Dopo il successo di Loving Vincent (2017), l’esperimento cinematografico che dava vita ai quadri di Vincent van Gogh, la coppia Dorota Kobiela Welchman e Hugh Welchman torna a produrre un nuovo film di animazione, dal titolo italiano La nostra terra. L’ambizioso adattamento letterario è tratto dal romanzo-saga I contadini del Premio Nobel polacco (1924) Władysław Reymont. Un libro importante, anche se poco conosciuto all’estero, se pensiamo che è stato per molti anni lettura scolastica in Polonia, e del quale esiste una precedente trasposizione televisiva del 1973 per la regia di Jan Rybkowski (alcune puntate della serie girano in originale sulla rete).
Sul piano formale invece lo spunto stilistico viene dalla corrente pittorica chiamata Giovane Polonia, influenzata dal simbolismo e naturalismo francese di fine XIX secolo. In particolar modo, ritroviamo in alcune scene uno specifico riferimento a quadri degli artisti polacchi Józef Chełmoński e Ferdynand Ruszczyc; quadri che, come in Loving Vincent servono come punti di partenza per alcune sequenze chiave.
Siamo nel villaggio polacco di Lipce agli inizi del Novecento. La protagonista è Jagna (Kamila Urzedowska), una giovane e attraente paesana, che invece di passare le sue giornate come gli altri compaesani al lavoro nei campi, preferisce passarle a ritagliare figure di carta. La bellezza di Jagna attira l’attenzione non solo di Antek (Robert Gulaczyk), già sposato ad Hanka (Sonia Mietielica), ma anche del padre di questo, Maciej Boryna (Mirosław Baka) il più ricco e influente contadino del villaggio, e decisamente molto più vecchio di lei. Jagna si ritrova sposata prima di quanto vorrebbe, per volere della madre (Ewa Kasprzyk), che la svende per un pugno di terra a Boryna ma, in segreto, continua la sua relazione passionale con Antek. Il personaggio di Jagna rappresenta, con il suo spirito libero, i suoi abiti dai colori accesi e il suo amore per l’arte, tutto quello che le comari religiose e i perditempo del villaggio vedono come la personificazione del peccato: sarà quindi lei, come si può ben presumere, e non Antek, a pagare per essere andata contro le strutture patriarcali esistenti.
Per ben comprendere l’innovativa esperienza visiva, bisogna accennare alla formazione artistica della regista polacca Dorota Kobiela Welchman, che prima di passare al campo cinematografico e dedicarsi al cinema d’animazione è stata artista figurativa. È un suo merito essere quindi riuscita a mantenere uniforme l’alta qualità delle tavole a olio, nonostante l’enorme sinergia di mani e artisti impiegati nel progetto. Inoltre, si è fatto un ottimo uso del rotoscopio – ossia una tradizionale tecnica di animazione che utilizza i movimenti di figure reali e le trasforma in animazione, oggi modernizzata grazie al computer – lo stesso metodo di lavorazione di Loving Vincent per realizzare questo laborioso progetto che narra l’epopea della famiglia Buryna. In pratica più di cento artisti (fra gli altri anche alcuni ucraini), autori di quasi 40.000 tavole dipinte a olio, hanno collaborato per quattro anni e mezzo all’intero progetto. In pratica sono servite una media di sei tavole per ogni secondo di film. A differenza del film su Van Gogh, però, dove i protagonisti rimanevano bloccati sullo sfondo bidimensionale della tela, qui, in La nostra terra, i paesaggi e gli ambienti si arricchiscono di ampia profondità grazie ai movimenti della mdp. In particolare, le scene di gruppo, delle feste e delle danze, spiccano sulle altre per il dinamismo e il forte coinvolgimento emotivo. A creare un’atmosfera arcaica e corale, ma allo stesso tempo moderna, contribuiscono inoltre le melodie balcaniche dell’artista rapper Łukasz “L.U.C.” Rostkowski, nella sua prima, e perfettamente risolta, composizione musicale per film.
Che sia stato privilegiato soprattutto l’aspetto sensoriale, visivo e uditivo, e che ciò vada a discapito della sceneggiatura, costata un notevole lavoro di scarnificazione del romanzo, lo si capisce proprio da questo. Se il testo letterario si sviluppava su un impianto ritmico e cadenzato derivato dal cambio delle stagioni, e di conseguenza metteva in evidenza l’aspetto corale di tradizioni, feste ed eventi comunitari della vita paesana, che pure nella trasposizione filmica restano presenti, è però la relazione extraconiugale fra Jagna e Antek ad avere il sopravvento, lasciando tutto il resto in ombra. Ne deriva una semplificazione narrativa che non gioca a favore del film. Così, come i conflitti vengono a malapena accennati, allo stesso modo, anche i personaggi, sia principali che secondari, risultano piatti e solo abbozzati nel loro ruolo all’interno della comunità rurale.
Ciò che invece non manca di sottolineare la regia è l’attualità di quelle che vengono considerate ‘vecchie’ e decadute strutture patriarcali su donne ribelli e personaggi scomodi che rifiutano di sottomettersi alle regole comunitarie e, contro di queste, si spingono a cercare una loro strada. È la stessa trama di pressioni sociali e violenze collettive che, se lasciate libere di operare, degenerando, arrivano fino all’estrema punizione del linciaggio e dello shaming pubblico. Quella stessa mentalità che ancor ieri regolava tradizionalmente i micro-universi locali, ed oggi, purtroppo, rimane alla base di certi fenomeni portati a livello globale.
Il risultato dell’operazione soddisfa lo spettatore di gran lunga, senza dubbio, più del precedente lavoro ispirato a Van Gogh ed è un’esperienza cinematografica da non lasciarsi perdere. Tanto più che l’occasione dura il breve periodo di tre giorni, almeno per quanto riguarda la visione in sala.
Al cinema solo il 3, 4 e 5 dicembre.
La nostra terra (Chlopi): – Regia e sceneggiatura: Dorota Kobiela, Hugh Welchman, adattato dal romanzo di Władysław Reymont; fotografia: Radosław Ładczuk, Kamil Polak, Szymon Kuriata; montaggio: DK Welchman, Patrycja Piróg, Miki Węcel; musiche: Łukasz “L.U.C.” Rostkowski; scenografia: Elwira Pluta; interpreti: Kamila Urzędowska, Robert Gulaczyk, Mirosław Baka, Sonia Mietielica, Ewa Kasprzyk, Cyprian Grabowski, Cezary Łukaszewicz, Małgorzata Kożuchowska, Sonia Bohosiewicz, Dorota Stalińska; produzione: BreakThru Films, DigitalKraft, Art Shot; origine: Polonia/Ucraina/Serbia/Lituania, 2024; durata: 115 minuti; distribuzione: Wanted Cinema.