Jane by Charlotte di Charlotte Gainsbourg

Jane Birkin ha settantacinque anni, Charlotte Gainsbourg cinquanta, sono madre e figlia, due dive in campi diversi ma ambedue note al grande pubblico, donne di successo e talento. Parlano piano, sono educate e riservate – very english – sembrano conoscersi poco e male. La figlia decide di filmare la loro relazione alla ricerca di una comunicazione nuova, forse più profonda, sicuramente sincera e senza veli. Viaggiano insieme: le troviamo in Giappone (così sembra ma non è specificato chiaramente) durante una tournée della madre, poi a New York, dove Charlotte ha vissuto, in Francia, dove Jane si è ritirata a vivere in una bella casa sul mare. La semplicità di alcune cose della vita quotidiana – preparare da mangiare, potare il giardino, guardare album di famiglia tra madre e figlia accompagnate dalla nipote maggiore, figlia di Charlotte, Joe, una bambina quieta e osservatrice pregna dei medesimi geni – mantiene il sapore dolce marmellate fatte in casa, un po’ asprigne, dal retrogusto che tarda ad andare via.

Parlano – spesso fuori campo – mentre la figlia fa delle sessioni fotografiche in veri studi, sul lettone dalle lenzuola bianche (dove avviene una delle più toccanti confessioni materne riguardo all’abuso di alcol e sonniferi, persino quando era incinta di Charlotte). Parlano del corpo, della vecchiaia, delle rughe e degli specchi fatti sparire di casa come Gloria Swanson alias Norma Desmond in Viale del tramonto di Billy Wilder. Charlotte partecipa a cantare “Je t’aime, moi non plus” (nelle parti del padre) a un concerto internazionale della madre con l’orchestra (nel processo di vecchiaia “almeno la voce non cambia” dice Jane). Charlotte conduce Jane alla casa-museo di Serge Gainsbourg, musicista trasgressivo (“non sarei mai venuta senza di te”), il padre di Charlotte, dove tutto ciò che non è esploso (le conserve per esempio) è rimasto intonso, dai profumi di Jane, agli strumenti musicali, alle foto, alle riviste. Jane ricorda quando sentì il desiderio di toccare il seno di Charlotte adolescente, sentendosi perversa ma conscia che, alla richiesta avrebbe rispettato la scelta della figlia di opporsi e non darle il permesso. Charlotte ha un quaderno con delle domande che non le ha mai posto e pensa sia arrivato il momento giusto per potergliele. Parlano di Kate, la figlia avuta precedentemente da Jean Barry, che anni prima si è tolta la vita, della malattia (superata dalla madre) “un cancro ma non doloroso“, dell’ avere più di una figlia femmina.

Un film documentario dotato di rara grazia, mai compiaciuto, mai celebrativo (né dell’icona sexy materna, né della talentosa attrice quasi androgina), un film speciale su due persone-personaggi speciali, con i loro limiti e difetti, che racconta la loro relazione certamente carente di qualche fondamentale ma che non ha lasciato risentimento, rimpianti, malcontento in nessuna delle due. Un piccolo gioiellino da guardare e maneggiare con cura come il cucciolo di cane che ambedue hanno deciso di prendere (due piccoli della stessa razza dallo stesso allevamento) con dieci giorni di differenza. Nel buio, prima dei titoli, Charlotte legge una lettera per Jane: “Ci insegnano tutta la vita ad affrancarsi dalle madri. Io mi voglio agganciare a lei”. E anche: “Vorrei che tu mi insegnassi a vivere”.

Se come diceva Cocteau la reazione tra madre e figlia è come il gioco della mosca cieca allora, a fine riprese, Birkin-madre e Gainsbourg-figlia si sono ritrovate e riconosciute e andate via a continuare la loro vita insieme, abbracciate verso l’orizzonte. Stop. Titoli di coda.

Passato in anteprima allo scorso Festival di Torino

In sala dal 16 giugno


Cast & Credits

Jane by Charlotte (Jane par Charlotte) – Regia e sceneggiatura: Charlotte Gainsbourg; fotografia: Adrien Bertolle; montaggio: Tianès Montasser, Anne Person; interpreti: Charlotte Gansbourg, Jane Birkin, Jo Attal; produzione: Mathieu Ageron, Maxime Delauney, Charlotte Gainsbourg, Romain Rousseau; origine: Francia,  2021; durata: 86′; distribuzione: Wanted Cinema.

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