Così com’è di Antonello Scarpelli

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Secondo film del trentasettenne Antonello Scarpelli (Cosenza, 1988), Così com’è sembra presentare numerosi elementi autobiografici, a cominciare dai nomi dei personaggi che hanno lo stesso nome che portano nella vita vera: il padre (Francesco), e i due figli (Giuseppe, Antonello), la madre (Emilia). Se poi si tiene conto che uno dei due figli, quello che si chiama Antonello è non solo interpretato dallo stesso regista, ma vive a Colonia, dove Antonello Scarpelli ha studiato cinema, tutto lascia pensare che il film si basi quasi esclusivamente, come si diceva, su materiale autobiografico; se davvero tutto così fosse, una delle principali vicende del film ovvero la diagnosi di Alzheimer per il padre Francesco, assumerebbe una valenza tragica, ben superiore (inutile negarlo) all’impatto che avrebbe se il personaggio fosse solo di finzione. Non siamo quindi in presenza di quello che Philippe Léjeune avrebbe chiamato patto autobiografico, ma poco ci manca, a cominciare dal video amatoriale con cui inizia il film risalente a un’epoca ben anteriore e nettamente più felice dei genitori, che in qualche misura, allude a una promessa di realismo, anzi di documentarismo, di cui al titolo, così com’è appunto, niente di più, niente di meno.

Ciò premesso, il film procede con uno stile piuttosto statico, laconico, silente, molte inquadrature ferme, lunghe (il progressivo silenzio del padre sembrerebbe quasi contagioso), molte inquadrature dedicate ai paesaggi naturali, tutte concentrate sulla prima parte, quella ambientata in Calabria; dopodiché il film si sposta in Germania, a Colonia appunto (il film è non troppo a caso una co-produzione italo-tedesca), dove i genitori compiono coraggiosamente un viaggio per andare a trovare il figlio, non esattamente zelante nel dare notizie di sé, e per comunicargli la triste notizia delle condizioni del padre, di cui amorevole e paziente si occupa la madre Emilia, che anche nei confronti dei figli ormai adulti non ha dismesso la propria attitudine protettiva.

La condizione precaria e depressa del figlio si rivela ancor peggiore di quanto la madre vagamente immaginasse, al punto che i genitori restano per lo più confinati in un appartamento di fortuna e vedono il figlio a malapena, intuendo anche problemi relazionali non di poco conto. È qui che forse il film si distanzia di più dal vissuto autobiografico (o comunque da quello recente), elevandosi a riflessione universale sul dispatrio, sull’alienazione in una Germania particolarmente desolante, descritta quasi esclusivamente come un luogo di impermanenza (ferrovie, stazioni, quartieri dormitorio) che a paragone i film della Berliner Schule, quanto ad appeal delle locations, sembrano girati a Positano. Questa descrizione della Germania, a volerla dire tutta, mi è parsa un po’ convenzionale, ricordando un po’ troppo da vicino romanzi e poesie che si leggevano negli anni ’70, quella che i tedeschi chiamavano Gastarbeiterliteratur, incline a un tono malinconico, lamentoso, oltreché un po’ arrabbiato, gli emigrati come individui sradicati e sfruttati. Non è questo, per carità, il caso di Così com’è, ma certamente il mood di fondo nella descrizione della Germania è alquanto triste, tanto che quando i due genitori ritornano a casa, nonostante l’evidente progredire della malattia (il padre non riesce neanche più a caricare una macchinetta del caffè) i due coniugi ritrovano una paradossale serenità: la vita è un disastro, la malattia è inesorabile, ma quanto meno c’è un frammento di Heimat:, marito e moglie ballano, in sottofondo le note di Settembre di Peppino Gagliardi, arrivato secondo a “Un disco per l’estate”. Correva l’anno 1970. Vinse Renato dei Profeti con Lady Barbara.


Così com’è  – Regia, sceneggiatura: Antonello Scarpelli; fotografia: Stefania Bona; montaggio: Pierpaolo Filomeno; interpreti: Emilia Pisano, Francesco Scarpelli, Antonello Scarpelli, Giuseppe Scarpelli; produzione: Sutor Kolonko, Albolina Film; origine: Italia/Germania, 2024; durata: 81 minuti.

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