Al più grande…dalla sua devota moglie, che lo adorava
Una donna compra una corona di fiori per il marito morto. Una volta decisa la scritta, la porta a mano al palazzo, su per le scale facendosi largo tra la folla, infine dentro una stanza fino al feretro, ma il morto si alza tra le mani degli ammiratori e la guarda dritto in faccia.
Tu sei odiosa per me.
Detto ciò, ritorna nella bara. Quell’uomo è, era Tchaikovsky.
È sufficiente la scena iniziale per indicare i pregi de La moglie di Tchaikovsky. All’interno di una narrazione lunga e non sempre interessante, accadono scene ben fatte nei quali s’inganna la vita e il tempo: mesi di attesa per il ritorno di un marito che si annullano con la caduta della pioggia, bare pregate in una stanza e pianoforti trasportati nell’altra e morti, appunto, che ritornano in vita giusto il tempo per offendere. Con l’uso del piano sequenza e lenti movimenti di camera, le situazioni si sommano e si accavallano, il tutto in una scenografia curata al dettaglio, con le lingue (russo, francese, italiano) che si affiancano e una fotografia capace di far immergere lo spettatore nel periodo. Se a livello di maestranze il lavoro è ottimo, a livello di narrazione si pecca in densità con uno studio della protagonista che si fa ricorsivo e un’analisi in direzione femminista che è interessante ma si rifugia troppo facilmente nel sogno o nell’allucinazione erotica e perde così d’efficacia.
Antonina (Alyona Mikhailova) s’innamora perdutamente di Tchaikovsky (Odin Lund Biron). Lui è all’inizio della carriera ma è già chiaro che sarà uno dei grandi. Inaspettatamente, il musicista ricambia l’affetto della donna e lo stupore degli amici è palese, tutti si chiedono come Antonina ci sia riuscita, quale magia o tasto segreto abbia premuto, ma quando i due convolano a nozze qualcosa inizia a stridere:
Più che un banchetto di nozze, sembra un funerale.
Con il tempo Tchaikovsky diventa sempre più chiuso e insofferente alla presenza della neo moglie e gli stessi amici che prima si stupivano, ora glielo suggeriscono:
Volere un consiglio? Scappate da lui, al più presto.
Ma non c’è problema. Il giorno dopo a esserne fuggito è lui, Tchaikovsky.
Già messo in pellicola nel 1971 da Ken Russell con L’altra faccia dell’amore, la persona di Tchaikovsky è il soggetto perfetto per un film: complesso, turbato, insofferente, condannato al genio e all’infelicità. Laddove il film di Russell si focalizzava sulla figura dell’uomo, il film di Kirill Serebrennikov sposta l’attenzione su chi il fascino e il carattere lo ha subito, la moglie. Ed è quasi un atto dovuto, perché il genio è di per sé affascinante, ma chi l’attrazione la subisce lo è altrettanto:
Prima vi avvicinate al sole e poi vi lamentate delle scottature.
Lui omosessuale e spaventato dalla donna, lei innamorata dal primo istante e incapace di gettare fango sulla figura del Maestro e Marito. Le maestranze creano un’ambientazione realistica – abiti perfetti, interni dettagliati, esterni realistici con tanto di fango e cavalli a farlo schizzare – e la fotografia dimostra un buonissimo carattere in ogni situazione, rendendo la pellicola veramente densa e pregna di ciò che registra. Infine, i movimenti di camera sono ragionati, con diversi piano sequenza efficaci e la creazione di quadri che fanno sentire il gusto del periodo. Il punto di pregio e al contempo dolente, poiché la ricerca dell’originalità ha sempre un prezzo da pagare – e per fortuna lo si vuole pagare -, è la questione femminile.
Antonia non è un’eroina dell’800 che si strugge sul suo amore non corrisposto e ora impossibile quando possibile pareva fosse divenuto. O meglio, non solo si strugge. Accanto al sogno d’amore infranto che comunque vive, lei si crea una vita fatta di sesso e sopravvivenza. È su questo punto che si gioca molto del film ed è la parte non del tutto riuscita: la pellicola si perde nei sogni e illusioni di Antonina e se alcuni spunti erotici sembrano funzionare, altri lo sono molto meno, compreso quello finale.
Posizionandosi sulla scia di quel Il corsetto dell’Imperatrice che l’anno scorso è passato nelle sale, La moglie di Tchaikovsky ci ripete allora la domanda: come rappresentare la vita della donna di un tempo nella nostra contemporaneità? Nella risposta ci si gioca tanto, forse perché ancora non la sappiamo e forse perché univoca non è.
Dal 5 ottobre in sala.
La moglie di Tchaikovsky (Zhena Chaikovskogo) – Regia: Kirill Serebrennikov; sceneggiatura: Kirill Serebrennikov; fotografia: Vladislav Opelyants; montaggio: Yuriy Karikh; musiche: Daniil Orlov; interpreti: Alyona Mikhailova, Miron Fedorov, Odin Lund Biron, Filipp Avdeev, Ekaterina Ermishina, Andrey Burkovskiy, Nikita Elenev, Natalya Pavlenkova, Aleksandr Gorchilin, Varvara Shmykova, Vladimir Mishukov, Viktor Khorinyak, Yuliya Aug; origine: Francia, Russia, Svizzera; durata: 143’; distribuzione: Arthouse di I Wonder Pictures.