Sei fratelli di Simone Godano

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Ormai arrivato al suo quarto lungometraggio con una cadenza quasi biannuale a partire dalla sua opera-prima del 2017 Moglie e marito con Francesco Favino e Katia Smutniak, il regista romano Simone Godano, classe 1977, si sta decisamente affermando come dei principali autori della commedia contemporanea italiana. Sia perché sa gestire abilmente i tempi comici del proprio lavoro ma anche per alcune caratteristiche ricorrenti nel suo cinema come l’uso e la presenza di attori/attrici di  rilievo, oltre ad una spiccata predilezione per l’impianto corale del racconto da cui poi si staccano ed emergono le figure dei protagonisti.

Questa volta Godano alla fida sceneggiatrice Giulia Steigerwalt con cui aveva scritto sia il suo citato film di debutto sia Croce e delizia (2019) e poi Marilyn ha gli occhi neri (2021), ha sostituito la penna di Luca Infascelli per realizzare – sempre con la Groenlandia di Matteo RovereSei fratelli ora in uscita nelle nostre sale. Già come tradisce e si intuisce dal titolo, quest’ultima opera, ancor più delle precedenti, vive di un impianto polifonico con cui è costruita la struttura narrativa del film che si dipana – in una divisione temporale a capitolaggio – nell’arco di una settimana o quasi, da lunedì a sabato, sei giorni quanti i fratelli in questione.

Si inizia subito con un atto drammatico: il patriarca narciso e sciupafemmine della famiglia Alicanti, il settantenne Manfredi (Gioele Dix) ormai condannato da una malattia inguaribile, decide di togliersi la vita dal tetto di un ospedale a Bordeaux. Accorsi al funerale del padre e all’apertura del testamento da parte di un notaio della città francese, si presentano allora, da provenienze spesso diverse, i cinque fratelli e sorelle nati però da tre madri differenti. Che rispondono ai nomi di Marco (Riccardo Scamarcio), Guido (Adriano Giannini), Leo (Gabriel Montesi), Gaelle (Claire Romain) e Mattia (Mati Galey), a cui si aggiunge la moglie di Marco, l’avvocato Giorgia (Linda Caridi), grande passione di gioventù di Leo (da ciò l’accesa rivalità se non odio trai due fratelli). E in quella occasione il quintetto scopre a sorpresa l’esistenza di una ulteriore sesta sorella, la trentenne Luisa (Valentina Bellè), di cui si ignorava l’esistenza e che era nata da una quarta amante del prolifico Manfredi.

La riunione forzata della famiglia scatena allora – a differenza da quanto si illudeva in un eccesso di utopia o di illusione il padre alla sua morte – tutti i conflitti che per anni avevano diviso i fratelli/e, acuendone così i rancori, dissapori, piccole invide o rivincite reciproche, che a questo punto il film ci esplicita per filo e per segno. In più, l’eredità in cui molti speravano, si rivela una mezza (o totale) fregatura, trattandosi di un allevamento di ostriche (che voleva essere anche qualcosa maggiormente ambizioso, essendosi poi trasformato in una coltivazione di perle) su cui pesano dei debiti parecchio pesanti, oltre stipendi di dipendenti non pagati. Insomma, un bel pasticcio generale, umano e economico, sul quale, però, a questo punto è doveroso smettere di raccontare, dato che abbiamo già detto troppo.

Gabriel Montesi, Riccardo Scamarcio e Adriano Giannini

Anche a non essere particolarmente colti o perspicaci,  dunque, – senza necessità alcuna di far sfoggio di tanti altri esempi stranieri e per restare dentro i confini della nostra grande commedia classica – ci accorgiamo di trovarci, aggiornati al presente,  dalle parti di un Mario Monicelli o di un Ettore Scola, più comunque da quelle di Parenti serpenti (1992) che dalle altre,  molto asprigne, di Brutti, sporchi e cattivi (1976) o della Famiglia (1987), per citare dei film che, più o meno ragione, mi sono venuti alla mente guardando Sei fratelli. Ambientato nella cornice e nella bella luce atlantica della città francese e dei suoi dintorni, il film diventa così una ronde malmostosa sul tema della famiglia allargata, con tanto di florilegio di bisticci, incomprensioni, dispetti e rivalità personali che nell’arco del film daranno vita a diverse sottostorie sino alla risoluzione (diciamo così) finale dell’intrigo. Le volte nelle quali (spesso) Simone Godano riesce a mettere le briglie ai suoi cavalli talvolta troppo impetuosi e scatenati che tendono a rubarsi la scena l’un l’altro, la pellicola funziona, altre volte quando, invece, ciò non accade, si tende a scadere nella caricatura e nell’eccesso.

Fatta, però, la tara del tutto e pur considerando che la trama non esibisce una grande originalità di contenuti, si tratta di un’opera, per ampi tratti, piacevole e riuscita, soprattutto quando dalle accese sparate delle scene madri si passa alla riflessione e ai mezzi toni, mostrando così il lato più romantico dell’esistenza – come per altro ha dichiarato di volere anche lo stesso regista. Sei fratelli è dunque quella che un tempo sarebbe stato definito un discreto prodotto medio e che oggi magari – nel mare della mediocrità dilagante della maggior parte della produzione italiana – ambisce a qualcosa di più. Certo i francesi – per citarli, visto che il film si svolge nel loro paese – a riguardo sanno fare decisamente di meglio.

In sala dal 1 maggio 2024


Sei fratelli Regia: Simone Godano; sceneggiatura: Simone Godano, Luca Infascelli; fotografia: Guillaume Deffontaines; montaggio: Andrea Vacca; musica: Federico Albanese; scenografia: Alessandro Vannucci; interpreti: Riccardo Scamarcio, Valentina Bellè, Axel Gallois, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Linda Caridi, Judith El Zein, Imma Villa, Antonella Ponziani, Camilla Barbieri, Gioele Dix; produzione: Matteo Rovere per Groenlandia con Rai Cinema; origine: Italia, 2024; durata: 103 minuti; distribuzione: 01 Distribution.

 

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