una serie di carte interessanti, ma fino a che grado il risultato degli elementi introdotti pagherà, al momento non è chiaro. Si percepisce una lieve mancanza di coesione, una sensazione disorientante mentre si guardano i nuovi episodi. In particolare, tra le nuove misure adottate a seguito della OTC, una di esse, uno strano “ritiro” in una località montana, organizzata della Lumon, introduce elementi ancestrali che, al momento, paiono frutto di une notevole suggestione creativa, ma non trovano una radice narrativa solida negli episodi successivi. Ad ogni modo, le vicende continuano a dialogare tra loro e alcuni nuovi personaggi, come Miss Huang (Sarah Bock) che sostituisce Irving (Tramell Tillman) nel ruolo di supervisore diretto, si rivelano all’altezza della qualità creativa che ci si aspetta. Ed anche se non possiamo dire che questa seconda stagione stia coinvolgendoci quanto la prima, rimaniamo di fronte a uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi anni.
Un curioso parallelo lo troviamo proprio nell’animazione delle sigle iniziali: quella della prima stagione era cupa, con elementi definiti e ben disposti; la nuova sigla mantiene lo stile ma sperimenta anche altri spunti, adottando stili di animazione differenti. Ci fa riflettere sul fatto che una maggiore creatività non necessariamente migliora le cose, soprattutto se il surreale sostituisce completamente la coerenza.
Le cose che potete sicuramente ritrovare sono l’unicità di tono e il sottile umorismo che accompagna quasi tutte le situazioni, anche le più drammatiche. La filosofia aziendale e le iniziative per migliorare la qualità della vita degli impiegati sono esilaranti e apertamente derisorie nei loro confronti. Ma i nostri eroi, data la loro natura infantile ed ingenua da Innie, dovuta al fatto di conoscere esclusivamente la realtà lavorativa all’interno dello stabile della Lumon, non si rendono affatto conto di quanto siano ridicole certe situazioni, ed un evento come la commemorazione di un loro compagno assente si trasforma in una festa aziendale grottesca in cui viene servito un cocomero scolpito che ricalca le fattezze del suo volto.
Adam Scott, la rivelazione assoluta della prima stagione, fortemente voluto da Ben Stiller dopo aver lavorato con lui nel suo I sogni segreti di Walter Mitty (2013) mantiene il suo altissimo profilo espressivo, anche se qui viene utilizzato un po’ meno nei suoi punti di maggiore forza (la sua performance più memorabile resta quella in cui accoglie Helly, nel primo episodio della prima stagione).
I riferimenti visivi rimangono quelli della prima stagione: l’ispirazione alle Backrooms dello youtuber creator Kane Pixels è evidente, così come i richiami a film come Brazil o a videogiochi come The Stanley Parable. La cosa affascinante è che, con una serie che ha posto condizioni di partenza così singolari, è veramente difficile prevedere cosa potrà succedere. Questo è un bene, perché ogni episodio porta con sé qualcosa di sorprendente, anche se è un equilibrio delicato che va dosato con attenzione. Ci rivedremo su queste pagine per trarre le nostre conclusioni alla fine della stagione.
P.s.: il produttore esecutivo Ben Stiller pare essere particolarmente affezionato al progetto. Per contratto avrebbe dovuto dirigere solo il primo episodio della prima stagione, è finito poi a girarne sei. Ed in questa seconda stagione ne dirigerà ben cinque, per un totale di undici episodi. Possiamo considerarlo a pieno titolo il principale regista di questa serie straordinaria; diretta, gli va riconosciuto, in maniera impeccabile.
Su Apple TV+ dal 17 gennaio al 21 marzo 2025.
Scissione (Severance 2) – Showrunner: Dan Erickson; regia: Ben Stiller, Aoife McArdle, Iain Reid; sceneggiatura: Dan Erickson, Anna Ouyang Moench, Wei-Ning Yu; fotografia: Jessica Lee Gagné, Matt Mitchell, Suzie Lavelle, David Lanzenberg; montaggio: Geoffrey Richman, Gershon Hinkson, Erica Freed Marker; musiche: Theodore Shapiro; interpreti: Adam Scott, Britt Lower, John Turturro, Patricia Arquette, Christopher Walken, Zach Cherry, Tramell Tillman, Jen Tullock, Dichen Lachman, Michael Chernus, Sarah Bock, Gwendoline Christie, Merritt Wever, Alia Shawkat, Bob Balaban, Ólafur Darri Ólafsson, John Noble; produzione: Red Hour Productions, Fifth Season, Westward, Apple TV+; origine: Stati Uniti, 2025; Durata: 10 episodi, ciascuno di circa 40–57 minuti; distribuzione: Apple TV+