Giovedì 14 novembre, un infreddolito Carlo Verdone ha dato il primo ciak, notturno, alla quarta serie di Vita da Carlo; da sabato 16 novembre, i dieci episodi della terza stagione arriveranno su Paramount+ in due scaglioni. So che sulla scelta del quasi settantaquattrenne comico romano (domenica è il suo compleanno) pesano ironie e addirittura sarcasmi, per la serie «Ma quando torna a fare un film?»; tuttavia io continuo a pensare che faccia bene a proseguire su questa strada: l’autobiografismo è un pretesto per riprendere il discorso, alla luce dell’età non più verde, sulle strettoie esistenziali, sui pensieri che affiorano di notte, soprattutto sul complesso rapporto col mondo femminile.
Più che nelle precedenti due, questa terza serie cavalcata nella vita reale/immaginaria di Verdone, sempre prodotta da Aurelio De Laurentiis, si colora di una riflessione malinconica sull’esistenza di un attore famoso, il che non significa che manchino momenti di notevole spasso. Scritte con Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni, dirette da Valerio Vestoso, Arnaldo Catinari e dallo stesso Verdone (mi pare tre), questi dieci episodi di breve durata, tra i 24 e i 32 minuti, restituiscono fedelmente una certa “filosofia” verdoniana, del resto riassunta in una frase sussurrata dal protagonista: «Aveva ragione mio padre. Nella vita si può fare bene solo una cosa, quella per la quale sei conosciuto e apprezzato. Il resto, se fallisci, è solo vanità e presunzione». S’intende che in Vita da Carlo 3 succede altrimenti, anche se si approderà proprio a quella considerazione, tra esistenziale e professionale, che fu cara al poliedrico prof. Mario Verdone.
Lo spunto? Verdone, dopo aver portato a teatro lo spettacolo “Il pedinatore degli italiani”, non sa più bene a che cosa dedicarsi. Decide di indire una conferenza stampa per fare il grande annuncio. Della serie: «Arriva un momento in cui il libro si apre e il libro si chiude. Diciamo che Carlo Verdone lascia il cinema. Non sono sicuro, sono strasicuro». Ma nel frattempo la Rai gli ha offerto di pilotare il Festival di Sanremo e lui, incuriosito dalla sfida, accetta, forse sottovalutando i guai che l’aspettano nella messa a punto del più gettonato Rito Nazionale.
Naturalmente fatti personali e familiari s’intrecceranno di nuovo col cimento artistico, insomma con la ricerca di una nuova formula sanremese che dia spazio ai nuovi talenti e introduca un tocco di sobrietà nella kermesse televisiva.
«Io le donne proprio non le capisco: alzo bandiera bianca» confessa Verdone in una scena. E credo che il personaggio, nel dirlo, lasci spazio alla persona nel resoconto delle peripezie: spesso buffe o tragicomiche, s’intende destinate a movimentare le giornate di un uomo – asfissiato, strattonato – che in fondo ambirebbe solo a un’esistenza tranquilla. Sta qui, da sempre, la cifra “malincomica”, con la emme, di Verdone nel confronto con un universo muliebre che gli incute paura e insieme l’attrae.
Mi pare inutile rivelare gli eventi che scandiscono le dieci puntate, alcune davvero divertenti: penso alla quinta, quasi una parodia di Eyes Wide Shut, e alla nona, dove viene evocato il suo Maledetto il giorno che t’ho incontrato. Ma è questione di gusti. Diciamo, per sommi capi, che Verdone, imbrigliato nelle fatiche sanremesi, deve fare i conti con la pazzoide Sofia, l’ex moglie Sandra, la figlia Maddalena incapace di gestire maternità e lavoro, una baby-sitter spagnola dalla doppia vita, la fedele governante affetta da un vizio costoso, un’imprevedibile conduttrice radiofonica pure cleptomane, l’ambigua dirigente della Rai, una squinternata che dà a tutti del “rettiliano” eccetera. Solo per restare al versante muliebre.
Molte le conferme: da Caterina De Angelis ad Antonio Bannò, da Maria Paiato a Stefania Rocca e Monica Guerritore; mentre tra le new entries ci sono Maccio Capatonda, Aida Flix, Giovanni Esposito, Demetra Bellino, Mascia Musy, più un folto numero di amici nel ruolo di sé stessi: Lucio Corsi, Ema Stokholma, Serena Dandini, Gianni Morandi, Roberto D’Agostino, Zucchero, Nino D’Angelo, Betty Senatore, Gianna Nannini (come l’Anthony Perkins di Psyco). Compaiono brevemente anche Ernesto Assante e Luis Molteni, salutati con un “ciao” sui titoli di coda: poco dopo le riprese purtroppo se ne sarebbero andati.
Curiosità per musicomani: il caldo blues in accordi minori che risuona nella prima puntata e poi sui titoli di coda si chiama Ordinary Madness, canta e svisa Walter Trout.
Su Paramount+ dal 16 novembre (i primi 5 episodi) e dal 23 novembre (i restanti 6 -10).
Vita da Carlo (terza stagione) – Regia: Valerio Vestoso, Arnaldo Catinari, Carlo Verdone; soggetto e sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Luca Mastrogiovanni; fotografia: Diego Indraccolo; montaggio: Pietro Morana; musica: Fabio Amurri; scenografia: Giuliano Pannuti; interpreti: Carlo Verdone Monica Guerritore, Stefania Rocca, Caterina De Angelis, Antonio Bannò, Filippo Contri, Maria Paiato, Stefano Ambrogi, Ema Stokholma, Maccio Capatonda, Gianna Nannini, Zucchero Fornaciari, Nino D’Angelo, Serena Dandini, Roberto D’Agostino, Francesco Motta, Lucio Corsi, Betty Senatore, Giovanni Esposito, Giada Benedetti, Pietro Ragusa, Demetra Bellina, Radu Murarasu, Gianluigi Molteni, Laurence Belgrave, Loredana Piedimonte, Aurora Sardo, Luca Guastini, Alex Badiglio, Gabriel Elia Salvotti, Leone Bonanni, Aida Flix Filella, Mascia Musy; produzione: Luigi e Aurelio De Laurentiis per Filmauro; origine: Italia, 2024; durata: 10 episodi (30 minuti circa); distribuzione: Paramount+.