L’eclettico Rod Barr, sceneggiatore di Cabrini, nonché musicista jazz, autore di libri per ragazzi e fondatore di una compagnia di videogames, era perplesso all’idea di sceneggiare un film su Frances Xavier Cabrini, una suora italiana la cui opera filantropica ha generato una vasta rete di istituzioni missionarie, che hanno ospitato, curato ed educato decine di migliaia di bambini poveri immigrati in tutto il mondo. “Sembrava un film sulle suore e non volevo fare un film sulle suore. Pensavo che sarebbe stata una cosa noiosa, pia, un tipica fiaba su di un santo.”
Poi qualcosa è scattato nella sua mente, e ha capito che Francesca Cabrini poteva non essere un film su una suora, ma un film su una persona straordinaria che casualmente era anche una suora. Ha accettato il progetto, ha scritto una sceneggiatura sciatta, banale ed imbottita di battute ad effetto, l’ha consegnata al regista Alejandro Monteverde, (Sound of Freedom, 2023) che ne ha tratto un dramma visivo pomposo e calligrafico. Hanno scelto Cristiana Dell’Anna per dare il volto alla protagonista, chiedendo un po’ troppo alla sua espressività con primi piani insistiti e ricorrenti, e ci hanno consegnato una pellicola di due ore e venti, che si fa guardare sino in fondo grazie, perlomeno, ad una costruzione narrativa sensata ed una varietà scenografica che ben trasmette la grandiosità dell’odissea che è stata la vita di Frances Xavier Cabrini.
Al progetto è stato riservato un budget piuttosto imponente, corrispondente a circa 50 milioni di dollari, (per intenderci lo stesso budget del primo Joker, venti milioni più caro di un film come Povere Creature). 50 milioni per ricreare un’America dei primi del ‘900 e gestire centinaia di comparse nel ruolo di lavoratori e braccianti italoamericani, eppure non sono bastati per trovare caratteristi che riuscissero a parlare un italiano credibile. Già, perché oltre al bravo Giancarlo Giannini e alla già citata Cristiana dell’Anna, al piccolo Federico Ielapi e a Romana Maggiora Vergano, abbiamo un altro ragazzino che parla un italiano stentato ed artefatto, (l’improbabile Enzo interpretato da Liam Campora) ed un buzzurro violento (Geno, interpretato dal fiorentino Giacomo Rocchini) che parla un napoletano improbabile. In un film che fa dell’utilizzo alternato di due idiomi, e quindi della ricerca linguistica, uno dei suoi punti di forza, queste grossolanità rappresentano una vistosa leggerezza.
Per quanto riguarda la resa atmosferica di un’America dei primi del Novecento, la pietra angolare di riferimento non può che essere il film di Sergio Leone C’era una volta in America, l’America di Monteverde è più patinata, lucida e macchiettistica, il degrado pare quasi sterilizzato, non riusciamo a percepire l’odore delle fogne e della sporcizia, (complice la fotografia di Gorka Gómez Andreu, eccellente, ma troppo imbellettata) mentre la musica cerca di divorare ogni scena virando sempre verso toni epici, ma alla lunga toglie colore alle vicende e le rende tutte similari.
La trama, come spesso accade, non si basa su una restituzione storicamente accurata degli accadimenti, ma su di uno studio del personaggio volto a restituirne l’essenza. Episodi come l’incontro con il cantante d’opera Enrico di Salvo sono completamente inventati, altri, come l’irruzione di Madre Cabrini al Senato, sono frutto di dicerie popolari tramandate da suore intervistate, e così via.
In breve, suor Cabrini è una determinata sorella, che compensa la sua debole costituzione fisica con una straordinaria forza di carattere, vuole espandere il raggio delle sue operazioni caritatevoli verso l’Asia, in particolare la Cina. Dopo numerosi rifiuti da parte di vescovi e arcivescovi, la sua caparbietà la porterà ad un incontro con il Papa Leo XIII in persona (interpretato da un sornione Giancarlo Giannini, che tratteggia bene la personalità moderna e coraggiosa del pontefice). Il Papa accetta sì, la sua proposta, ad una condizione: che cominci dall’Occidente, in particolare da New York. Si parte quindi alla volta del quartiere di Five Points, una delle aree più povere, affollate e pericolose di NY, dove gli immigrati italiani sono trattati come topi di fogna, e gli orfani vagano per le strade, ignorati e lasciati morire, mentre la popolazione della città guarda altrove.
Comincia in quel luogo dunque la costruzione del primo orfanotrofio, sfide insormontabili le si parano di fronte ogni settimana: delicati equilibri tra chiesa e governo, norme igieniche imposte con intento deliberatamente discriminatorio, un sindaco razzista, una costante mancanza di fondi. Ma madre Cabrini è inarrestabile, neppure l’incendio doloso dell’orfanotrofio la ferma, neppure l’ordine del Santo Padre di interrompere la missione. Con l’aiuto di una ex prostituta che le si è affezionata e delle fidate sorelle che si è portata dall’Italia, Madre Cabrini costruisce un vero e proprio impero e si pone come modello di straordinaria determinazione ed affermazione femminile, in un ambiente dove, come dice il Papa all’inizio, “un compito del genere non era mai stato affidato ad una suora prima d’ora”, e come dirà il sindaco alla fine, “è veramente un peccato che siate una donna, sareste stato un uomo eccellente”, battuta alla quale la fiera Cabrini risponderà a tono.
I tocchi creativi e la regia manieristica e leggermente esibizionista di Monteverde avrebbero potuto trovare una giustificazione con una sceneggiatura differente di quella dal sapore televisivo scritta da Rod Barr, contenente dialoghi che risultano a tratti veramente scadenti, tanto sono infarciti di frasi fatte e situazioni dallo sviluppo elementare. L’eclettico Rod si è forse un poco sopravvalutato e ci auguriamo che possa correggere il tiro nelle sue prossime produzioni, oppure, considerata la vasta gamma di talenti in suo possesso, dedicarsi ad altro.
Sulla protagonista, Cristiana dell’Anna, possiamo solo dire che il suo viso è capace di esprimere tenacità e disperazione in maniera piuttosto accademica ma con grande rigore ed efficacia, si intuisce del talento, e siamo sicuri che un ruolo più complesso avrebbe potuto valorizzarla maggiormente. Purtroppo per lei, Suor Cabrini praticamente non possiede un’introspezione, e restituire un personaggio la cui principale qualità è la determinazione, ma che non presenta caratteristiche intrinseche o sfumature psicologiche degne di nota, è probabilmente uno dei compiti più difficili ed ingrati per un attore.
Menzione doverosa per David Morse, nei panni dell’arcivescovo Corrigan, figura realmente esistita e inizialmente ostile a Cabrini e John Lithgow, Sindaco della città, che tenterà di osteggiare la nostra eroina sino alla fine.
In sala dal 13 ottobre 2024.
Francesca Cabrini (Cabrini) – Regia: Alejandro Gómez Monteverde; sceneggiatura: Rod Barr, Alejandro Gómez Monteverde (storia di entrambi); fotografia: Gorka Gómez Andreu; montaggio: Brian Scofield; musiche: Gene Back; scenografia: Carlos Lagunas; interpreti: Cristiana Dell’Anna, John Lithgow, David Morse, Romana Maggiora Vergano, Federico Ielapi, Rolando Villazón, Virginia Bocelli, Giancarlo Giannini, Patch Darragh, Jeremy Bobb, Eugenia Forteza; produzione: Francesca Film Production NY, Lupin Film, Lodigiano Film Development Inc.; origine: USA/Italia, 2024; distribuzione: Dominus Production.