Torino Film Festival (Doc/ Noi): Il giardino che non c’è di Rä di Martino

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Il film della videoartista Rä di Martino intitolato Il giardino che non c’è è parte di un progetto composito che vede coinvolti diversi soggetti, ovvero l’artista israeliano Dani Karavan, recentemente scomparso, la scuola di cinema Vancini con sede a Ferrara e soprattutto il MEIS, ovvero il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah che ha sede anch’esso a Ferrara.

Karavan insieme alla figlia Noa (Noa Karavan-Cohen) ha dato vita in questi mesi a una installazione presso il Corso Ercole d’Este di Ferrara dove, nella finzione, sarebbe stato allocato il celebre giardino di cui al romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi Contini. Come sanno gli esperti di Bassani e i ferraresi, quel giardino non esiste, è una creazione che mette insieme diversi elementi reali e immaginari, un luogo dapprima dell’illusione (l’illusione di poter preservare una dimensione edenica, inattaccabile dagli orrori della Storia, segnatamente le leggi razziali del 1938, in particolare nella Ferrara ebraica) e poi della Memoria, la memoria dei deportati e delle vittime della Shoah.

Ciò detto si fa un po’ fatica a capire quale sia il senso profondo di questo film, la cui più adeguata collocazione – ci sia consentito affermarlo – sarebbe stata quella di film, diciamo così, “educativo”, di quelli che vengono proiettati nelle apposite sale di un museo a integrazione di una esposizione, ma non certo quella di un festival, seppur fuori concorso. La collocazione al festival appare inadeguata per la ripetitività dell’assunto (il giardino NON esiste), per la mancata saldatura fra la parte più squisitamente documentaristica e quella specie di ingessato re-enactement di alcune scene/passi del romanzo messa in atto dai giovani studenti della scuola di cinema, condita altresì da alcuni momenti di cinéma direct, di auto-interrogazione degli attori-personaggi, francamente amatoriale.

La parte più squisitamente documentaristica alterna statements di note figure che da sempre ruotano intorno all’universo biografico e letterario di Bassani, molti dei quali contraddistinti da una robusta ferraresità (chi scrive insegna da vent’anni in quella città e conosce molto bene quello che si potrebbe definire l’indotto bassaniano): la figlia Paola Bassani, appassionata amministratrice dell’eredità paterna, la compagna Portia Prebys, l’italianista Gianni Venturi, la storica Anna Quarzi. A questi testimoni vengono ad aggiungersi, a distanza di più di cinquant’anni anche i due attori principali che interpretarono il film di Vittorio De Sica, risalente al 1970, ovvero Lino Capolicchio (Giorgio) e Dominque Sanda (Micòl), adesso rispettivamente settantottenne e settantenne che tornano indietro senza peraltro dire niente di particolarmente originale. Ché uno degli argomenti su cui il mediometraggio (52 minuti) verte sono proprio le turbolenze relative alla trasposizione cinematografica del film che Bassani, pur avendo fornito il proprio assenso, non vide di buon occhio, riuscendo ad ottenere che nei titoli di testa risultasse la formula “liberamente tratto da”. Per il resto il film attinge anche a molto footage: premiazioni, interviste, statement di non particolare significato.


Cast & Credits

Il giardino che non c’èRegia: Rä di Martino; soggetto: Noa Karavan Cohen;  interpreti: Dominique Sanda, Simonetta Della Seta, Ariela Piattelli, Lino Capolicchio, Marco giusti, Raffaele Curi, Gigliola Mariani, Portya Prebis, Gianni Venturi, Andrea Pesaro, Sergio Parussa, Ferigo Foscari,Chiara Valerio,Alessandro D’Alatri, Anna Dolfi, Anna Quarzi, Fabio Testi, Paola Bassani, Lorenzo Benedetti, i giovani attori della scuola di cinema Vancini; produttori: Alto Piano, Les films du poisson; origine: Italia, Francia 2021; durata: 52′

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