Il ping-pong nasce in Inghilterra alla fine dell’Ottocento quando i nobili annoiati dal maltempo invernale non sapevano come dilettare il tempo costretti a passare le giornate all’interno di manieri, residenze signorili e ville in campagna, senza poter disputare una partita a tennis per via del freddo e del buio: inventarono un tennis in miniatura, da giocare in luoghi chiusi, nei circoli della Alta società, durante la cattiva stagione. Chi avrebbe immaginato quanto lontano potesse espandersi il ping-pong come sport.
Il film inizia a Roma nel 1992: in un vicolo scuro un uomo viene derubato. Alla polizia lo trattano come un povero immigrato cinese che vende oggetti o, nella peggiore delle ipotesi, ruba. A salvarlo arriva un pezzo grosso della comunità sportiva e descrive l’uomo: è un allenatore di ping-pong famoso in tutto il mondo, in Svezia il suo viso è addirittura sui francobolli, va rilasciato immediatamente. Dalla Cina vogliono che torni in patria ad allenare la squadra nazionale e farla tornare allo splendore, dopo aver subito varie sconfitte da alcune squadre europee, prima tra tutte la Svezia che ha vinto il campionato mondiale e gli ha rubato la supremazia nel tennis tavolo, grazie a tecniche di gioco innovative.
Il ping-pong è un gioco di strategia, c’è chi attacca, chi riprende ogni colpo, chi rimette la palla sempre dentro il perimetro del tavolo, chi taglia il colpo producendo un effetto: vince chi capisce il gioco dell’altro, chi spiazza l’avversario copiando il suo stile, vince chi ha i nervi più saldi, come in ogni sport.
Quando il protagonista Dai Minjia (Deng Chao) torna dall’Italia nessuno sta dalla sua parte: la moglie avrebbe preferito restare a Roma, la stampa dichiara che non ha mai portato nessun atleta alla vittoria e che non è la scelta giusta per la nazionale, l’allenatore uscente a cui viene offerto il ruolo di vice allenatore di primo acchito se ne va. Il compito di riformare la squadra è una sfida: l’uomo sceglie quelli che per lui sono i migliori giocatori tra atleti infortunati, veterani e operai senza esperienza, ragazzini alle prime armi. È un impavido, è un lavoratore, è convinto di quello che fa.
“Troppo vecchio, troppo giovane, un infortunato, un cieco. È questa la tua nazionale vincente?”
“Tra due anni se non andrà bene potrà mandarmi via”.
È un ultimatum che l’allenatore lancia davanti alla nazione: in due anni il titolo mondiale tornerà alla Cina.

Allenamenti serrati in ogni condizione climatica, partite su partite, rivedere il gioco videoregistrato (ottenendo dal Mister di comprare attrezzature per un costo di ventimila dollari) e imparare dai propri errori: tra Rocky, Momenti di gloria o Forrest Gump, Ping-pong – Il ritorno ha l’enfasi epica del grande film sportivo accresciuto dal nazionalismo e dalla retorica stoica della tenacia al lavoro della popolazione cinese.
Grandiose scene di atleti che corrono nella neve, coi piedi nell’oceano, in palestra magnificano lo schermo e trascinano lo spettatore in una solidarietà istintiva con gli sportivi.
Il primo torneo in Corea è all’ultimo sangue, dopo una finale al quinto set i cinesi riescono a strappare il trofeo al Belgio e portare finalmente a casa una vittoria. Tuttavia, l’atmosfera di festa dura poco, in quanto i mondiali di Göteborg si avvicinano. Il torneo è tesissimo. Gli atleti sono forti ma gli svedesi tirano fuori tattiche di gioco spiazzanti. La Cina perde. La nazionale è sciolta. Dai Minjia viene mandato via. I giornali sono contro di lui. Il sogno è infranto. Ma dalle cadute ci si rialza, gli sportivi lo sanno fare, la posta è più alta, bisogna lavorare più sodo.
La caratterizzazione dei personaggi è utile allo svolgimento della storia, basata su fatti realmente accaduti. La passione assoluta degli atleti e dell’allenatore sono ben descritti e il resoconto filmico degli incontri dei tornei mondiali è appassionante, all’ultimo respiro.
Il botta e risposta della pallina bianca rimandata ritmicamente a velocità incredibile da un lato all’altro del piccolo tavolo (le misure di un tavolo da ping-pong sono: 2,74 metri di lunghezza per. 1,52 metri di larghezza) coinvolge lo spettatore a trattenere il fiato con scambi lisci o tagliati, palle lente o veloci, rovesci, dritti, chop e block a difendersi dal top spin che è un colpo molto potente dal basso verso l’alto che fa ruotare la pallina in avanti, le conferisce velocità facendola schizzare nel campo avversario. Un crescendo di tensione fino ad arrivare ai Campionati Mondiali del 1995 a Tianjin quando tutti i personaggi coinvolti nella storia – i campioni cinesi, gli avversari svedesi (Karlsson, Person, Waldner), i parenti dei giocatori – assistono alle partite cruciali per un finale degno di nota.
Da consigliare soprattutto (o solo) agli amanti del tennis da tavolo.
Ping-pong – Il ritorno (Zhong Guo ping pang zhi jue di fan ji) – Regia: Deng Chao, Yu Baimei; sceneggiatura: Yu Baimei, Pei Liu, Hui Meng; fotografia: Max Da-Yung Wang; montaggio: Ballu Saluja; musica: Andrew Kawczynski; interpreti: Deng Chao, Alan Aruna, Yida Cai, Guansen Ding, Duan Bowen, Sun Li, Xilun Sun, Weizhou Xu; produzione: Yan Liang, Ning Ya, Ruoqing Fu, Mingyu Peng, Baimei Yu; origine: Cina. 2023; durata: 137 minuti; distribuzione: Imago Communication.