Teatro: Ho paura Torero per la regia di Claudio Longhi

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Lo spettacolo Ho Paura Torero diretto da Claudio Longhi e interpretato da Lino Guanciale nel ruolo del protagonista, potrebbe essere presentato come un esempio virtuoso di adattamento di un’opera letteraria dal complesso contesto storico-sociale.

L’elemento che ci conduce a fare questa considerazione dello spettacolo prodotto dal Piccolo di Milano, è l’enorme capacità  di conciliare una brillante coerenza estetica, con un plot che con enorme intelligenza contribuisce attraverso un pensiero politico-sociale costante a rendere la performance profonda, reale, attuale.

Questo modo di approcciare un testo narrativo e drammatizzarlo, dovrebbe essere un esempio di lavoro in tutti i teatri pubblici che avessero a disposizione i mezzi; uno spettacolo infatti si compone soprattutto della preparazione al testo e a un’idea stilistica che lo possa caratterizzare sia nella forma sia nei contenuti e che ricorda l’importanza di costruirvi intorno, pezzo per pezzo a mo’ di corazza, un pensiero politico preciso, una solida struttura di idee e di immaginario a sostenere l’impianto retorico. Ed è ciò che vorremmo chiedere all’agenda di produzione di ogni teatro pubblico.

L’autore del romanzo adattato da Claudio Longhi è Pedro Lemebel: scrittore, artista visivo, performer e reporter morto a 63 anni nel 2015, la sua figura è paragonabile a quella di un eroe nazionale della resistenza cilena, oltre ad essere un profeta della cultura queer, un’icona del PopCamp, un narratore che ha trasformato il proprio ideale in un corpo politico collettivo.

La scenografia si compone di manifesti d’epoca riprodotti a graffiti e di una sorta di podio/postazione  in cui vengono trasmsse le trasmissioni radio degli attivisti politici, oltre agli interni della dimora del protagonista la “Fata dell’angolo”(Lino Guanciale) in cui si distinguono chiaramente oggetti personali e mezzi sartoriali, visto che per vivere ricama tovaglie per l’alta borghesia cilena.

L’audio dell’ultimo comunicato del presidente Salvador Allende (morto nel giorno del golpe dell’11 settembre 1973 in circostanze mai del tutto chiarite) ci proietta nella Santiago della primavera del 1986, quando il fronte patriottico Manuel Rodríguez prepara l’attentato al dittatore Augusto Pinochet. 

Contemporaneamente si apre il racconto dell’incontro fatale tra il protagonista e il militante Carlos (Francesco Centorame), che assieme ad un gruppo di universitari partigiani utilizzerà come base la casa della Fata per organizzare l’attentato.

Tra spostamenti di materiali dalla base dei sovversivi,  traslochi, musica melodica sudamericana e dialoghi serrati accompagnati da giochi di specchi, si sviluppa una storia avvincente, che entra nelle viscere dello spettatore e lo coinvolge per tre ore senza sentire minimamente la lunghezza di uno spettacolo sublime.

L’amore tanto anelato è impossibile diviene metafora del conflitto del popolo contro la dittatura di Pinochet, dando voce a coloro che non hanno mai avuto nessuna possibilità di protestare contro le libertà negate dal Governo del tempo.

L’interpretazione di Lino Guanciale è struggente e di grande caratura, la sua preparazione nella parte deve essere stato un processo di elevato proteismo, che testimonia la maturità e bravura dell’attore romano. Assieme a lui, ci trpviamo di fronte ad un cast eccellente in parti minuti ma tutte di importanza vitale nell’economia della storia: Mario Pirrello e Sara Putignano nel rapporto grottesco di una coppia surreale della dittatura.

Poi troviamo Daniele Cavone Felicioni, Michele Dell’Utri, Diana Manea e Giulia Trivero che con le loro presenze creano una sorta di spirito della lotta popolare, contrapponendosi alla presenza del dittatore e consorte, e i loro deliri dialettici evocativi di significati fascisti e patriarcali.

Ad accompagnare la scena ci sono costumi e oggetti dalla grande varietà di stili emblematici degli anni 80′, foto e proiezioni che escludono sempre la protagonista della pièce, come se attraverso il personaggio interpretato da Lino Guanciale si volesse rappresentare un intero popolo che nella storia non è mia realmente stato considerato.

La verità probabilmente è molto vicina al fatto che il Cile non ha mai veramente ottenuto la libertà per cui ha lottato, perché gli insorti come la Fata sono rimasti sempre invisibili ala storia e agli occhi del mondo.

Al Teatro Argentina (Roma) dal 3 – 17 aprile 2025. 


HO PAURA TORERO di Pedro Lemebel, traduzione M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi; trasposizione teatrale: Alejandro Tantanian;  regia: Claudio Longhi; scene: Guia Buzzi;
costumi Gianluca Sbicca; luci: Max Mugnai; visual design: Riccardo Frati; travestimenti musicali a cura di Davide Fasulo; drammaturgia:   Lino Guanciale; assistente alla regia: Giulia Sangiorgio; interpreti : Lino Guanciale, Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, , Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero; produzione: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; durata: 185 minuti con intervallo.

foto di Masiar Pasquali

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