Stella è innamorata di Sylvie Verheyde

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È il millenovecentottantacinque. Stella (Flavie Delange) torna dalla prima vacanza estiva da sola con le amiche del cuore, in Italia. Hanno flirtato, hanno fatto il bagno, mangiato, ballato, baciato. Qualcuna ha perso la verginità, qualcuna no. Si sono sentite libere. Il ritorno a Parigi è scioccante: il padre (Benjamin Biolay) se n’è andato, ha lasciato la madre (Marina Foïs) mettendosi con una che si chiama Stella, come la sua unica figlia. La madre è depressa, piena di debiti, rude più di sempre. È l’anno della maturità, Stella non ama studiare, è distratta in classe, l’unica cosa che vorrebbe fare dopo il liceo è provare a entrare in una scuola di danza, la madre le chiede se le serve studiare per fare la puttana. Stella è riservata, silenziosa, osservatrice. Tra amiche sono molto solidali, si prestano i vestiti, si dicono le cose difficili, si sostengono a vicenda.

Nel gruppo lei è la meno agiata, la madre possiede un bar che gestisce, loro vivono in una parte del locale. Una sera una delle amiche propone di andare in discoteca, la più alla moda, Les Bains-Douches. E da quel momento cambia tutto. Stella si libera nella danza, si sente a suo agio nell’ambiente scuro e fumoso, viene fatta entrare per merito del suo stile e della sua bellezza superando l’esame del buttafuori: questo la fa sentire bene. Al centro della pista vede André, un ragazzo di colore più grande che balla come un Dio, si invaghisce di lui, la avvertono che è uno che cambia ragazza ogni sera, non importa, Stella è innamorata.

L’atmosfera underground dei club, della musica elettronica, della new wave diventa l’habitat ideale di una ragazza lasciata a se stessa da una famiglia libertaria e incasinata. Stella arriva ad uscire la sera tre sere a settimana, il giovedì, il venerdì e il sabato: la mattina a scuola è assonnata e assente, lascia i compiti in bianco, racconta poco alle amiche che la raggiungono raramente al locale. Senza una guida genitoriale, Stella accoglie il nuovo figlio del padre, immaginando che almeno lui avrà un destino differente, in cui l’uomo assolverà il suo ruolo con presenza. È distaccata, irascibile, deconcentrata. È adolescente e, come chi non trova una luce in fondo al tunnel, brancola.

Una notte si confessa con Gladys, l’amica più cara: Ho paura di essermi innamorata. Non sono normale: non posso dormire senza luce, ho paura degli ascensori, non riesco nemmeno a capire i miei sentimenti, di solito penso ad altro e li evito, sono buona a nulla come dice mia madre.

In risposta l’amica riesce a dirle solo che è fortunata ad avere un fisico da spogliarellista. Stella trova così confutazione alla sua teoria che nessuno si innamorerà mai di lei. Gladys le suggerisce di vedere uno psicologo, forse dovrebbe parlare con qualcuno di quello che è successo in camera sua quando era piccola con Bubu. Ma lei sa che nessuno nella sua famiglia ha soldi per un aiuto del genere, non chiede niente alla madre che ha invitato l’amante a vivere con loro mettendole una brandina in corridoio. La vita familiare diviene sempre meno sostenibile, Stella passa più tempo possibile fuori, dalle amiche, nei bar, in discoteca. Deve lavorare per contribuire ma presto si licenzia dal ristorante perché la padrona pretendeva una dedizione nel servire ai tavoli che lei non ha.

Davanti alla sua insofferenza la madre le dice: La vita è una merda, bisogna mangiarsela: non proprio un precetto morale su cui fondare l’esistenza. Stella intraprende una relazione con André che vive da solo, ha amici musicisti che parlano di arte contemporanea (le citano Yves Klein, Basquiat, Keith Haring di cui lei non sa nulla e se ne vergogna), assumono droghe che lei rifiuta, si dice che stiano nelle Black Panthers, alla fine la annoiano anche loro.

Sentirsi inadeguati in ogni posto dove si finisce, non trovare appigli per dare un senso, essere svogliate e indolenti è ciò che caratterizza i diciotto anni di una ragazza degli anni Ottanta (e forse di ogni epoca). L’unica cosa che le piace è ballare ma non ci guadagnerà di che sfamarsi.

In comparazione con il celebre Il tempo delle mele (Claude Pinoteau, 1981) in cui l’adolescenza è raccontata con gioia e leggerezza, Stella, al contrario della solare Vic Beretton (interpretata dalla florida Sophie Marceau, scoperta dal regista tra migliaia), vive la pesantezza della sua età in un tempo dilatato e scostante, rallentato come in una scena di ballo underground, molle e flessibile come un giunco al vento, desiderosa di tante cose senza riuscire a metterne a fuoco una in particolare.

Raccontare gli anni Ottanta quarant’anni dopo crea la distanza, per la regista Sylvie Verheyde, per analizzare un periodo in cui le cose, per certi versi, sembravano più semplici da capire, ma non facili da modificare: la madre di Stella è un personaggio forte e significativo di donna nuova, figlia delle rivoluzioni del sessantotto, che sceglie di non essere succube degli uomini pagandone un alto prezzo ma con la necessità forte di rendere la successiva generazione, incarnate nella figlia che sta diventando una giovane donna, indipendente e autonoma.

Il film segue con dolcezza e tocco rispettoso l’altalenarsi degli umori di Stella, in cerca di un posto del mondo e di fondamenta interne solide sulle quali costruirsi una identità di genere.

Delicato e veritiero, una ricostruzione storico-sociale perfetta, musiche e atmosfere riuscite, recitazione a tono, mai falso, intenso.

In sala dal 21 novembre 2024.


Stella è innamorata  (Stella est amoureuse) Regia: Sylvie Verheyde; sceneggiatura: Sylvie Verheyde, William Wayolle; fotografia: Léo Hinstin; montaggio: William Wayolle, Alexandre Westphal; musica: Nousdeux The Band; interpreti: Flavie Delange, Marina Foïs, Benjamin Biolay, Louise Malek, Prune Richard, Agathe Saillou, Claire Guineau, Léonie Dahan-Lamort, Thierry Neuvic, Fred Épaud, Stéphane Ly-Cuong,  Noémie Zeitoun, Soumaye Bocoum, Frédéric Sandeau, Irène Moati;  produzione: Atelier De Production, France2 Cinema; origine: Francia, 2022; durata: 110 minuti; distribuzione: No.Mad Enternainmen.

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