Festival di Locarno 2024 (Piazza Grande, 8 agosto): Reinas di Klaudia Reynicke

Prima di parlare dei film presentati in Piazza Grande, iniziamo dalla premiazione della produttrice Stacey Sher (Reality Bites di Ben Stiller, Erin Brockovich – Forte come la verità di Steven Soderbergh oppure il mitico Pulp Fiction di Quentin Tarantino, tanto per fare qualche titolo…) che ha ricevuto il Raimondo Rezzonico Award. Al pubblico ha detto che per lei è un onore e una benedizione straordinaria essere stata premiata in questo luogo, che reputa il “Paradiso del Cinema”. Il mio è un lavoro dove si guarda sempre avanti e mai indietro, e sono contenta quando i sogni di qualcuno diventano realtà». Alla domanda del direttore artistico Giona Nazzaro, su quanto sia difficile lavorare come produttrice in un contesto prettamente maschile, ha risposto: «Quando ho iniziato, ero una giovane donna, e in quell’epoca dovevo scusarmi molto… adesso però non è più così. Noi donne abbiamo un posto e una voce in questo settore, nonostante spesso mi chiedano “Cosa fa un Producer?”. A questa domanda ci sono troppe risposte, ma ci vuole l’amore per la sceneggiatura e la creazione di film. Ogni lavoro è un’esperienza collettiva e si viene sempre trasformati dal film che si sta producendo.

Passando poi al film in programma di Klaudia Reynicke, bisogna ricordare che il suo Reinas ha avuto la prima mondiale in America, al Sundance Film Festival, e poi alla Berlinale 2024 dove ha ricevuto il Grand Prix per il miglior film nella Sezione “Generation plus”.

Cresciuta in Ticino dopo aver lasciato il Perù, la regista saliva per la prima volta sul palco della Piazza Grande anche se per più di 10 anni era stata nel pubblico della piazza. In passato aveva presentato altri due film a Locarno nel Concorso di “Cineasti del Presente”: The Nest (2016) e Love Me Tender (2019) e proprio  l’8 agosto di 15 anni fa, al Festival, aveva incontrato l’amore della sua vita, ora suo marito, anche lui presente in Piazza Grande per vedere Reinas.

La storia del suo film si riconnette a un territorio lasciato e ritrovato, parla di emigrazione dovuta al caos sociale e politico del Perù del 1992. Lucia e Aurora (le figlie) stanno per lasciare per sempre il loro paese con la madre, che aspetta solo la firma del padre Carlos per poter ultimare la richiesta del visto. L’uomo, che fino a quel momento era stato un genitore molto assente, si mobilita per riuscire a guadagnarsi l’amore delle due figlie, prima che partano.

L’ambientazione storica, colpisce molto, pensare  al coprifuoco, a vent’anni di lotte interne e agli attentati, che hanno fatto fuggire tante persone dal paese. La regista ha lasciato il Perù, che aveva solo 10 anni, perciò, per ricreare la giusta ambientazione, ha chiesto allo sceneggiatore Diego Vega di aiutarla, perché per lei era importante riconnettersi a quella storia, che è in parte autobiografica. Ci hanno messo quattro anni per finire la sceneggiatura che è stata ultimata ed adattata quando sono stati scelti i protagonisti.

Sul palco, si è fatta subito notare l’attrice che interpreta Lucia, Abril Gjurinovic che ha raccontato di aver vissuto la sua prima esperienza da attrice, un mestiere che in precedenza non considerava affatto come un possibile futuro ma  che ora le piace molto. E alla domanda come mai come mai sia finita a recitare nel film, ha risposto: “È stato molto divertente in realtà. Camminavo in un centro commerciale, quando mi hanno fermata dicendomi, che ero la persona giusta per il loro film. All’inizio, li avevo presi come dei truffatori, ma guardando online ho trovato le informazioni per il casting e l’ho fatto in via telematica.

Klaudia Reynicke ha aggiunto: mi sono innamorata subito di questa ragazzina, ma a Lima non la trovavamo più. Alla fine ho saputo, che lei aveva una storia molto legata a quella di Lucia. Lei e sua mamma erano partite dal Perù al Belgio, mentre suo papà è rimasto in Perù. Abril ha capito molto questo personaggio, perché l’aveva vissuto davvero.

Il padre Carlos è  stato interpretato da  Gonzalo Molina, un ruolo che lui ha considerato molto difficile da rappresentare anche se gli è piaciuto farlo. È un uomo solo, che è “rotto dentro”, ma ha bisogno di amore, di darlo e di riceverlo. Ha bisogno di abbracciare le sue figlie e di affrontare l’ex moglie.

Il film ci mostra  cosa vedono i piccoli rispetto alle grandi decisioni di una famiglia. Reinas parte dunque da un’indagine estremamente intima, guardando alla genealogia femminile (madri, figlie, nonna, sorella…), ma mostra anche un genitore, che deve lasciare andare la sua famiglia, per permettere alle figlie un avvenire migliore. Si tratta dunque di un viaggio, non solo in un altro continente, ma anche nel tempo. In definitiva Reinas è un film che vale la pena vedere, anche se magari si sarebbero potuti approfondire alcuni temi di questa storia che ha una base in parte autobiografica

In seconda serata, infine, è stato presentato in versione restaurata il director’s cut di The Fall del regista indiano Tarsem (Singh), un cult movie, uscito nel lontano 2006, dopo quattro anni di riprese ed essere stato girato 20 città – una sorta di tour nel tempo e fra i continenti, con al centro l’amore per lo story telling.

Catinca Untaru

Ci troviamo nella Hollywood dell’era del cinema del muto. Lo stuntman Roy Walker (Lee Pace) viene portato in ospedale dopo che un incidente sul set lo ha lasciato semiparalizzato. Lì fa amicizia con una bambina di nome Alexandria (Catinca Untaru, che nel 2006 aveva solo 6 anni e ½) alla quale inizia a raccontare una storia fantastica, di epici eroi che desiderano vendicarsi di un sovrano malvagio. Durante queste sue avventure di fantasia, si passa mano mano dagli eroi salvifici a quelli che muoiono. In realtà, il protagonista affabula le storie secondo il suo stato d’animo perché sta segretamente pianificando il proprio suicidio.

Foto della serata Stéphanie-Linda Maserin

 

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