Bentornato Ivano de Matteo. Bentornato ad un regista che rappresenta una voce importantissima nel panorama cinematografico italiano, e che, a nostro parere, non ha ancora ricevuto il riconoscimento che si merita. Consigliamo, a chi fosse interessato, di recuperare almeno due titoli della sua filmografia, La bella gente (2009) ed I nostri ragazzi (2014), spietati ritratti dell’Italia borghese dei giorni nostri, lucidi, rabbiosi e al contempo distaccati affreschi di un’umanità narcisistica ed innamorata della propria meschinità.
Questo Mia fuga anche i dubbi sorti a proposito del precedente Villetta con ospiti (2020), uno dei capitoli più dimenticabili della sua filmografia, un film che ricorda il Capitale umano di Paolo Virzì, ma molto meno riuscito, in cui la cui critica sociale si fa troppo semplicistica e la prevedibilità delle situazioni lascia pensare che qualcosa sia andato storto rispetto agli intenti originari.
De Matteo non è un regista dalla marcata componente visiva, il suo stile è sobrio ed essenziale, la sua necessità filmica nasce sempre da un racconto e da una tematica. In questa ricerca è accompagnato dalla sua collaboratrice di vecchia data, co-sceneggiatrice di tutti i suoi film, nonché moglie, Valentina Furlan. Una volta individuato il nucleo tematico – dichiarano i due – la scrittura del film avviene in breve tempo. Le loro sceneggiature partono sempre dalla famiglia, costantemente analizzata e sondata, nelle sue contraddizioni, nei caratteri disfunzionali e nelle incrinature che si tramutano in voragini di alienazione. Questo, probabilmente, rappresenta il loro film più personale, o almeno quello che li coinvolge maggiormente a livello emotivo: i due hanno utilizzato la propria esperienza con i due figli adolescenti e le proprie angosce famigliari per scriverlo.
Mia (interpretata da una acerba Greta Gasbarri, alla sua prima prova da attrice) è una ragazza quindicenne come tante, sogni, dubbi, paure, amicizie, e tutti gli sconvolgimenti che le porta in dote la pubertà. Comincia a frequentare un ragazzo (Riccardo Mandolini, già visto nella non esaltante serie TV Netflix Baby) dai tratti violenti ed ossessivi, se ne innamora, e da lì comincerà un inferno per lei e la sua famiglia: la ragazza spensierata che si vestiva con abiti succinti scompare, i rapporti con gli amici vengono interrotti, e Mia si chiude in uno stato di confusione e spavento, nel tentativo di compiacere ed assecondare la possessività del suo ragazzo.
Sono i genitori però, a rubare la scena ai ragazzi, Sergio e Valeria, interpretati da Edoardo Leo e Milena Mancini, offrono un ritratto familiare realistico e vitale, il senso di impotenza e desolazione che i due provano mentre assistono allo sprofondare della figlia dentro un abisso contro il quale il loro amore non può nulla, la disperazione che si tramuta in rabbia, e la rabbia che guiderà uno dei due verso una strada dalla quale non sarà (forse) più possibile fare ritorno. Spendiamo volentieri due parole in più per l’ottima prova di Edoardo Leo, attore sempre più concreto e dallo stile recitativo in costante evoluzione. Leo pare nutrirsi letteralmente dei ruoli che gli vengono affidati, sin dai tempi di Perfetti sconosciuti, in ogni film è stato capace di aggiungere sfumature e dettagli ai suoi personaggi in maniera efficace e, ci pare, quasi istintiva.
Ad una gamma espressiva ridotta ed un’assenza di istrionismo (se paragonato, ad esempio, ad un Pierfrancesco Favino) Leo fa fronte con un eccellente controllo del ritmo, della battuta, del gesto, uno humor sempre presente ma mai esibito, una profonda comprensione del personaggio ed una evidente intelligenza emotiva. Qui lo vediamo nei panni di un padre come tanti, confuso ma di buon cuore, impossibilitato a decifrare l’enigma della figlia, frustrato, arrabbiato, abbandonato a sé stesso ed alla sua rabbia, in una delle sue prove migliori della sua carriera.
Inutile vedere in Mia un monito contro i pericoli dell’amore tossico. Anche se è facile immaginare come la pellicola possa venire sfruttata in maniera pedagogica per mettere in guardia i genitori contro la minaccia delle cattive compagnie, non ci pare questo l’intento, proprio perché non contiene nessun messaggio in tal senso. La sceneggiatura riesce perfettamente ad illustrare come la famiglia rappresenti una sicurezza illusoria, e che, ad un certo punto, la sorte di un figlio si affranca dalla guida, buona o cattiva, di un genitore, e si dirige inesorabilmente verso quello che il destino gli riserva.
A differenza della maggior parte dei film di Ivano de Matteo, in cui non si salva nessuno, in cui la brutalità, la cupidigia, e la grettezza sono strumenti che vengono utilizzati appena si trovano a portata di mano, qui rileviamo, nel finale, una certa venatura di redenzione, un senso di decenza dell’essere umano che, se proprio non possiamo definire umanità, almeno non è l’annientamento completo di qualsiasi possibilità di riscatto.
Già, perché anche se Mia rimane un film tragico ed estremamente angosciante, un barlume di speranza alla fine ci viene elargito, non sappiamo bene che farcene di questa scintilla, dato che a quel punto della visione ci sentiamo prostrati e sconfitti, pronti per assistere all’irreparabile. Ma, ammettiamo, ci ha fatto trarre un sospiro, sollevati, per un’istante, dall’opprimente strazio della tragedia. Consigliato
In sala dal 6 aprile
Mia – Regia: Ivano de Matteo; sceneggiatura: Ivano de Matteo, Valentina Ferlan; fotografia: Giuseppe Maio; montaggio: Giuliana Sarli; musiche: Stefano Lentini; interpreti: Edoardo Leo, Greta Gasbarri, Milena Mancini, Riccardo Mandolini, Alessia Manicastri, Giorgia Faraoni, Samuel Christian Franzese, Giorgio Montanini, Melinda De Matteo, Vinicio Marchioni; produzione: Lotus Production, Rai Cinema; origine: Italia 2023; durata: 108 min; distribuzione: 01 Distribution