Arrivederci Berlinguer! di Michele Mellara e Alessandro Rossi

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Tra i tanti anniversari che cadono nel 2024 non c’è dubbio che il quarantennale dalla morte di Enrico Berlinguer e il centenario dall’assassinio di Giacomo Matteotti siano stati quelli che più hanno occupato lo spazio mediatico. Se per il secondo l’urgenza è sembrata nascere dall’attuale situazione politica italiana ed europea, con il governo Meloni e l’avanzata delle forze di estrema destra nel vecchio continente, per il primo, il motore di molte iniziative è stato quello della riproposizione della memoria di una “buona politica” da contrapporre alla desolante “cattiva politica” del tempo presente. Non senza, per quanto riguarda il segretario comunista, il sapore di un’“operazione nostalgia” che ha accomunato autori più giovani in cerca di radici e generazioni più anziane nostalgiche di stagioni passate della politica e, soprattutto, della propria vita. D’altronde il leader del Partito comunista italiano – a cui sono legati i più grandi successi elettorali del Pci nel biennio 1975-76 – non da oggi è stato oggetto di antistoriche e anacronistiche riletture: per la sua denuncia della “questione morale” è stato spesso presentato come l’antesignano di Tangentopoli, come una sorta di San Francesco laico. Un totus politicus quale è stato il leader sardo è stato narrato come il profeta dell’antipolitica, nel quadro di quella damnatio memoriae dei partiti venuta dopo il 1991. Tanto che anche la premier Giorgia Meloni, secondo queste chiavi di lettura, gli ha reso omaggio recandosi alla mostra romana dedicata alla sua figura. Senza dimenticare che lo stesso segretario del Msi Almirante si recò alla camera ardente del leader sardo in quell’estate di quaranta anni fa.

Ben venga allora il film di Michele Mellara e Alessandro Rossi che ci riporta a un Berlinguer più autentico, ricollocato nel suo contesto storico, e, più precisamente al momento della sua scomparsa nel 1984 e a quello che rappresentò quel passaggio per il popolo comunista e, più in generale, per la sinistra (e l’Italia) di allora.

Arrivederci Berlinguer! è, in definitiva, una versione 2.0 dell’opera collettiva L’addio a Enrico Berlinguer che fu realizzata allora da un numeroso e illustre gruppo di artisti del cinema italiano e prodotto dalla società cinematografica del Pci, l’Unitelefilm. Quel film, tra l’altro, veniva dopo un altro film collettivo, uscito in quello stesso anno, e cioè Sabato ventiquattro marzo, dedicato alla manifestazione contro il decreto sulla scala mobile del governo Craxi, l’ultima battaglia politica del segretario comunista, che vide all’opera più o meno lo stesso gruppo di cineasti.

Le sequenze de L’addio a Enrico Berlinguer, che costituiscono l’ossatura di questo film, sono rimontate con un nuovo commento musicale che spesso si accompagna o si sovrappone alle voci e ai suoni dei giorni della camera ardente del segretario comunista e dei suoi funerali, e che, per lo meno in alcuni momenti, risulta un po’ ridondante.

Però si tratta di immagini che hanno mantenuta intatta la loro forza nell’esprimere un dolore condiviso, il senso, per chi vi partecipò, di uno di quei passaggi storici dopo il quale nulla sarebbe stato come prima. Colpiscono ancora tante sequenze come – per esempio – le riprese dall’elicottero della folla, l’omaggio alla bara di Berlinguer di un’altra figura amata come il presidente Pertini e tante altre ancora. A parlare e a sfilare sono semplici militanti o cittadini e volti noti della politica, non solo italiana (Yasser Arafat, per esempio) e della cultura. Non senza momenti anche divertenti come quel romano – che ricorda uno dei personaggi del primo Verdone – che afferma che Berlinguer era “obliquo al quotidiano”.

Fellini, Antonioni, Rosi, Pontecorvo, Maselli, Lizzani

Ed allora uno spettatore come me – permettetemi una nota autobiografica – non può non soggiacere al ricatto della memoria, sia per quello che quel momento ha rappresentato anche nella mia vita (peraltro il giorno dei funerali avevo 18 anni e dovetti portare nel corteo la pesantissima corona di fiori bianchi inviata da Indira Gandhi: arrivare in Piazza San Giovanni fu una vera liberazione!), sia nel rivedere volti e figure di un’Italia diversa e di un cinema italiano ancora così ricco di figure che hanno fatto la storia di quell’arte. Infatti, colpisce vedere Fellini, Antonioni, Rosi, Pontecorvo, Maselli, Lizzani, Scola, Mastroianni, Vitti, ecc. montare la guardia al feretro di Berlinguer. Senza dimenticare tutti quegli altri artisti che parteciparono alla realizzazione de L’Addio e a Sabato ventiquattro marzo.

 

 

 

 

 

 

Allo stesso tempo il film offre altri spunti per capire la figura di Berlinguer con una serie di spezzoni tratti da alcuni suoi discorsi e interviste, come quello del comizio dopo la grande avanzata del Pci nelle elezioni amministrative del 1975, con cui si apre il film, o quelle dell’ultimo drammatico comizio di Padova, quando ebbe il malore che lo portò alla morte, o, ancora, come la manifestazione a Villa Borghese in cui Roberto Benigni lo prese in braccio. Sui giorni di Padova è in uscita in questi giorni anche un altro film che presenta materiali inediti: Prima della fine di Samuele Rossi.

Arrivederci Berlinguer! conferma quello che apparve chiaro qualche anno dopo: il funerale di Berlinguer – nonché l’effimero primato conseguito dal Pci nelle di poco successive elezioni europee – fu, in qualche modo, quello dello stesso del Pci o, più precisamente, di un certo modo di essere comunisti italiani e di vivere la politica. D’altronde nel film si coglie il fatto che il partito di Berlinguer, privo ormai di una vera strategia, era una grande forza popolare ma che stava affrontando una crisi politica e di identità: la svolta occhettiana del 1989, che portò all’auto-scioglimento del partito nel 1991, non trasse infatti le sue ragioni soltanto dalla caduta del Muro di Berlino. Anche per questo, come traspare dal film, era più forte l’angoscia dei militanti rispetto a un futuro denso di incertezze alla luce della prematura scomparsa di un leader amato e carismatico come il politico sardo.

Il film, insomma, ci ricorda come la scomparsa di Berlinguer rappresentò un punto di svolta come lo era stato vent’anni prima la morte di Togliatti, il cui funerale fu anch’esso raccontato in un film collettivo, L’Italia con Togliatti. Nel 1984, però, si trattava di un’Italia diversa e a colori rispetto a quella del 1964, anche se i luoghi erano gli stessi: Via delle Botteghe Oscure, San Giovanni, i porti, le stazioni e le strade gremiti di militanti addolorati, convenuti a Roma per i funerali.

Insomma, si tratta di una riproposizione importante, che si segue con passione, che da il senso dei sentimenti provati allora, ma che – nonostante gli altri documenti audiovisivi che arricchiscono il documentario – potrebbe non risultare facilmente comprensibile a chi non conosce già la storia dell’Italia repubblicana, del Partito comunista italiano e, più in generale, del comunismo del ventesimo secolo che ha visto all’opera forze politiche e figure diversissime: da Stalin a Berlinguer, da Pol Pot a Rosa Luxemburg, da Mao Zedong a Napolitano, da Che Guevara a Togliatti, da Ceausescu a Dubcek.

In sala il 10-11-12 giugno 2024
12 giugno, ore 21: 30 – ROMA – Cinema Farnese. Presenta il film in sala il musicista Massimo Zamboni
12 giugno, ore 21: 30 – ROMA – cinema Tibur A fine proiezione Q&A con il musicista Massimo Zamboni


Arrivederci Berlinguer!Regia: Michele Mellara e Alessandro Rossi; montaggio e color correction: Corrado Iuvara; musiche originali: Massimo Zamboni; ricerche d’archivio: Claudio Olivieri; produzione: Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Pordenone Docs Fest, Cinemazero in collaborazione con Mammut Film; origine: Italia, 2023; durata: 50 minuti; distribuzione: Wanted Cinema.

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