Hoard di Luna Carmoon (Settimana della Critica – Concorso)

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“Ti amo custard – anche io ti amo rabarbaro”. Una madre e una figlia passeggiano per le vie della città. I vialetti sono illuminati dai fuochi d’artificio e l’ultima notte dell’anno si avvia alla sua conclusione. La figlia si lascia guidare dal mondo “fatato” della mamma, fatto di confusione, oggetti, sporcizia e da un trauma che presenterà il conto distillandosi nella memoria.

1984, Inghilterra. Siamo in piena epoca Thatcher e lo scopriamo immediatamente dalla fotografia, da quel grigio-marrone che spesso abbiamo ritrovato nelle pellicole di Ken Loach o nei documentari d’epoca. Maria è una piccola bambina, frequenta la scuola ed è immensamente innamorata della mamma. Quest’ultima ha un rapporto morboso con la figlia, la protegge, la isola dal resto del mondo, sviluppa con lei un linguaggio d’amore fatto di filastrocche e sogni ad occhi aperti rendendola testimone di una sua nevrosi: l’accumulo di oggetti in casa. Passano dieci anni e Maria deve fare i conti con i traumi del passato mentre nella sua nuova vita si presenta un giovane sconosciuto che sembrerebbe ricordare, conoscere, non giudicare i suoi fantasmi.
L’opera della regista inglese Luna Carmoon, in concorso alla SIC, è una continua provocazione sensoriale e visiva, con un personaggio, quello di Maria, che viene costantemente inghiottito dai ricordi del passato. I tre livelli di significazione, che poggiano su due basi temporali, la Maria bambina e la Maria ormai diciottenne, giocano sul registro emotivo/poetico, di fatto l’amore viscerale tra una madre e una figlia, sul registro sensoriale, le provocazioni del visivo che spesso la protagonista mette in atto in gioco tra dolore fisico e nevrosi, e infine sul tema della comunicazione non sistemica, di fatto un modo di vivere la realtà non convenzionale, in cui c’è si spazio per la sofferenza ma anche, soprattutto, per una presa di coscienza finale autentica. In questo Maria diventa lentamente un personaggio puro e incontaminato, di contro alla miseria, ai dolori, alle difficoltà espressive e alla complicata ricerca di un posto nel mondo. Il personaggio di Michael, interpretato da Joseph Quinn, asseconda questa linea drammaturgica, sostiene il personaggio di Maria, nel bene e nel male.

Un film che ci racconta di un processo di autodistruzione non concluso, di una sensibilità che riprende, come espresso in alcune interviste, anche le memorie e il passato della sceneggiatrice-regista. Luna Carmoon fa emergere il suo grande amore per il cinema degli anni settanta; riscopriamo tutto ciò nella scelta delle tonalità cromatiche, nelle sfumature underground che ci riportano alle provocazioni di David Bowie o alla deriva di Christiane F. Il ritmo e la narrazione, nel complesso, risultano funzionali nell’accompagnare il caos emotivo della protagonista, salvo in alcuni frangenti, soprattutto nella seconda parte del film, in cui alcuni turning point risultano ridondanti, eccessivamente dilatati.


Hoard Regia sceneggiatura: Luna Carmoon; fotografia: Nanu Segal; montaggio: Rachel Durance; musica: Jim Williams; interpreti: Saura Lithfoot Leon, Joseph Quinn, Hailey Squires, Lily-Beau Leach, Deba Hekmat; produzione: Erebus Pictures, Delaval Film, Anti-Worlds; origine: Regno Unito, 2023; durata: 126’.

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