Salisburghese di nascita, studente della scuola di cinema di Vienna, Bernhard Wenger (1992) arriva a dirigere il suo primo lungometraggio, dopo essersi già fatto notare, negli ultimi anni, come autore di ottimi corti. Diciamo subito che l’esordio è di quelli che lasciano intravedere un notevole talento, in perfetta linea con il miglior cinema austriaco degli ultimi decenni (Haneke, Seidl, Albert, Hausner), ma forse con un maggior tocco di leggerezza in più. Dopodiché si vedrà come la sua carriera continuerà, ma c’è da ben sperare. Il film s’intitola Peacock (Pfau in tedesco), e un pavone, bellissimo ma profondamente inquietante, si vede davvero due o tre volte nella seconda parte del film, come paradossale indicatore di un mondo che sta totalmente andando a rotoli.
Forse è tutto il mondo che sta andando a rotoli, certamente lo è quello del protagonista del film, Matthias – interpretato da uno degli attori tedeschi più bravi, Albrecht Schuch (nessuno, negli ultimi anni, ha ricevuto più premi di lui) – che lavora in un’agenzia dall’altissimo gradiente distopico che risponde al nome di MyCompanion. A questa agenzia di cui Matthias è non si capisce se una delle punte di diamante o addirittura uno dei soci, ci si rivolge per, come dice il nome, trovare un compagno o una compagna per le cose più diverse: un figlio per il sessantesimo compleanno? Un fidanzato gay per partecipare al casting di una casa da prendere in affitto? Un giocatore di golf? Un padre in una scuola elementare che racconta la propria professione (assolutamente inventata)? Un trainer che insegni a una moglie a farsi rispettare dal marito?
Ebbene: l’agenzia offre tutto questo e in questi diversi ruoli scivola ogni volta Matthias, che nella sua casa bellissima e asettica con piscina nella periferia di Vienna possiede un enorme vano guardaroba, ordinato in modo anale, con tutti i dress code richiesti per le più svariate occasioni. È chiaro che a furia di calzare di volta in volta i panni richiesti, Matthias sta perdendo vieppiù contezza di chi è, di quale sia la sua vera identità (sempre che ne abbia una) e la recitazione di Schuch (gli occhi sempre un tantino troppo spalancati, i movimenti che paiono quelli di un automa) rende a meraviglia l’irrigidimento, lo spaesamento del personaggio che sembra incapace di orientarsi nel mondo, tutte le volte che NON deve recitare, tutte le volte che non ha un canovaccio a cui doversi attenere, tutte le volte che, invece, dovrebbe vivere la sua vita vera. Anche in quei casi il protagonista sembra limitarsi soltanto a recitare una parte, ciò che ben presto mette in crisi, in primis, il rapporto con la compagna, primo segnale di una vita che, scena dopo scena, sequenza dopo sequenza, finisce per sgretolarsi.
Sul piano della forma il film si regge sulla contrapposizione fra un’estrema stilizzazione e la paradossalità (più di una volta mi è venuto da pensare ai film di Östlund, la scena prefinale. che non racconterò, sembra quasi una citazione di The Square) di personaggi, animali, episodi che, come una specie di via crucis, punteggiano questo progressivo sfascio della vita di Matthias, con una sequenza finale che, forse, potrebbe lasciar intravedere una possibile liberazione dalle catene dei ruoli. Volendo, si potrebbe leggere questo film anche come un’allegoria metacinematografica sul ruolo dell’attore, ma si ha più la sensazione che in ballo non ci sia tanto il cinema quanto piuttosto la vita, ridotta a simulazione, e l’impossibilità o l’estrema difficoltà di addivenire all’Autentico, alla Vita Vera, appunto.
Ottimo, dunque, l’esordio di Bernhard Wenger, prodotto dalla NGF, acronimo di Nikolaus Geyrhalter Filmproduktion (Geyrhalter è, a sua volta, un notevolissimo regista austriaco, specializzato in documentari) e distribuito dalla mk2 Films, che i film non li sceglie mai a caso. Prevedo una distribuzione anche in Italia, e prevedo un’ottima carriera per il regista.
Peacock – Regia, sceneggiatura: Bernhard Wenger; fotografia: Albin Wildner; montaggio: Rupert Höller; interpreti: Albrecht Schuch, Anton Noori, Julia Franz Richter, Salka Weber, Theresa Frostad Eggesbø; produzione: NGF – Nikolaus Geyrhalter Filmproduktion GmbH, CALA Filmproduktion GmbH; origine: Germania/Austria 2024; durata: 104 minuti.