Una donna, Iris, (Kelsey Asbille), si sveglia presto la mattina e va al memoriale nel parco dove il suo amato figlio Matteo è morto cadendo da una rupe. Sta pensando di suicidarsi gettandosi da quella stessa rupe quando un estraneo la dissuade. Commossa dall’aiuto di Richard (Finn Wittrock), torna con lui al parcheggio, ma le intenzioni dell’uomo sono malvage. Le inietta una sostanza che le possa spegnere il corpo in venti minuti. Da questo momento in poi, la storia è originale perché non racconta tanto dell’odissea cruenta di Iris, ma quella dello stesso serial killer, che deve spezzarsi letteralmente per riuscire a sottomettere e a cercare di uccidere la giovane vittima. Subito, infatti, lei, sebbene già intorpidita, lo costringe a schiantarsi con la macchina contro un albero, fuggendo poi verso un fiume. Il suo corpo paralizzato viene trovato dal vecchio contadino Bill che la porta nella sua casa. Quando sta per chiamare la polizia, Richard arriva alla sua fattoria dicendo che il suo nome è Andrew e che sua moglie è gravemente malata. Il serial killer voleva passare una bella giornata con lei, con l’aspirazione di sentirsi Dio nell’essere padrone del suo destino, suo e di quello della giovane donna.
Sta qui l’originalità di Don’t move, diretto a quattro mani da Brian Netto e Adam Schindler, i quali, in coppia, hanno dato, secondo noi, il meglio, per ora, della loro carriera. Dire o scrivere di un film che si considera originale è, forse, il complimento più apprezzato e la ragione del suo possibile successo. Cosa, infatti, che viene confermata da questo brillante Don’t Move, prodotto da Sam Raimi per Netflix, un cineasta garanzia di qualità ma non necessariamente di successo.
Iris, nonostante sia ormai paralizzata per almeno un’ora, danna il suo carnefice, che è costretto a recitare continuamente parti diverse per giustificare la situazione a chi casualmente si intromette nella loro storia. Richard è il vero protagonista del film e, insieme a lui, lo sono anche la fotografia e le scenografie naturali, splendide, che contrastano in modo suggestivo con il dramma raccontato. Quello cioè di un uomo che sevizia le donne per elevarsi, per sentirsi un Dio, mentre i suoi piani falliscono miseramente, così come misero e solo resta lui stesso. Al contrario, Iris, attraverso il dolore e il conseguente spirito di sopravvivenza, riacquista quel senso della vita, che aveva perso nella tragedia della scomparsa accidentale del figlio. La stupidità e la follia dell’uomo la obbligano a una determinazione e a una forza che preludono a una nuova vita.
Così Don’t Move diventa un thriller originale, nell’invertire, nella scrittura, i ruoli di protagonista e di antagonista, rivelando l’intenzione di riflettere sulle vie diverse di affrontare un grande dolore, a volte insopportabile. L’angoscia e la disperazione possono generare un nuovo inizio, come in Iris, o l’ossessione mortifera di essere onnipotente, come in Richard. Su questo orizzonte, su questa lunghezza d’onda si muove il film di Brian Netto e Adam Schindler.
Su Netflix dal 25 ottobre 2024.
Don’t Move– Regia: Brian Netto, Adam Schindler; sceneggiatura: T.J. Cimfel, DavidWhite; fotografia: Zach Kuperstein; montaggio: Josh Ethier; musica: Mark Korven, Michelle Osis; interpreti: Kelsey Asbille, Finn Wittrock, Moray Treadwell; produzione: Raimi Productions; origine: USA 2024; durata: 92’; distribuzione: Netflix.
Interessante recensione al film in oggetto. Descrizione e taglio critico/ interpretativo efficace e intrigante. Grazie dell’invito alla visione.